Oggi sulla Stampa, Juan Carlos De Martin @demartin pone domande
relative a una questione ancora poco affrontata nei dibattiti
politici seppur i tempi siano ampiamente maturi: “Internet lademocrazia necessaria” .
Mi ci è voluto un po' di
tempo, ritagliato ad altri impegni, ma alla fine ho scritto qualcosa.
Eccola.
Per quanto centrale alla nostra epoca, occorrerebbe però ampliare l’analisi con una domanda preliminare circa lo stato della democrazia italiana o, forse, come dice Marco Pannella, iniziare a considerare l’Italia come un regime anti-democratico ormai totalmente al di sopra e al di la' delle proprie leggi da essere totalmente inattacabile da parte dell'opinione pubblica.
Esagerazioni? Vediamo.
Come reagirebbe infatti il famoso marziano di Flaiano se gli
venisse raccontato di un paese che adotta una Costituzione
all’indomani di un conflitto mondiale alla fine di una dittatura e,
a seguito di tale liberazione, non applica la propria Carta fin dal
giorno dopo la sua proclamazione? Che direbbe quell’ET di fronte
alla non regolamentazione della vita dei partiti politici che fanno e
disfano a loro immagine e somiglianza qualsiasi cosa? O come
reagirebbe quell'omino di fronte al fatto che per quasi tre decenni
le Regioni son state amministrate dai partiti senza consultare
l’elettorato? O che quando a questo viene chiesto di esprimersi con
un Sì o un No su quesiti referendari abrogativi i risultati vengono
spesso cancellati nottetempo dalle Camere? Figuriamoci poi se lo
informassero che per anni la Corte Costituzionale, si avete letto
bene la Corte Costituzionale, ha operato senza avere il plenum (a
volte addirittura in assenza di due componenti!) o che la stessa
Consulta, proprio come il Consiglio Superiore della Magistratura e le
varie autorità garanti sono elette con un meccanismo non
regolamentato ma lasciato alle spartizioni tra le oligarchie dei
partiti politici e dei poteri fori? Figuriamoci lo scandalo del
marziano di fronte alla notizia della mancanza di plenum alla Camera
dei Deputati nella XIV legislatura di fronte a una legge elettorale
inapplicabile al 100%, vulnus che fu sanato con una decisione
dell’aula che votò per stabilire che la Costituzione poteva non
essere rispettata e che quindi dal 2001 al 2006 i deputati proclamati
sarebbero stati 619 e non 630. Stesso sdegno sicuramente lo
colpirebbe nel sapere che nel 2006 furono proclamati otto senatori
grazie all’interpretazione della legge elettorale da parte di una
circolare del Ministro degli interni pro-tempore piuttosto che in
virtù dell’applicazione della legge? Per non parlare della
devoluzione al governo della funzione legislativa relegando il
Parlamento al ruolo di ratificatore delle decisioni dell’esecutivo
- oppure della mancanza di separazione netta tra le carriere dei
magistrati o della possibilità pel terzo potere di poter far parte
del primo o del secondo… insomma l’Italia è una democrazia? Come
può uno strumento rettificare tutto ciò?
A queste mie "obiezioni" avanzante durante un dibattito di AltroConsumo qualche tempo fa, tutte peraltro ampiamente documentate qui, Alessandro Gilioli, opinionista nella, della e sulla Rete, rispose che non avevo idee in materia (non gli stavo confessando cosa pensassi delle riforme necessarie sul diritto d'autore né cosa pensassi della censura su internet...) sostenendo anche che per mascherare questa mia ignoranza parlavo d'altro... Non ci fu il tempo purtroppo di controbattere ricordangoli che gia nel lontanissimo 1998 il Partito Radicale aveva organizzato un convegno lungo un mese dal titolo "Quali lotte e leggi subito per la rivoluzione tecnologica per la rivoluzione liberale. Internet, televisione e altro" e che quindi qualche idea me l'ero fatta, ma il fatto che fosse del tutto impermeabile a certi ragionamenti di contesto non depose ai miei occhi a favore della reputazione di "guru della rete". Ma alle volte chi gode di fama non necessariamente rappresenta la categoria. Speriamo...
