6.21.2014

Basta silenzi sulle droghe su @unitaonline #parliamodidroghe

Una rapida ricerca tra le notizie di Google con la parola “droghe” fa emergere notizie relative a sequestri e arresti ma niente che assomigli a un dibattito in merito allo stato dell'arte del proibizionismo. Eppure è oltre mezzo secolo che il mondo insiste, senza successo, nel voler controllare la produzione, il consumo e il commercio della sostanze stupefacenti con leggi che proibiscono tutto e con sanzioni che puniscono severamente anche il mero possesso.

Le vittime della “guerra alla droga” sono dappertutto. Vi sono casi eclatanti, come le esecuzioni di massa in Messico, dove ogni anno vengono uccise più persone che nella guerra in Siria, e meno noti, come le nuove rotte africane della cocaina, oppure la produzione di droghe fai da te in mezzo mondo. Certo è che dappertutto il proibizionismo ha fallito e che nessun governo s'azzarda ad ammetterlo e agendo di conseguenza. La pur meritoria e coraggiosa legalizzazione della marijuana in Uruguay è frutto di un ragionamento diverso dalla denuncia del proibizionismo.

Già all'indomani del referendum del 1993, il Partito Radicale aveva lanciato una campagna globale per la riforma delle tre Convenzioni dell'Onu (1961, 1971 e 1988) in materia di droghe per denunciare che i danni delle “droghe” derivassero dal loro esser state arbitrariamente proibite e non esclusivamente dalla tossicità delle sostanze. Le leggi di adeguamento nazionale di quell'impianto proibizionista globale si son da subito rivelate criminogene e hanno creato un immenso valore aggiunto a prodotti della natura o dell'uomo che di per sé non ne avrebbero.

L'Italia è in parte responsabile di questo stato di cose. Dalla sua fondazione, e fino al 2010, un italiano è sempre stato a capo dell'Ufficio Onu sulla droga e il crimine. In oltre 25 anni di reggenza non s'è mai tentato di proporre alle Nazioni unite il modello riformatore italiano del referendum del 1993 che ci aveva visti, primo e unico paese al mondo, depenalizzare il possesso personale di tutte le droghe con oltre 19 milioni di voti a favore di un referendum contro il carcere. Anzi, grazie a Pino Arlacchi, nella prima sessione speciale dell'Assemblea generale dell'Onu sulle droghe del 1998, si fece adottare una solenne dichiarazione intitolata “Un mondo senza droghe è possibile in 10 anni” cercando di coinvolgere i peggiori regimi, dalla giunta birmana ai talebani, come alleati privilegiati nella “guerra alla droga”.

L'Assemblea generale dell'Onu si riconvoca sulle “droghe” nel 2016. Dopo l'ampio riconoscimento dell'uso terapeutico della cannabis negli USA, la discontinuità depenalizzatrice di paesi come Uruguay, Portogallo, Spagna, Paesi bassi e Repubblica Ceca e i drammatici appelli degli ex presidenti di Messico, Colombia e Brasile per un approccio diverso in materia, non valutare gli stupefacenti effetti della guerra alla droga sarebbe esiziale.

Il 26 giugno si celebra in tutto il mondo la giornata internazionale della lotta alla droga. L'agenda del Parlamento non segnala un dibattito sul tema né il servizio pubblico prevede trasmissioni di approfondimento. I silenzi istituzionali non finiscono qui. Dopo le risibili modifiche alla legge ex-Fini-Giovanardi, il Governo non ha nominato un sottosegretario competente per gli stupefacenti né ha sostituto il dottor Serpelloni a capo del Dipartimento sulle politiche sulle droghe. Il Presidente Renzi non ha fatto sapere alcunché circa la convocazione della sesta Conferenza nazionale sulle droghe né se ritiene la riduzione dei danni del proibizionismo sulle droghe una priorità della presidenza italiana dell'Unione europea. In vista del 26 giugno qualche chiarimento in effetti sarebbe necessario, se non urgente.

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