4.18.2012

Frequenze come bene comune?

S.4/06458 [Assegnazione delle frequenze televisive] 

 Atto Senato 
  
 Interrogazione a risposta scritta 4-06458 presentata da MARCO PERDUCA 
 mercoledì 21 dicembre 2011, seduta n.649  
 
 PERDUCA, PORETTI - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che in un momento in cui vengono chiesti sacrifici a tutti con la manovra di dicembre (decreto-legge n. 201 del 2011), l'assegnazione gratuita a Mediaset e Rai di nuove frequenze televisive ha giustamente suscitato le proteste di cittadini, associazioni ed imprenditori;

 considerato che:
 sono in corso numerose iniziative volte a sollevare il problema: dalla raccolta di firme del sito Avaaz, al ricorso alla Corte dei conti di Assoprovider, alla lettera al Ministro Passera di Altroconsumo e della Federazione dei Media Indipendenti che in sostanza chiedono che si fermi il beauty contest e che le frequenze siano messe all'asta;

 nella a giudizio degli interroganti totale ingiustizia dell'assegnazione gratuita delle frequenze, non sono da sottovalutare le affermazioni di quanti sostengono che l'asta non servirebbe a nulla, poiché nei fatti sarebbe destinata ad andare deserta;

 i piccoli e nuovi soggetti dell'informazione televisiva sono strutturalmente esclusi. La quantità di capitale necessaria per produrre contenuti e trasmettere è molto alta. Pochissimi soggetti possono permettersela. E sono quelli già presenti nel mercato;

 avere le frequenze non basta: è necessario anche poter utilizzare le torri televisive necessarie per trasmettere su quelle frequenze. E tali torri sono da qualche settimana quasi esclusivamente in mano a Mediaset, che, nonostante le condizioni poste dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, avrà moltissimi strumenti per penalizzare i concorrenti;

 per quanto l'assegnazione gratuita delle frequenze resti un colpo al libero mercato, come sottolinea l'associazione Agorà Digitale, l'asta rischia di non essere una soluzione;

 come già avvenuto in altri Paesi, le frequenze non devono essere assegnate necessariamente alla televisione. La società e la tecnologia, come ha affermato il dottor Luca Nicotra di Agorà Digitale, evolvono e non è detto che il controllo delle frequenze da parte della TV, dato di fatto 10 anni fa, sia il meglio che possiamo pensare per la società per i prossimi 20 anni. Anche perché vi è una saturazione dell'offerta TV nel digitale terrestre con canali che in molti casi vengono riempiti di contenuti di scarsissimo valore;

 anche sulla scorta del dibattito suscitato in occasione del voto referendario della primavera del 2011, occorre prendere in considerazione il principio che le frequenze siano un bene comune, e quindi, dove possibile, esse devono essere liberamente accessibili, senza esclusività da parte di alcun mega-conglomerato media-TV, garantendone l'utilizzo da parte di nuovi soggetti del mondo dell'informazione, senza pregiudizio per scopi nuovi, oggi inimmaginabili, garantendo così allo stesso tempo quel pluralismo che a giudizio degli interroganti l'assetto televisivo attuale nega quotidianamente;

 occorre prendere in considerazione la possibilità di regolamentare l'utilizzo condiviso di tali frequenze sul modello di Internet, facendo tesoro di quanto avviene in altri Paesi, per esempio nel Regno Unito dove l'organizzazione inglese per le comunicazioni (OFCOM), l'equivalente della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sta spingendo affinché la Gran Bretagna divenga pioniera nell'utilizzare la banda tradizionalmente destinata alla TV per i servizi Internet;

 di recente anche diversi provider italiani hanno manifestato il proprio interesse per quella che potrebbe rappresentare una svolta per portare la banda larga nelle zone rurali, altrimenti difficilmente raggiungibili;
 nella stessa direzione si sta muovendo anche l'Amministrazione Usa che col sostegno della autorità americana per le comunicazioni, FCC, sta spingendo affinché le frequenze TV non utilizzate siano regolamentate per permettere il lancio di una tecnologia chiamata super WI-FI;

 nel campo delle comunicazioni di nuova generazione tanto il Regno Unito quanto gli Stati Uniti hanno sempre segnato la strada da percorrere e quanto riassunto dimostra che quella delle frequenze come bene comune può rappresentare una rivoluzione ragionevole e possibile,
 si chiede di sapere:

 se il Governo non ritenga che la mancanza di una gara e la mancata valutazione della possibilità di ritenere le frequenze un "bene comune" costituiscano una grave perdita in termini di possibilità di concorrenza, nonché un limite allo sviluppo e all'applicazione delle più recenti tecnologie nel campo della comunicazione;

 come intenda affrontare tale perdita in una congiuntura economico-finanziaria in cui si chiedono sacrifici per il bene comune del Paese.
 (4-06458)

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