A queste mie "obiezioni" avanzante durante un dibattito di AltroConsumo qualche tempo fa, tutte peraltro ampiamente documentate qui, Alessandro Gilioli, opinionista nella, della e sulla Rete, rispose che non avevo idee in materia (non gli stavo confessando cosa pensassi delle riforme necessarie sul diritto d'autore né cosa pensassi della censura su internet...) sostenendo anche che per mascherare questa mia ignoranza parlavo d'altro... Non ci fu il tempo purtroppo di controbattere ricordangoli che gia nel lontanissimo 1998 il Partito Radicale aveva organizzato un convegno lungo un mese dal titolo "Quali lotte e leggi subito per la rivoluzione tecnologica per la rivoluzione liberale. Internet, televisione e altro" e che quindi qualche idea me l'ero fatta, ma il fatto che fosse del tutto impermeabile a certi ragionamenti di contesto non depose ai miei occhi a favore della reputazione di "guru della rete". Ma alle volte chi gode di fama non necessariamente rappresenta la categoria. Speriamo...
A tre anni da quel dibattito purtroppo non son cambiate le
condizioni generali di contesto istituzionale o politico, ma forse, e
lo nota anche De Martin in esordio, potrebbero esser cambiate le
sensibilità, non quelli dei Gilioli ahimé, ma di chi si interessa
del rapporto tra Rete e democrazia. Tra coloro che credo abbiano
maggiormente contribuito a questo “salto di qualità” c’è da
ricordare l’arrivo, nel 2009, di Agorà Digitale che ha cercato di
tenere alta l’attenzione e l'interconnessione tra questi fattori
spronando, coinvolgendo, bacchettando e smascherando, la buona come
la mala politica.
Fatto tutto questo necessario cappello, e posto che De Martin affronta molti aspetti anche teorici, vediamo quindi se è
possibile rispondere almeno alle domande puntuali:
JCDM: Internet, mezzo di comunicazione con aspetti oggettivamente
diversi rispetto alle tecnologie precedenti (telefono, radio, TV),
quale ruolo può avere nella democrazia di inizio 21° secolo? Quale
ruolo nel plasmare le interazioni tra Stato e cittadini?
Almeno due sono le caratteristiche di Internet che in effetti
possono contribuire a modificare, non so se proprio plasmare,
l’interazione tra Stato e cittadini. Da una parte si diminuiscono
le intermediazioni nella messa in circolo di messaggi (resta quella
del codice che governa la Rete, ma magari su questo aspetto ci
torniamo un’altra volta) e sicuramente, così facendo, si rende
meno inibita la possibilità di mettere in dubbio il principio di
autorità (o autorialità che dir si voglia).
Ora però, perché in effetti questa facilitazione di comunicazione e
di accesso alle istituzioni possa avere non solo la funzione di
declamazione o sfogo ma anche e soprattutto un ruolo nella vita
civilie e politica di una “giurisdizione” occorre che vengano
adottate delle leggi che codifichino, dal punto di vista
amministrativo (e-government) una serie di facilitazioni,
semplificazioni, sburocratizzazioni per rendere tutto ciò meno
tortuoso. Allo stesso tempo occorre legiferare per la cosiddetta
e-democracy, cioè la possibilità di cittadinanza digitale con tanto
di diritti e doveri chiari e godibili perché anche la dimensione
digitale possa contribuire all’applicazione della Costituzione. Il
dominio virtuale deve divenire un’altra ambito dove gli individui
possano agire nelle varie giurisdizioni con pienta titolarita di
diritti. Occorre certificare queste nuove possibilità e aprire le
istituzioni al controllo da remoto (OpenData), non per voyerismo ma
al fine di consentire al cittadino la possibilità di critica in
diretta e di contributo fattivo al processo normativo come già
avviene in altri paesi in particolare in Europa del nord. Certo
all'inizio questa partecipazione sarà elitaria, specie se
concentrata sul governo centrale, ma se pensiamo alle amministrazioni
locali, sicuramente le ridotte dimensioni delle competenze o delle
giurisdizione consentiranno una partecipazione maggiore. Sempre che
la partecipazione sia praticata in positivo anche quando vuole
criticare. Difficile che un legislatore o un amministratore possa
confrontarsi col buon senso dell'opinione pubblica senza dover esser
costretto a modificare politiche o leggi, difficilissimo invece che
adotti misure realmente popolari a seguito di facili demogogie e
sguaiati populismi...
