1.18.2012

In tervento in Commissione semplificazione legislativa

In tervento in Commissione semplificazione legislativa sul Codice dell'ordinamento militare

Preliminarmente, prima di procedere all'intervento in relazione all'affare in discussione occorre ripercorrere brevemente l'iter seguito dal legislatore per giungere all'emanazione del Codice dell'Ordinamento militare al fine anche di poter sollevare , in questa sede, l'eccezione di illegittimità dell'impianto normativo perché emanato oltre il termine ultimo della legge delega.

Orbene, al riordino della normativa sull’ordinamento militare il legislatore ha proceduto ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 246/2005 che ha previsto una complessa procedura di semplificazione e riordino della normativa previgente. Il comma 14 del citato art. 14 ha previsto l’adozione, entro il 16 dicembre 2009, di decreti legislativi volti ad individuare le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, con la conseguente abrogazione generalizzata della restante legislazione a decorrere dal 16 dicembre 2010.

Il preambolo del decreto legislativo n. 66 richiama l’art. 14, commi 14, 15 e 22. Il comma 22 prevede un meccanismo di scorrimento della delega, qualora il termine di trenta giorni previsto per il parere della Commissione cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal medesimo articolo 14, cioè nei trenta giorni precedenti il 16 dicembre 2009. Nel caso di specie, il termine per l’espressione del parere scadeva il 14 gennaio 2010 in quanto lo schema è stato assegnato alla Commissione parlamentare per la semplificazione il 15 dicembre.

L’articolo 76 Cost. afferma che “l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”, occorre quindi osservare che la legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 14 recita  che “1. I decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione sono emanati dal  Presidente  della  Repubblica con la denominazione di "decreto legislativo"  e  con  l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione,  della  deliberazione del Consiglio dei ministri e degli  altri  adempimenti  del  procedimento prescritti dalla legge di delegazione. 2. L'emanazione  del  decreto  legislativo  deve  avvenire  entro  il termine fissato dalla legge di delegazione; il  testo  del  decreto legislativo adottato dal Governo e'  trasmesso  al  Presidente  della Repubblica, per  la emanazione,  almeno  venti  giorni  prima  della scadenza.”; la legge 28 novembre 2005, n. 246, art.14, comma 22, ultimo periodo , stabilisce che “ Se  il termine previsto per il parere  della  Commissione  cade  nei  trenta giorni che precedono la scadenza di  uno  dei  termini  previsti  dai commi 14, 14-quater,  15,  18  e  18-bis,  la  scadenza  medesima  è prorogata di novanta giorni.”.  Il Governo, quindi, investito della funzione legislativa, dovrà sempre rispettare: a) il dettato dell’articolo 76 Cost. ; b) le indicazioni contenute nella legge delega.

Nel caso specifico della legge 246/2005, il Governo avrebbe dovuto adottare i decreti legislativi di cui alla delega nel termine di ventiquattro mesi, a far data dal 16 dicembre 2007. Nel testo di legge, come detto, è però fatta salva la possibilità di una proroga, laddove “il termine previsto per il parere della  Commissione  cada  nei  trenta giorni che precedono la scadenza di  uno  dei  termini  previsti  dai commi 14, 14-quater,  15,  18  e  18-bis,  […]”. Termine coincidente  - per quanto sopra – con il giorno 16 dicembre 2009.

A norma di legge quindi, per aversi la proroga, lo schema di decreto avrebbe dovuto essere trasmesso alla Commissione, per il richiesto parere, entro la data ultima del 17 novembre 2009. In tal modo il termine di trenta gioni a disposizione della Commissione per l’espressione del richiesto parere sarebbe venuto a scadere il 16 dicembre 2009, data ultima per l’adozione del decreto legislativo. In tale caso il Governo avrebbe avuto diritto alla proroga di ulteriori tre mesi (Legge 246/2005, art. 14, comma 22, ultimo periodo).

In tema di limiti temporali concessi al Governo per l’emanazione dei decreti legislativi, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 184 del 10 dicembre 1981, ha avuto modo di osservare che “tale esercizio deve ritenersi completato con la emanazione del provvedimento legislativo, rispetto alla quale la successiva pubblicazione rappresenta condizione di efficacia e non di requisito di validità” con ciò affermando senza possibilità di equivoci che, in ogni caso, affinché il termine previsto nella legge delega sia rispettato, il decreto legislativo deve, in ogni caso, essere emanato. La questione è stata affrontata, dal Giudice delle Leggi, anche in altra risalente pronuncia (sentenza 6 dicembre 1963, n. 163, cui si rimanda per l’integrale lettura) laddove il Supremo Consesso, nel ritenere non necessaria l’indicazione, nella legge delega, di una data specifica per l’emanazione dei decreti legislativi, al fine del rispetto dell’articolo 76 Cost., ha comunque ritenuto che “valida prefissione vi sia quando, come nella specie, il dies a quo sia fatto coincidere con la data di entrata in vigore della legge di delegazione”. Ugualmente certo é però che, allorquando si adotti un tale criterio di determinazione, debba esigersi un rigoroso adempimento dell'obbligo, imposto al potere esecutivo dall'art. 73 della Costituzione, di procedere alle operazioni necessarie a rendere efficace la legge medesima subito dopo che sia intervenuta la promulgazione, senza altro indugio oltre quello richiesto dall'espletamento delle attività materiali necessarie per la pubblicazione. Se altrimenti si ritenesse l'esercizio della funzione delegata non risulterebbe più limitata al tempo stabilito dal legislatore, come prescrive il citato art. 76, ma prolungabile ad arbitrio dell'organo cui é affidato l'esercizio stesso.”.

