PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD).
Signora Presidente, credo che la conclusione del senatore Divina la
dica abbastanza lunga sull'importanza del nostro dibattito, o almeno
sull'importanza che esso ha all'interno dei Gruppi parlamentari, nonché
nella coscienza critica e nell'iniziativa politica di ciascuno di noi.
Se contiamo, infatti, anche chi siede alla Presidenza ed il
rappresentante del Governo, siamo in otto; sono anche le ore 21,07, ma
ciò non toglie che si sta parlando della Carta costituzionale e del
meccanismo per andarne a modificare la Parte II.
Anch'io, dunque, come hanno fatto quasi tutti gli altri senatori che sono intervenuti, andrò a fare il mio catalogo dei sogni.
Da federalista europeo, immaginerei un contesto
in cui la nostra Unione diventi una vera e propria Unione - come lo sono
gli Stati Uniti - con un Governo centrale che siede a Bruxelles, magari
eletto direttamente dai cittadini dei 27 Stati membri (che da gennaio
saranno 28, fermo restando che la speranza sarebbe quella di ampliare
l'Unione sempre di più, non soltanto ai Balcani occidentali, ma anche
alla Turchia e magari ad Israele, visto e considerato che questa
potrebbe essere forse l'unica risposta di pace al conflitto permanente
da decenni); con un Parlamento che legifererebbe e che quindi avrebbe
competenze come le ha il Congresso degli Stati Uniti e poi, giù a
calare, una devoluzione al contrario, con consegna di sovranità
nazionale dei vari Stati membri di questi Stati Uniti d'Europa.
In particolare, si potrebbe immaginare di avere -
e qui entro nel libro dei sogni relativo alla seconda Parte della
nostra Costituzione - una Repubblica in cui il Capo dello Stato e il
Capo del Governo sono la stessa persona; dove esiste un Parlamento che
non diminuisce il numero dei deputati e dei senatori, perché riorganizza
il territorio in collegi che possono in qualche modo controllare meglio
l'eletto; che devolve ulteriormente ad altre entità locali tutta una
serie di competenze, come abbiamo fatto in maniera pessima - ahinoi! -
con la riforma del Titolo V della Costituzione.
Se oggi, alla luce di quanto denunciato in
particolare da Radio radicale per la Regione Lazio, dovessimo andare a
prendere in considerazione anche quanto avvenuto nella Regione Lombardia
e in molte altre Regioni nel settore della sanità, si potrebbe arrivare
a dire che è meglio mantenere le Province piuttosto che le Regioni, per
come queste sono state governate recentemente, fino ad immaginare
magari di avere il consiglio di quartiere o il municipio come luogo più
importante, politicamente parlando, perché è quello che ha maggiore
influenza sulla vita quotidiana del singolo cittadino, che ha tutta una
serie di problemi contingenti, piuttosto che pensare ai massimi sistemi.
(Applausi del senatore Saia).
Ecco, questo sarebbe il libro dei sogni -
mettiamola in questi termini - che a me piacerebbe consegnare a questo
esercizio teorico perché, come è stato detto, a due mesi e mezzo dalla
conclusione della legislatura, non si può che fare della teoria. Si
spera di fare della teoria magari utile ad un dibattito politico che
però, fatto in quattro persone alle 21,30 di sera, sicuramente riesce ad
interessare giusto i presenti.
Ora però, dopo il libro dei sogni, c'è il libro
degli incubi. Credo che alcuni degli incubi siano già emersi, come per
esempio nell'intervento della senatrice Poli Bortone, quando si dice che
l'articolo 39 della Costituzione, relativo allo status giuridico dei sindacati, e l'articolo 49 della stessa Corte, relativa allo status giuridico dei partiti, non sono mai stati attuati in oltre sessant'anni di Repubblica parlamentare.
Perché tutto questo? Forse perché i sindacati
non sono presenti, si sono sciolti o non hanno rappresentato negli anni,
fino a questi giorni, un potere forte di vero e proprio parastato o che
i partiti politici non hanno occupato in maniera sempre più
preponderante, tanto da far diventare la nostra democrazia, la vita
pubblica italiana una partitocrazia? Sicuramente no. E non che non si
sia cercato di porre all'attenzione anche di questa legislatura il
problema quando si è andati a modificare, tra virgolette, la legge sul
finanziamento pubblico dei partiti. Si è deciso di rivedere minimamente
l'ammontare dei soldi dedicati ai partiti politici, ma non si è voluto
attuare l'articolo 49.
