PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD).
Signor Presidente, mi spiace che ci sia lei a presiedere, perché avevo
intenzione di iniziare il mio intervento chiedendo che fine ha fatto il
bilancio interno del Senato, e lo faccio sempre quando è lei a
presiedere. Mi dispiace, ma lo farò comunque.
Perché lo faccio? Noi abbiamo avviato, dopo cose
che dirò più avanti, un dibattito relativamente a delle modifiche della
nostra Costituzione, cioè il documento che fonda la Repubblica
italiana. A parte l'ambiente in cui ci troviamo a discutere, perché
siamo una trentina di persone, ne stiamo parlando all'interno di
un'istituzione che al 12 di giugno non ha ancora adottato il bilancio
preventivo per l'anno in corso. Si dice che fuori dai Palazzi ci sono i
cittadini non particolarmente soddisfatti dal modo con cui chi li
rappresenta o li dovrebbe rappresentare all'interno delle istituzioni si
comporta. Credo che, se sapessero - perché purtroppo non lo sapranno -
che noi non abbiamo ancora adottato, tra l'altro in un momento in cui si
pagano le tasse e si sono chiesti ulteriori sacrifici agli italiani, il
nostro bilancio interno, la credibilità ulteriore di questo migliaio
circa di persone che vogliono modificare la Carta fondamentale della
nostra Repubblica scenderebbe.
Se poi sapessero che tra tutti gli articoli che
andremo a modificare con questo esercizio avviato oggi non c'è
l'articolo 49 della Costituzione, cioè quello che regolamenta i partiti,
che sono quelli che hanno nominato i parlamentari che adesso vogliono
mettere mano alla Costituzione, probabilmente ancora di più si
aggraverebbe la reputazione che i parlamentari hanno di fronte
all'opinione pubblica.
Inoltre, nessuno di questi partiti ha ad oggi
confermato ciò che diceva in campagna elettorale. Io sono andato a
rivedermi, prima di intervenire, i programmi elettorali dei tre poli -
chiamiamoli così - che sono presenti in Parlamento. La coalizione
PdL-Lega, alla sesta missione (così si chiamava), parlava di riforme
istituzionali e, come la Lega ci ha ricordato in tutti gli interventi
anche di oggi pomeriggio, prevedeva un qualcosa di federale, non ben
identificato ma sicuramente c'era la parola «federale». Il Partito
Democratico e l'Italia dei Valori, il cui programma ho sottoscritto per
essere candidato nelle liste del PD in Toscana, prevedevano una serie di
modifiche costituzionali che includevano anche la modifica della legge
elettorale, al 12° punto. L'unico partito che metteva al primo punto la
modifica della forma della nostra Repubblica era l'UDC, che in effetti
chiedeva la riduzione dei parlamentari (ma questo lo chiedevano tutti),
una fine del bicameralismo perfetto e proponeva una serie - per titoli -
di modifiche costituzionali che, tutto sommato, sono molto vicine al
testo che esce dalla 1a Commissione del Senato. Sentiremo se verranno confermate o smentite durante il dibattito dai rappresentanti dell'UDC.
Se i nostri elettori, o i cittadini che non
vanno a votare, sapessero che la settimana scorsa sono state presentate
delle sospensive, oltre che delle pregiudiziali di costituzionalità, che
chiedono di sospendere questo processo legislativo per i motivi sopra
elencati (cioè che l'articolo 49 non era incluso nelle modifiche, che
ancora non c'è un orientamento neanche prevalente su quale dovrebbe
essere la modifica della legge elettorale e che soprattutto - questo
chiaramente non lo potevamo mettere nelle sospensive, ma politicamente è
stato ricordato nel dibattito, sia dalla senatrice Poretti che da me -
si è concluso un processo in Commissione affari costituzionali al Senato
e che, a processo concluso, il Gruppo di maggioranza relativa con
cinque emendamenti, ai quali ne ha aggiunto un sesto, propone una
modifica della Costituzione che non ha niente a che vedere né con il
proprio programma elettorale - ma sono passati tanti anni e sono
successe tante cose - né tantomeno con quello che i membri di quel
partito in quella Commissione avevano votato tutti d'accordo), io credo
che ulteriormente la credibilità di chi si candida a cambiare la
Costituzione scenderebbe ai minimi storici.
Se poi - spero che domani almeno i primi due o
tre interventi di questa discussione generale verranno ripresi dai
giornali - si andasse a vedere cosa è stato proposto da parte del PD
(che avanza l'ipotesi di fare una sorta di referendum consultivo
nazionale prima di avviare le riforme) e da parte del PdL (che chiede di
confermare i cinque emendamenti con i quali nel giro di sei ore, più o
meno, si cambia la Costituzione in modo radicale), allora sì che la
credibilità sarebbe zero.
