6.28.2012

Una prima risposta a De Martin su Internet e Democrazia, sbilanciata sulla seconda


Oggi sulla Stampa, Juan Carlos De Martin @demartin pone domande relative a una questione ancora poco affrontata nei dibattiti politici seppur i tempi siano ampiamente maturi: “Internet lademocrazia necessaria” . Mi ci è voluto un po' di tempo, ritagliato ad altri impegni, ma alla fine ho scritto qualcosa. Eccola.

Per quanto centrale alla nostra epoca, occorrerebbe però ampliare l’analisi con una domanda preliminare circa lo stato della democrazia italiana o, forse, come dice Marco Pannella, iniziare a considerare l’Italia come un regime anti-democratico ormai totalmente al di sopra e al di la' delle proprie leggi da essere totalmente inattacabile da parte dell'opinione pubblica.
 
Esagerazioni? Vediamo.
Come reagirebbe infatti il famoso marziano di Flaiano se gli venisse raccontato di un paese che adotta una Costituzione all’indomani di un conflitto mondiale alla fine di una dittatura e, a seguito di tale liberazione, non applica la propria Carta fin dal giorno dopo la sua proclamazione? Che direbbe quell’ET di fronte alla non regolamentazione della vita dei partiti politici che fanno e disfano a loro immagine e somiglianza qualsiasi cosa? O come reagirebbe quell'omino di fronte al fatto che per quasi tre decenni le Regioni son state amministrate dai partiti senza consultare l’elettorato? O che quando a questo viene chiesto di esprimersi con un Sì o un No su quesiti referendari abrogativi i risultati vengono spesso cancellati nottetempo dalle Camere? Figuriamoci poi se lo informassero che per anni la Corte Costituzionale, si avete letto bene la Corte Costituzionale, ha operato senza avere il plenum (a volte addirittura in assenza di due componenti!) o che la stessa Consulta, proprio come il Consiglio Superiore della Magistratura e le varie autorità garanti sono elette con un meccanismo non regolamentato ma lasciato alle spartizioni tra le oligarchie dei partiti politici e dei poteri fori? Figuriamoci lo scandalo del marziano di fronte alla notizia della mancanza di plenum alla Camera dei Deputati nella XIV legislatura di fronte a una legge elettorale inapplicabile al 100%, vulnus che fu sanato con una decisione dell’aula che votò per stabilire che la Costituzione poteva non essere rispettata e che quindi dal 2001 al 2006 i deputati proclamati sarebbero stati 619 e non 630. Stesso sdegno sicuramente lo colpirebbe nel sapere che nel 2006 furono proclamati otto senatori grazie all’interpretazione della legge elettorale da parte di una circolare del Ministro degli interni pro-tempore piuttosto che in virtù dell’applicazione della legge? Per non parlare della devoluzione al governo della funzione legislativa relegando il Parlamento al ruolo di ratificatore delle decisioni dell’esecutivo - oppure della mancanza di separazione netta tra le carriere dei magistrati o della possibilità pel terzo potere di poter far parte del primo o del secondo… insomma l’Italia è una democrazia? Come può uno strumento rettificare tutto ciò?

A queste mie "obiezioni" avanzante durante un dibattito di AltroConsumo qualche tempo fa, tutte peraltro ampiamente documentate qui, Alessandro Gilioli, opinionista nella, della e sulla Rete, rispose che non avevo idee in materia (non gli stavo confessando cosa pensassi delle riforme necessarie sul diritto d'autore né cosa pensassi della censura su internet...) sostenendo anche che per mascherare questa mia ignoranza parlavo d'altro... Non ci fu il tempo purtroppo di controbattere ricordangoli che gia nel lontanissimo 1998 il Partito Radicale aveva organizzato un convegno lungo un mese dal titolo "Quali lotte e leggi subito per la rivoluzione tecnologica per la rivoluzione liberale. Internet, televisione e altro" e che quindi qualche idea me l'ero fatta, ma il fatto che fosse del tutto impermeabile a certi ragionamenti di contesto non depose ai miei occhi a favore della reputazione di "guru della rete". Ma alle volte chi gode di fama non necessariamente rappresenta la categoria. Speriamo...

