6.13.2012

#Riforme, intervento sulla legge costituzionale

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, mi spiace che ci sia lei a presiedere, perché avevo intenzione di iniziare il mio intervento chiedendo che fine ha fatto il bilancio interno del Senato, e lo faccio sempre quando è lei a presiedere. Mi dispiace, ma lo farò comunque.

Perché lo faccio? Noi abbiamo avviato, dopo cose che dirò più avanti, un dibattito relativamente a delle modifiche della nostra Costituzione, cioè il documento che fonda la Repubblica italiana. A parte l'ambiente in cui ci troviamo a discutere, perché siamo una trentina di persone, ne stiamo parlando all'interno di un'istituzione che al 12 di giugno non ha ancora adottato il bilancio preventivo per l'anno in corso. Si dice che fuori dai Palazzi ci sono i cittadini non particolarmente soddisfatti dal modo con cui chi li rappresenta o li dovrebbe rappresentare all'interno delle istituzioni si comporta. Credo che, se sapessero - perché purtroppo non lo sapranno - che noi non abbiamo ancora adottato, tra l'altro in un momento in cui si pagano le tasse e si sono chiesti ulteriori sacrifici agli italiani, il nostro bilancio interno, la credibilità ulteriore di questo migliaio circa di persone che vogliono modificare la Carta fondamentale della nostra Repubblica scenderebbe.

Se poi sapessero che tra tutti gli articoli che andremo a modificare con questo esercizio avviato oggi non c'è l'articolo 49 della Costituzione, cioè quello che regolamenta i partiti, che sono quelli che hanno nominato i parlamentari che adesso vogliono mettere mano alla Costituzione, probabilmente ancora di più si aggraverebbe la reputazione che i parlamentari hanno di fronte all'opinione pubblica.

Inoltre, nessuno di questi partiti ha ad oggi confermato ciò che diceva in campagna elettorale. Io sono andato a rivedermi, prima di intervenire, i programmi elettorali dei tre poli - chiamiamoli così - che sono presenti in Parlamento. La coalizione PdL-Lega, alla sesta missione (così si chiamava), parlava di riforme istituzionali e, come la Lega ci ha ricordato in tutti gli interventi anche di oggi pomeriggio, prevedeva un qualcosa di federale, non ben identificato ma sicuramente c'era la parola «federale». Il Partito Democratico e l'Italia dei Valori, il cui programma ho sottoscritto per essere candidato nelle liste del PD in Toscana, prevedevano una serie di modifiche costituzionali che includevano anche la modifica della legge elettorale, al 12° punto. L'unico partito che metteva al primo punto la modifica della forma della nostra Repubblica era l'UDC, che in effetti chiedeva la riduzione dei parlamentari (ma questo lo chiedevano tutti), una fine del bicameralismo perfetto e proponeva una serie - per titoli - di modifiche costituzionali che, tutto sommato, sono molto vicine al testo che esce dalla 1a Commissione del Senato. Sentiremo se verranno confermate o smentite durante il dibattito dai rappresentanti dell'UDC.

Se i nostri elettori, o i cittadini che non vanno a votare, sapessero che la settimana scorsa sono state presentate delle sospensive, oltre che delle pregiudiziali di costituzionalità, che chiedono di sospendere questo processo legislativo per i motivi sopra elencati (cioè che l'articolo 49 non era incluso nelle modifiche, che ancora non c'è un orientamento neanche prevalente su quale dovrebbe essere la modifica della legge elettorale e che soprattutto - questo chiaramente non lo potevamo mettere nelle sospensive, ma politicamente è stato ricordato nel dibattito, sia dalla senatrice Poretti che da me - si è concluso un processo in Commissione affari costituzionali al Senato e che, a processo concluso, il Gruppo di maggioranza relativa con cinque emendamenti, ai quali ne ha aggiunto un sesto, propone una modifica della Costituzione che non ha niente a che vedere né con il proprio programma elettorale - ma sono passati tanti anni e sono successe tante cose - né tantomeno con quello che i membri di quel partito in quella Commissione avevano votato tutti d'accordo), io credo che ulteriormente la credibilità di chi si candida a cambiare la Costituzione scenderebbe ai minimi storici.

Se poi - spero che domani almeno i primi due o tre interventi di questa discussione generale verranno ripresi dai giornali - si andasse a vedere cosa è stato proposto da parte del PD (che avanza l'ipotesi di fare una sorta di referendum consultivo nazionale prima di avviare le riforme) e da parte del PdL (che chiede di confermare i cinque emendamenti con i quali nel giro di sei ore, più o meno, si cambia la Costituzione in modo radicale), allora sì che la credibilità sarebbe zero.