Come si continua in qualche modo a calpestare
l'articolo 3 della Costituzione. In virtù dell'identità di genere o
orientamento sessuale, per esempio, non tutti godiamo degli stessi
diritti in Italia. Eppure quell'articolo dice che siamo tutti uguali
davanti alla legge. Solo che la legge discrimina.
Si è tentato e, anzi, si vorrebbe continuare a
recuperare una patente violazione dell'articolo 32 della Costituzione,
quello che parla del diritto alla salute e che dice che ogni cittadino
ha talmente tanto diritto sulla propria libertà e diritto alla vita di
poter decidere di rinunciare a delle cure per porre fine ad un'esistenza
non più degna. Eppure noi siamo pronti a calpestare anche l'articolo
32.
In queste ore, lo facevo notare stamani, sono
andato anche in Commissione affari costituzionali a recuperare il
problema dei problemi, che attiene alla Parte II della Costituzione, e
in particolare all'articolo 117, perché stiamo avviandoci a modificare
una legge elettorale in violazione degli obblighi internazionali. Tali
obblighi esistevano fino ad un certo punto come raccomandazione del
Consiglio d'Europa, ma dal 6 novembre sono stati codificati in una
sentenza della Corte europea dei diritti umani, che ha in qualche modo
dimostrato come lo Stato della Bulgaria, avendo modificato la legge
elettorale a pochi mesi dalle elezioni, come stiamo facendo noi oggi in
questa legislatura, abbia violato l'articolo 3 del primo protocollo
addizionale alla Convenzione europea dei diritti umani in materia di
libere ed eque elezioni, non consentendo ad un partito, nello specifico
ad un partito ambientalista, di poter partecipare, come tutti gli altri,
a quelle elezioni.
Noi, dopo i sogni che attengono al dibattito
teorico, ci dobbiamo confrontare con gli incubi della realtà. Ancora una
volta, e fortunatamente altri lo hanno già messo in evidenza, magari
non sottolineando questi aspetti, piuttosto che impegnarci a rispettare
la nostra legalità costituzionale, decidiamo di metterla da parte, senza
neanche mai mettere in mora, così, come una clausola di stile, che so,
la flagranza criminale della nostra Repubblica che quotidianamente
subisce sentenze della Corte europea dei diritti umani per quanto
riguarda la irragionevole durata dei processi, da una parte, e le
condizioni disumane e degradanti delle nostre carceri, dall'altra. Tutto
questo non rientra mai, neanche come nota a piè di pagina, nei testi.
Ma noi ci avviamo a fare cosa? A modificare
quello che in sessant'anni non abbiamo voluto, perché non credo che non
si sia potuto, attuare. Negli ultimi quarant'anni ci sono state infatti
anche legislature piene, che hanno avuto grandi e solide maggioranze che
non hanno voluto adottare una riforma che fosse una. Ora, per
l'appunto, non c'è nessun rappresentante del centro sinistra, ma non si è
riusciti a fare nemmeno una "leggetta" per il famigerato conflitto di
interessi. Chissà come mai. Perché, tutti d'accordo, di qua o di là, di
sopra o di sotto, si voleva mantenere lo status quo per poi
saccheggiare il nostro popolo, creando un partito unico, quello sì,
quello della spesa pubblica, che oggi ci ha portato ad essere come
siamo. Fortunatamente, da una parte, perché ancora un minimo d'industria
esiste, dall'altra, perché abbiamo un sommerso e un risparmio più
significativi che altrove, non siamo al livello della Grecia, ma siamo
sicuramente sull'orlo di un problema strutturale che è frutto di decine e
decine di anni di sistematica violazione dei nostri principi
costituzionali.
Il senatore Divina è entrato nel merito dei
meccanismi perversi che sarebbero stati suggeriti da alcuni dei vari
disegni di legge presentati dove, in effetti, da una parte si affida un
compito a qualcuno, salvo poi metterlo sotto tutela.
Credo sarebbe utile confinare questo dibattito
nella parte teorica, limitarlo al dibattito generale, ma non andare
oltre. Infatti, dopo lo spettacolo che è stato offerto gli italiani
relativamente al disegno di legge di modifica costituzionale (che
sembrava essere la necessità e l'urgenza di una legislatura a quattro
anni e mezzo dal suo inizio), credo che, a due mesi e mezzo dalle
elezioni, pretendere di creare addirittura una commissione costituente è
un'offesa nei nostri confronti, prima ancora che di coloro che dovranno
leggere i resoconti parlamentari, o magari ascoltarci attraverso Radio
Radicale.
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