A tre anni da quel dibattito purtroppo non son cambiate le condizioni generali di contesto istituzionale o politico, ma forse, e lo nota anche De Martin in esordio, potrebbero esser cambiate le sensibilità, non quelli dei Gilioli ahimé, ma di chi si interessa del rapporto tra Rete e democrazia. Tra coloro che credo abbiano maggiormente contribuito a questo “salto di qualità” c’è da ricordare l’arrivo, nel 2009, di Agorà Digitale che ha cercato di tenere alta l’attenzione e l'interconnessione tra questi fattori spronando, coinvolgendo, bacchettando e smascherando, la buona come la mala politica.
Fatto tutto questo necessario cappello, e posto che De Martin affronta molti aspetti anche teorici, vediamo quindi se è possibile rispondere almeno alle domande puntuali:
JCDM: Internet, mezzo di comunicazione con aspetti oggettivamente diversi rispetto alle tecnologie precedenti (telefono, radio, TV), quale ruolo può avere nella democrazia di inizio 21° secolo? Quale ruolo nel plasmare le interazioni tra Stato e cittadini?
Almeno due sono le caratteristiche di Internet che in effetti possono contribuire a modificare, non so se proprio plasmare, l’interazione tra Stato e cittadini. Da una parte si diminuiscono le intermediazioni nella messa in circolo di messaggi (resta quella del codice che governa la Rete, ma magari su questo aspetto ci torniamo un’altra volta) e sicuramente, così facendo, si rende meno inibita la possibilità di mettere in dubbio il principio di autorità (o autorialità che dir si voglia).
Ora però, perché in effetti questa facilitazione di comunicazione e di accesso alle istituzioni possa avere non solo la funzione di declamazione o sfogo ma anche e soprattutto un ruolo nella vita civilie e politica di una “giurisdizione” occorre che vengano adottate delle leggi che codifichino, dal punto di vista amministrativo (e-government) una serie di facilitazioni, semplificazioni, sburocratizzazioni per rendere tutto ciò meno tortuoso. Allo stesso tempo occorre legiferare per la cosiddetta e-democracy, cioè la possibilità di cittadinanza digitale con tanto di diritti e doveri chiari e godibili perché anche la dimensione digitale possa contribuire all’applicazione della Costituzione. Il dominio virtuale deve divenire un’altra ambito dove gli individui possano agire nelle varie giurisdizioni con pienta titolarita di diritti. Occorre certificare queste nuove possibilità e aprire le istituzioni al controllo da remoto (OpenData), non per voyerismo ma al fine di consentire al cittadino la possibilità di critica in diretta e di contributo fattivo al processo normativo come già avviene in altri paesi in particolare in Europa del nord. Certo all'inizio questa partecipazione sarà elitaria, specie se concentrata sul governo centrale, ma se pensiamo alle amministrazioni locali, sicuramente le ridotte dimensioni delle competenze o delle giurisdizione consentiranno una partecipazione maggiore. Sempre che la partecipazione sia praticata in positivo anche quando vuole criticare. Difficile che un legislatore o un amministratore possa confrontarsi col buon senso dell'opinione pubblica senza dover esser costretto a modificare politiche o leggi, difficilissimo invece che adotti misure realmente popolari a seguito di facili demogogie e sguaiati populismi...
JCDM: Quale ruolo nel rendere possibili partiti diversi dagli attuali?
I Partiti italiani oggi non sono regolamentati. In 64 anni di vita repubblicana non si è mai riusciti ad attuare l’Articolo 49 della Costituzione che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale [cfr. artt. 18, 98 c. 3, XII c. 1]. Vediamo nel dettaglio anche le altre parti della Costituzione richiamate dal 48: Art. 18 “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale [cfr. artt. 19, 20, 39, 49]. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare”. Articolo 98, 3° comma: “Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero[cfr. art. 49]. E le disposizioni transitorie e finali all’articolo XII: “E` vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
Ora, posto che dopo oltre mezzo secolo alcune disposizioni transitorie potrebbero essere superate, se grazie alla Rete si aprisse un dibattito circa la necessità di regolamentare lo status giuridico dei partiti politici, specie alla vigilia di una modifica legislativa che andrebbe a cambiare il meccanismo che li finanzia con soldi pubblici, mi riterrei già ampiamente soddisfatto. Così facendo infatti, e tenendo presente che oggi, colla sola eccezione dei Radicali, ai congressi di partito si partecipa con delegati, si potrebbe suscitare una riflessione che dalla necessità di organizzazione dell'opinione pubblica in partiti porrebbe il tema della partecipazione diretta, e magari pure plurima – trans-partitica – dei cittadini “reali” e “virtuali” alla vita statutaria di tali organizzazioni.
JCDM Quale ruolo nello strutturare nuove e più efficaci forme di dialogo tra eletti ed elettori?
Sebbene fondamentali nel tentativo di far conoscere meglio i lavori delle e nelle istituzioni, né Radio Radicale coi suoi 40 anni di attività né più recentemente OpenPolis nel loro svolgere funzioni di vero e proprio servizio pubblico hanno potuto creare forme di dialogo che non fossero quelle del filo diretto oppure dell'approfondimento del detto e fatto nell'esercizio del mandato politico. I siti internet istituzionali ancora non consentono una vera e propria multimedialità (a dir la verità non consentono neanche la totale pubblicità dei lavori e/o il loro studio grazie alla pubblicazione di tutti i dati in formati aperti), ma anche qualora consentissero una totale conoscibilità del lavoro dei singoli membri delle assemblee e l'interazione in diretta coll'eletto, occorrerebbe che questi fosse disposto all'interazione. Anche qui alcune esperienze nord-europee come il Liquid feedback oggi utilizzato, pare con successo, dal Partito Pirata tedesco all'interno del comune di Berlino stanno già creando nuove responsabilità di mandato politico e colla pratica sicuramente potranno venire affinate, anche perché si tratta di software open-source quindi adattabili ai vari contesti o esigenze.
JCDM Quale ruolo nel dar forma a una sfera pubblica migliore, non solo a livello locale e italiano, ma anche europeo e globale?
Qui temo che il problema, oltre alle mancanza di cui sopra, cioe alla difficoltà di poter consentire l'accesso diretto alle decisioni, occorrerebbe prendere in considerazione la diffusione dell'accesso alla rete. In Italia le reti civiche, la tanto sbandierata connettività della Capitale si riduce in ottima copertura sui ponti!, ma anche la limitata connettività mobile restano, almeno in Italia, un enorme ostacolo allo sviluppo di partecipazione e conoscenze generabili da un accesso capillare alla Rete. Per una sfera pubblica europea restano, ma questo indipendentemente dai problemi di navigazione quelli relativi alle lingue che in Italia son conosciute come la matematica, poco. Però anche per l'Europa, e la gestione extra, se non anti, democratica della "crisi" in atto ci riporta alle considerazioni preliminari...

(to be continued)

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