9.18.2015

Alle primarie i Repubblicani parlan di marijuana, in Italia è subito calato il silenzio

Durante il dibattito organizzato da CNN il 16 settembre scorso tra i candidati repubblicani alle primarie per le presidenziali USA 2016 si è parlato anche di marijuana. Era la prima volta che ciò accadeva in una trasmissione del genere e non sarà sicuramente l'ultima visto che i sondaggi popolari danno il 55% dei cittadini degli Stati uniti a favore della legalizzazione della cannabis e ritengono il tema molto importante per scegliere il proprio candidato alla Casa Bianca. Jake Tapper, che conduceva il dibattito, ha presentato il tema come uno dei "temi caldo" della serata, perché sui social network era la domanda che era stata formulata con maggiore insistenza alla vigilia del confronto tra i candidati.


Il tema non è particolarmente caro ai politici repubblicani, da sempre in campioni, se non gli inventori della guerra globale alla droga, ma le vittorie referendarie a legalizzazione della marijuana negli Stati di Colorado, Washington, Oregon e Alaska e nel distretto di Columbia hanno radicalmente cambiato l'atteggiamento generale nei confronti della pianta proibita. L'avvicinamento al tema è stato favorito dal fatto che la questione si inquadra istituzionalmente nel rapporto stati governo federale. Il problema si era già presentato in tutta la sua complessità federale negli ultimi 15 anni, da quando cioè la marijuana terapeutica aveva iniziato a esser legalizzata per via popolare senza che il Washington l'avesse tolta dalla tabella delle sostanze da proibire.  Quando si parla di rapporto centro/periferia si parla del 10° emendamento della Costituzione USA, quello che prevede che i poteri che non sono delegati dalla Costituzione al governo federale, o da essa non vietati agli Stati, siano riservati ai rispettivi Stati, o al popolo. La pietra angolare di un sistema federale.




Il primo a rispondere alla "provocazione" dei social è stato il Senatore del Kentuky Rand Paul che l'ha presa alla lontana affermando che "al popolo americano in politica non piace l'ipocrisia", uno stratagemma retorico per attaccare le affermazioni di Jeb Bush che aveva ammesso di aver fumato marijuana da giovane, ma che oggi sostiene dure campagne contro la cannabis. Rand Paul, di professione è chirurgo, quindi forse più attento degli altri al diritto alla salute, politicamente si considera un "conservatore costituzionale" ed è figlio d'arte, suo padre, il deputato texano Ron Paul, ha animato per anni l'ala libertaria dei Repubblicani - i libertari son da sempre a favore della legalizzazione di tutte le droghe.

Sentitosi attaccato direttamente, Jeb Bush, figlio e fratello di due ex Presidenti, ha difeso la sua posizione sulla marijuana ammettendo di aver fumato marijuana 40 anni fa e, rivolgendosi ai colleghi sul palco, ha poi detto "sono sicuro che altre persone l'hanno fatto ma non vogliono dirlo di fronte a 25 milioni di persone. Son certo che mia madre non sarà felice di sentirselo dire in questo modo". Ron Paul ha poi chiarito nel merito il suo pensiero avanzando una critica tipica della sinistra democratica, e cioè che negli USA esistono punizioni diverse in base alla razza o al censo, un altro elemento dell'ipocrisia della guerra alla droga. "Le persone che vanno in prigione per questo" ha detto il chirurgo "sono le persone povere, spesso afro-americani o ispanici, mentre i ragazzi ricchi che fanno uso di droghe restano liberi". Cose mai udite a un dibattito tra repubblicani! Paul ha poi detto chiaramente che il consumo degli stupefacenti è "un crimine in cui l'unica vittima è l'individuo. Penso che l'America debba assumere un atteggiamento diverso a riguardo."

A parte le preferenze o gli orientamenti esplicitamente e puntualmente "riformatori" come quelli di Rand Paul, buona parte del dibattito sulla legittimità della legalizzazione della marijuana è stata inquadrata nel confronto tra le prerogative e i diritti degli stati versus il controllo federale. L'ex Governatore dell'Arkansas Mike Huckabee, un ministro di culto protestante, aveva in passato sostenuto gli argomenti del 10° emendamento, per esempio in riferimento alla scelta di potenziali candidati giudici della Corte Suprema e in casi di contrasto tra le giurisdizioni federali e statuali. Nella sua corsa alla nomination repubblicana non ha cambiato idea e al dibattito del 16 settembre scorso ha affermato che "Ogni governatore sul palco ricorderà che la nostra più grande battaglia non era mai stata contro il potere legislativo o addirittura i Democratici, la metà del tempo di un Governatore è dedicata a litigare con il governo federale! […] Se qualcosa non è previsto nella Costituzione il 10° Emendamento lo affida agli stati."

Rand Paul, il più a suo agio nell'affrontare il tema, ha quindi sottolineato come "tutti diciamo che ci piace il 10° emendamento, fino a quando non si comincia a parlare di legalizzazione della marijuana". Secondo Paul nella guerra alla droga "il governo federale è andato troppo oltre il lecito. Credo fermamente nel 10° emendamento e, se eletto, vigilerò affinché gli stati siano lasciati a se stessi". Jeb Bush, ex-governatore della Florida per otto anni, è sembrato esser d'accordo sulle prerogative statuali tanto da affermare che "quel che succede in Colorado" a proposito della legalizzazione della marijuana "è da considerarsi una decisione di stato". Bush non è entrato però nel merito del sistema creato in quello stato da un paio d'anni a seguito di un referendum popolare, ma la sua contrarietà alla marijuana ricreativa è nota.

Di parere opposto invece Chris Christie, governatore del New Jersey, che ha detto chiaramente "se la godano pure in Colorado, perché dal gennaio del 2017 io farò rispettare le leggi federali contro la marijuana". Christie però concorda coi programmi di marijuana medica. Paul non ha perso tempo a fargli notare che le leggi per bloccare l'uso ricreativo della cannabis sono le stesse che il Presidente Christie utilizzerebbe per impedire quello medico negli Stati in cui è autorizzato. Totalmente contraria invece la manager Carly Fiorina che ha rivelato pubblicamente di aver perso un figlio per abuso di droga.




"Stiamo fuorviando i giovani quando diciamo loro che la marijuana è come avere una birra" ha detto senza mezzi termini, aggiungendo che "la marijuana che i ragazzi fumano oggi non è la stessa che fumava Jeb Bush 40 anni fa" (risate). Tutti i candidati hanno concordato sulla necessità di sostenere i centri di riabilitazione e trattamento per persone con problemi legati agli stupefacenti, senza pero' entrare su che tipo di percorso preferire.

Lontani son i tempi delle dichiarazioni dei repubblicani Nixon, rincarate negli anni da Ford e Reagan, e comunque mai mitigate dal democratico Clinton, contro "il flagello della droga". In attesa di vedere se e come i candidati del partito avverso decideranno di affrontare la questione, ci sarebbe da auspicare che anche in Italia, dove tra l'altro oltre 250 parlamentari hanno presentato un disegno di legge per la legalizzazione della produzione, consumo e commercio della marijuana, si cominciasse ad affrontare pubblicamente, e laicamente, il tema. Non è escluso che la legalizzazione delle droghe interessi di più, e sia più utile al Paese, che la fine del bicameralismo perfetto.

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