JCDM: Quale ruolo nel rendere possibili partiti diversi dagli
attuali?
I Partiti italiani oggi non sono regolamentati. In 64 anni di vita
repubblicana non si è mai riusciti ad attuare l’Articolo 49 della
Costituzione che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di
associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo
democratico a determinare la politica nazionale [cfr. artt. 18,
98
c. 3, XII
c. 1]. Vediamo nel dettaglio anche le altre parti della
Costituzione richiamate dal 48: Art. 18 “I cittadini hanno diritto
di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non
sono vietati ai singoli dalla legge penale [cfr. artt. 19,
20,
39,
49].
Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche
indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere
militare”. Articolo 98, 3° comma: “Si possono con legge
stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per
i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari
ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari
all'estero[cfr. art. 49].
E le disposizioni transitorie e finali all’articolo XII: “E`
vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto
partito fascista. In deroga all'articolo
48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio
dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al
diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del
regime fascista.
Ora, posto che dopo oltre mezzo secolo alcune
disposizioni transitorie potrebbero essere superate, se grazie alla
Rete si aprisse un dibattito circa la necessità di regolamentare lo
status giuridico dei partiti politici, specie alla vigilia di una
modifica legislativa che andrebbe a cambiare il meccanismo che li
finanzia con soldi pubblici, mi riterrei già ampiamente soddisfatto.
Così facendo infatti, e tenendo presente che oggi, colla sola
eccezione dei Radicali, ai congressi di partito si partecipa con
delegati, si potrebbe suscitare una riflessione che dalla necessità
di organizzazione dell'opinione pubblica in partiti porrebbe il tema
della partecipazione diretta, e magari pure plurima –
trans-partitica – dei cittadini “reali” e “virtuali” alla
vita statutaria di tali organizzazioni.
JCDM Quale ruolo nello strutturare nuove e più efficaci forme di
dialogo tra eletti ed elettori?
Sebbene fondamentali nel tentativo di far conoscere meglio i lavori
delle e nelle istituzioni, né Radio Radicale coi
suoi 40 anni di attività né più
recentemente OpenPolis nel loro svolgere funzioni
di vero e proprio servizio pubblico hanno potuto creare forme di
dialogo che non fossero quelle del filo diretto oppure
dell'approfondimento del detto e fatto nell'esercizio del mandato
politico. I siti internet istituzionali ancora non consentono una
vera e propria multimedialità (a dir la verità non consentono
neanche la totale pubblicità dei lavori e/o il loro studio grazie
alla pubblicazione di tutti i dati in formati aperti), ma anche
qualora consentissero una totale conoscibilità del lavoro dei
singoli membri delle assemblee e l'interazione in diretta
coll'eletto, occorrerebbe che questi fosse disposto all'interazione.
Anche qui alcune esperienze nord-europee come il Liquid feedback
oggi utilizzato, pare con successo, dal Partito Pirata tedesco
all'interno del comune di Berlino stanno già creando nuove
responsabilità di mandato politico e colla pratica sicuramente
potranno venire affinate, anche perché
si tratta di software open-source quindi adattabili ai vari contesti
o esigenze.
JCDM Quale ruolo nel dar forma a una sfera pubblica migliore, non
solo a livello locale e italiano, ma anche europeo e globale?
Qui temo che il problema, oltre alle
mancanza di cui sopra, cioe alla difficoltà
di poter consentire l'accesso diretto alle decisioni, occorrerebbe
prendere in considerazione la diffusione dell'accesso alla rete. In
Italia le reti civiche, la tanto sbandierata connettività della
Capitale si riduce in ottima copertura sui ponti!, ma anche la
limitata connettività
mobile restano, almeno in Italia, un enorme ostacolo allo sviluppo di
partecipazione e conoscenze generabili da un accesso capillare alla
Rete. Per una sfera pubblica europea restano, ma questo
indipendentemente dai problemi di navigazione quelli relativi alle
lingue che in Italia son conosciute come la matematica, poco. Però anche per l'Europa, e la gestione extra, se non anti, democratica della "crisi" in atto ci riporta alle considerazioni preliminari...
(to be continued)
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