Cosa ci troviamo ad affrontare adesso? Sarebbe
bello poter fare un discorso sul merito della modifica della nostra
Costituzione, però, ancora una volta, visto e considerato il modus operandi
delle nostre istituzioni, occorre sempre concentrarsi sul metodo,
piuttosto che sul merito, perché avanti così non si può andare. Siamo
stati messi di fronte a un contesto in cui, per quanto pessima possa
essere (ed io la ritengo pessima), la proposta della 1a
Commissione e giunta in Aula è stata ulteriormente arricchita da
emendamenti, che dovrebbero meritare dei subemendamenti, tanto sono
radicali le modifiche proposte (a ben guardare nel dettaglio, non tutte
attinenti agli articoli che abbiamo modificato con il disegno di
licenziato dalla 1a Commissione). Pertanto, altro che rinvio in Commissione sarebbe necessario!
Qui si propone di modificare una Repubblica
parlamentare in Repubblica semipresidenziale (non prendo neanche in
considerazione - perché non saprei come chiamarla - questa cosa uscita
dalla 1a Commissione) con cinque emendamenti. È vero che nel
2006 si è riusciti ad inventare la legge Fini-Giovanardi nel
decreto-legge con cui sono state finanziate le Olimpiadi invernali,
quindi tutto al Parlamento italiano è possibile, ma finché c'è un minimo
di presenza di chi ritiene che procedure, da una parte, e merito,
dall'altra, debbano essere rispettati, c'è ancora un qualche argine.
Sicuramente, individualmente: io ho applaudito il senatore Benedetti
Valentini quando ha parlato del singolo parlamentare, una figura che -
se dovessimo seguire l'avvio della modifica del Regolamento all'esame
della Giunta per il Regolamento - non esisterà più, visto che è il
Gruppo che fa e disfa, decide, impone, propone, cancella, sostituisce
proprio perché, avendo in Costituzione il non vincolo di mandato, lo si
sostituisce con questo strapotere del Gruppo, che deciderà come il
rappresentante (eletto dove e come non si sa, a quel punto non ci
interesserà nemmeno più) dovrà comportarsi.
Se dovessimo fare un ragionamento quasi per
analogia, oggi PD e PdL propongono le primarie su tutto (ad uno o due
turni), per selezionare i propri organi direttivi ma anche i candidati,
in un contesto in cui da una parte si rimarrebbe con la legge elettorale
di nominati (anche se si specifica che sono sì nominati, ma scelti dopo
un processo di selezione dal basso), ma soprattutto in un contesto in
cui né l'uno, né l'altro partito organizza un congresso in cui il
singolo iscritto possa esprimere un punto di vista a favore di una
mozione piuttosto che di un'altra, o di un candidato piuttosto che di un
altro, e senza che questi abbia mai la possibilità di eleggere «l'1-bis»,
come lo definiamo noi all'interno del Partito Radicale, cioè il
tesoriere, colui che amministra i soldi di questi partiti. Tra l'altro,
in queste ore, anche di finanziamento pubblico stiamo parlando, senza
però sapere di quali partiti stiamo parlando.
Spero che domani, alla ripresa dei lavori,
magari con un'Aula più affollata, altri vogliano tornare sulla questione
di merito e sul calendario, perché non è possibile andare avanti in
questo modo e ritenere che l'unico risultato che si riuscirà a
conseguire in questo processo sia la diminuzione del numero dei
parlamentari, questione che è vero che faceva parte dei programmi di
tutti i partiti politici, ma che al netto, da una parte, della forma
partito politico non regolamentata e di un sistema elettorale che
cancella definitivamente il collegamento dell'eletto con il suo
territorio (che è fatto di individui, ma anche di regno vegetale,
minerale e animale), contribuirà in maniera definitiva a cancellare la
credibilità di questo Parlamento.
Purtroppo, ho scoperto soltanto ieri che nel
1991 è stato presentato un disegno di legge dall'allora deputato Tessari
che chiedeva la istituzionalizzazione del voto della scheda bianca che
sarebbe andato ad incidere sul numero dei parlamentari. Secondo tale
proposta la percentuale di voto delle schede bianche sarebbe stata
riversata sul numero dei parlamentari: se le schede bianche sono il 20
per cento, noi riduciamo del 20 per cento il numero dei parlamentari
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Credo che, alla fine, dovremmo poter recuperare
anche questo tipo di ragionamento, perché non ci meritiamo - più voi di
me in particolare, perché siete qui da più tempo - di essere considerati
rappresentanti del popolo.
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