In particolare, circa le sanzioni conseguenti all’inosservanza dei termini stabiliti con legge delega, seppure circa un caso diverso, si legge il seguente principio di diritto, ad avviso di chi scrive valido per la presente fattispecie: “l'arbitrario ritardo interposto per la pubblicazione della legge delegante, quando abbia per effetto l'emanazione del decreto legislativo al di là dei limiti temporali stabiliti dalla legge delegante con riferimento alla data della propria entrata in vigore, non può non importare l'invalidità del decreto medesimo”.

In conclusione il Governo ha inviato lo schema di decreto legislativo ben oltre la data ultima del 17 novembre 2009, il cui rispetto avrebbe consentito di godere della proroga di ulteriori 90 giorni  per l’adozione del provvedimento finale. In tal caso, infatti (si torna a ripetere) il termine di giorni trenta sarebbe scaduto nei trenta giorni precedenti la scadenza del termine per l’adozione del decreto legislativo in argomento. Ma così non è stato e, peraltro, per quanto noto algli interroganti, il legislatore, perito il termine  originario, non ha concesso al Governo ulteriori proroghe.

Il ritardo, pertanto, ha comportato lo spirare del termine originario di ventiquattro mesi, per l’emanazione del decreto legislativo, decorrente dallo spirare del termine di pari durata sabilito dal comma 12 del medesimo articolo 14 della legge 246/2005, entrata in vigore il 16 dicembre 2005, conseguentemente, il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, deve ritenersi nullo, cioè affetto da vizio di incostituzionalità perché adottato oltre il termine per l’esercizio della delega disposta con il c.d. taglia leggi (L. 246/2005).

Considerata l'inutile decorrenza del termine stabilito dalla legge delega per l'emanazione del decreto legislativo di cui allo schema in esame e preso atto che non vi è stato nessun provvedimento di proroga del medesimo termine occorre fare riferimento a quanto correttamente riportato nel parere formulato dall'Avvocato Marco Napoli in merito ad  una analoga questione sulla decorrenza dei termini, ora all'esame della XII^ Cpmmissione permanente dell'altro ramo del Parlamento, sul cui specifico rispetto dei termini il rappresentante del Governo ha concordato nel voler escludere ogni possibile incertezza sull'effettiva scadenza.

Alla luce delle innegabili evidenze fin quì richiamate, ritengo indispensabile che la Commissione, nell’incertezza dell'avvenuta inutile decorrenza del termine per l'emanazione del decreto legislativo 66/2010,  che non può certo essere subordinata all'interesse politico, ma solo esclusivamente ai principi di legalità di cui all'articolo 76 della Costituzione - ritenga necessario, tramite del Ministro competente, ovvero il Ministro per i rapporti con il Parlamento, e comunque nelle forme di legge, di dover acquisire il parere del Consiglio di Stato sulla corretta interpretazione dell’articolo 14, comma 22, della legge 28 novembre 2005, n. 246, in relazione alle scadenze temporali che hanno caratterizzato il procedimento conclusosi poi con l'emanazione del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, dove il termine per l'espressione del parere parlamentare è venuto a scadere dopo lo spirare del termine per l'adozione del decreto legislativo, anziché nei trenta giorni che lo precedono; conseguentemente sulla illegittimità della proroga del termine per l'adozione del decreto e sugli effetti che la eventuale dichiarazione di intempestività del decreto avrebbe sugli atti compiuti nel periodo di vigenza del Codice dell'Ordinamento militare.

Concludendo, coerentemente a quanto fino quì detto in merito al rispetto dei termini imposti dalla legge delega, ove la Commissione ritenesse di dover proseguire nell'esame dell'Atto n. 404, non posso non rilevare come la Commissione medesima stia procedendo all'espressione di un parere riferito a un decreto legislativo che è stato emanato in violazione di legge e quindi da considerarsi nullo.

L'eventuale e non auspicabile prosecuzione dei lavori in merito all'atto odiernamente in esame paleserebbe in modo inequivocabile la subordinazione dell'autonomia della Commissione agli interessi partitocratici e non al rigore della Legge. Per questi motivi noi radicali, anche a nome del Partito per la tutela dei diritti di militari e Forze di polizia (Pdm), non intendiamo essere complici di una palese violazione di legge e della mancata osservanza dei principi costituzionali, pertanto annuncio che non prenderò parte alla votazione.

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