2.03.2011

La (cara) acqua della Santa Sede

Interrogazione urgente a risposta orale al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari esteri

Dei senatori Perduca e Poretti

Premesso che i rapporti con la Sante Sede sono regolati tramite la Legge 25 marzo 1985, n. 121, che prevede Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede

Considerato che il Concordato tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede non abroga esplicitamente il primo comma dell'articolo 6 del vecchio testo del 1929 che prevede che «l'Italia provvederà a mezzo degli accordi occorrenti con gli Enti interessati che alla Città del Vaticano sia assicurata un'adeguata quantità di acqua in proprietà»;

tenuto conto che l'aggettivo “adeguata” presta il fianco a valutazioni a geometria variabile che nulla dovrebbero avere a che fare con la certezza tipica di un regolamento di interessi bilaterale;

considerato che lo Stato si è visto costretto a rimborsare le società responsabili della gestione del servizio idrico in merito alle forniture del Vaticano e delle sue dipendenze che godono del regime di extraterritorialità;

e che o due testi dei Concordati nulla dicono in merito allo smaltimento delle acque reflue prodotte entro i confini dello Stato vaticano

si chiede di sapere:

Quali siano le ragioni che giustificano l'assetto di simili prebende;

Quali siano gli Enti, diversi dalla Sante Sede, che si sono giovati nel tempo di questi benefici;

a quanto ammontano le risorse del bilancio dello Stato utilizzate per onorare i debiti nei confronti delle Società responsabili della fornitura di acqua potabile e dello smaltimento dei reflui;

se il Governo intenda attivare i canali diplomatici per evitare che questa consuetudine continui a gravare sulla spesa pubblica;

e se siano in atto campagne volte al risparmio del consumo idrico da parte della Santa Sede

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