INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2015
Intervento del Dottor Marco Perduca
Rappresentante all’Onu del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito
Senatore nella XVI Legislatura
Traccia dell'intervento
Anche quest’anno, come Radicali del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e
Transpartito e come Radicali Italiani abbiamo deciso di essere presenti,
chiedendo di intervenire, in tutte le Corti di Appello in occasione
dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, leggendo lo stesso testo in ogni
corte d’Appello, con lo spirito di dialogo e confronto con le istituzioni che
hanno la responsabilità di occuparsi della giustizia.
Un’iniziativa che
riteniamo doverosa per corrispondere in una sede istituzionale all’unico
messaggio formale, inviato alle Camere ai sensi dell’art. 87 Cost., dal
Presidente della Repubblica uscente nel corso dei suoi nove anni di Presidenza,
contestualmente denunciando il comportamento
degli interlocutori istituzionali del Presidente, in primo luogo quelle
Camere alle quali il Capo dello Stato si è rivolto, che con platealità hanno
sistematicamente negato dignità al testo formale proveniente dalla più alta
carica dello Stato nell’esercizio della sua massima autorità magistrale e volto
a richiamare gli improcrastinabili obblighi di riforma strutturale della
Giustizia, a partire da un provvedimento di amnistia e indulto.
L’assenza di riforme organiche
e strutturali del sistema, a partire da quelle ordinamentali, ha reso -da anni-
cronici i mali di una giustizia divenuta strutturalmente inefficiente
soprattutto per la sua irragionevole durata sia in campo civile che penale.
La giustizia è divenuta in
tal modo per i nostri cittadini e le nostre imprese – e queste sono parole del
Ministro Orlando dette alla Camera dei Deputati lo scorso 19 gennaio 2015 – “non
la sfera a cui rivolgersi per vedere garantiti diritti o dare tutela ai propri
legittimi interessi, non la dimensione dove anche il più debole tra i cittadini
possa trovare riparo dai soprusi del più forte, ma il simbolo di un calvario da
tenere il più lontano possibile dalla propria vita”.
È ormai accertato che le
violazioni delle fondamentali norme della Convenzione europea dei diritti umani
da parte del nostro Stato stanno causando ingenti danni all’intera economia
nazionale. Lo stesso Ministero della Giustizia, nella relazione presentata
all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2014, ha ammesso che i ritardi della
giustizia ordinaria determinano ricadute anche sul debito pubblico.
L’alto numero di condanne
e i limitati stanziamenti sul relativo capitolo di bilancio hanno comportato un
forte accumulo di arretrato del debito ancora da pagare sulla base dei
risarcimenti previsti dalla “legge Pinto”, debito che, ad ottobre 2013,
ammontava ad oltre 387 milioni di euro.
Il fenomeno ha ormai
assunto le sembianze di una vera e propria ipoteca accesa a carico di ogni
cittadino italiano. A queste cifre si devono aggiungere le somme dovute a
titolo di risarcimento per i detenuti che hanno scontato e che stanno scontando
la loro pena in condizioni disumane e degradanti.
Lo scorso 8 ottobre, in
occasione dell’anniversario dall’invio del messaggio alle camerte da parte del
Presidente Napolitano, noi Radicali abbiamo depositato un esposto presso la
procura regionale della Corte dei Conti del Lazio per sollecitare un’indagine
volta a stabilire l’esatto ammontare del danno economico patito dall’intera
nazione in relazione alla mancata
attuazione di concrete e urgenti riforme volte a impedire il reiterarsi delle
violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed al fine di
individuarne i responsabili.
Gli interventi frammentari
e disorganici assunti dal Governo anche nel corso del 2014, l’assenza di un
disegno complessivo di riforma del sistema, non hanno affatto posto rimedio alle
censure mosse dalla Corte EDU con la nota sentenza Torreggiani, posto che la
Corte aveva chiesto soluzioni e rimedi effettivi, mentre i rimedi adottati
continuano a rimanere solo sulla carta, com’è evidente ad esempio, a chiunque conosca, anzitutto la magistratura
di sorveglianza, la vicenda del nuovo art. 35 ter dell’ordinamento
penitenziario, introdotto con il d.l. 92/2014 successivamente convertito con la
legge 117/2014.
A sei anni dalla sentenza
Sulejmanovic e a due dalla sentenza Torreggiani, in Italia abbiamo ancora ben
72 Istituti penitenziari che hanno un sovraffollamento che va dal 130% al 210%
se vogliamo riferirci esclusivamente al sovraffollamento; ma tutti sappiamo che
la sentenza pilota dell'8 gennaio 2013 faceva riferimento non solo allo spazio
disponibile pro-capite in cella, ma anche alla possibilità di accesso alla luce
naturale e all'aria, alle condizioni igieniche e, in generale, alle condizioni
trattamentali.
L’Italia resta sub judice,
le Istituzioni Europee sembrano fidarsi degli annunci del governo, riservandosi,
fortunatamente, di verificare nel mese di giugno prossimo l’effettività dei
rimedi adottati in seguito alla sentenza Torreggiani: il 2015 sarà quindi l’anno
in cui la Corte EDU, così come il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa,
non potranno che prendere atto della assoluta ineffettività ed inadeguatezza di
questi rimedi e nuove pesanti ombre si
profilano all’orizzonte, sul versante della verifica del rispetto dei diritti
umani fondamentali da parte dell’Italia.
E’ per questo che gli
obiettivi indicati al Parlamento dal Capo dello Stato nel 2013, da raggiungere
attraverso il percorso pure indicato dal Presidente, nel messaggio rimasto totalmente inascoltato
anche nel corso dell’appena trascorso 2014, rappresentano e continuano a
rappresentare i nostri obiettivi che hanno quale fondamentale pilastro quello
del rientro nella legalità costituzionale e sovranazionale del sistema giustizia del nostro Paese.
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