Cosa ci troviamo ad affrontare adesso? Sarebbe bello poter fare un discorso sul merito della modifica della nostra Costituzione, però, ancora una volta, visto e considerato il modus operandi delle nostre istituzioni, occorre sempre concentrarsi sul metodo, piuttosto che sul merito, perché avanti così non si può andare. Siamo stati messi di fronte a un contesto in cui, per quanto pessima possa essere (ed io la ritengo pessima), la proposta della 1a Commissione e giunta in Aula è stata ulteriormente arricchita da emendamenti, che dovrebbero meritare dei subemendamenti, tanto sono radicali le modifiche proposte (a ben guardare nel dettaglio, non tutte attinenti agli articoli che abbiamo modificato con il disegno di licenziato dalla 1a Commissione). Pertanto, altro che rinvio in Commissione sarebbe necessario!

Qui si propone di modificare una Repubblica parlamentare in Repubblica semipresidenziale (non prendo neanche in considerazione - perché non saprei come chiamarla - questa cosa uscita dalla 1a Commissione) con cinque emendamenti. È vero che nel 2006 si è riusciti ad inventare la legge Fini-Giovanardi nel decreto-legge con cui sono state finanziate le Olimpiadi invernali, quindi tutto al Parlamento italiano è possibile, ma finché c'è un minimo di presenza di chi ritiene che procedure, da una parte, e merito, dall'altra, debbano essere rispettati, c'è ancora un qualche argine. Sicuramente, individualmente: io ho applaudito il senatore Benedetti Valentini quando ha parlato del singolo parlamentare, una figura che - se dovessimo seguire l'avvio della modifica del Regolamento all'esame della Giunta per il Regolamento - non esisterà più, visto che è il Gruppo che fa e disfa, decide, impone, propone, cancella, sostituisce proprio perché, avendo in Costituzione il non vincolo di mandato, lo si sostituisce con questo strapotere del Gruppo, che deciderà come il rappresentante (eletto dove e come non si sa, a quel punto non ci interesserà nemmeno più) dovrà comportarsi.

Se dovessimo fare un ragionamento quasi per analogia, oggi PD e PdL propongono le primarie su tutto (ad uno o due turni), per selezionare i propri organi direttivi ma anche i candidati, in un contesto in cui da una parte si rimarrebbe con la legge elettorale di nominati (anche se si specifica che sono sì nominati, ma scelti dopo un processo di selezione dal basso), ma soprattutto in un contesto in cui né l'uno, né l'altro partito organizza un congresso in cui il singolo iscritto possa esprimere un punto di vista a favore di una mozione piuttosto che di un'altra, o di un candidato piuttosto che di un altro, e senza che questi abbia mai la possibilità di eleggere «l'1-bis», come lo definiamo noi all'interno del Partito Radicale, cioè il tesoriere, colui che amministra i soldi di questi partiti. Tra l'altro, in queste ore, anche di finanziamento pubblico stiamo parlando, senza però sapere di quali partiti stiamo parlando.

Spero che domani, alla ripresa dei lavori, magari con un'Aula più affollata, altri vogliano tornare sulla questione di merito e sul calendario, perché non è possibile andare avanti in questo modo e ritenere che l'unico risultato che si riuscirà a conseguire in questo processo sia la diminuzione del numero dei parlamentari, questione che è vero che faceva parte dei programmi di tutti i partiti politici, ma che al netto, da una parte, della forma partito politico non regolamentata e di un sistema elettorale che cancella definitivamente il collegamento dell'eletto con il suo territorio (che è fatto di individui, ma anche di regno vegetale, minerale e animale), contribuirà in maniera definitiva a cancellare la credibilità di questo Parlamento.

Purtroppo, ho scoperto soltanto ieri che nel 1991 è stato presentato un disegno di legge dall'allora deputato Tessari che chiedeva la istituzionalizzazione del voto della scheda bianca che sarebbe andato ad incidere sul numero dei parlamentari. Secondo tale proposta la percentuale di voto delle schede bianche sarebbe stata riversata sul numero dei parlamentari: se le schede bianche sono il 20 per cento, noi riduciamo del 20 per cento il numero dei parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Credo che, alla fine, dovremmo poter recuperare anche questo tipo di ragionamento, perché non ci meritiamo - più voi di me in particolare, perché siete qui da più tempo - di essere considerati rappresentanti del popolo.

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