5.06.2011

Visita al Centro di identificazione ed Espulsione di via Corelli, Milano, giovedi 21 aprile

Premessa
Secondo una circolare emessa dal Ministro degli interni il 2 aprile, e successivamente modificata a seguito delle rimostranze di decine di parlamentari, l'accesso a tutti i luoghi che hanno a che fare con l'immigrazione, sia che si tratti di persone in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato che di persone in attes dell'identificazione per poi essere espulsi oppure i nuovi arrivati a seguito delle rivolte nel nord Africa viene concesso alle agenzie specializzate delle Nazioni unite (Alto commissario per i rifugiati,
organizzazione internazionale per le migrazioni) alle organizzazioni non governative che da sempre si interessano della questione come la Caritas oppure Save the Children e ai parlamentari europei, nazionali
e regionali, ma non ai loro accompagnatori. Nel momento di massima necessità di controllo sul livello di accoglienza di migranti.

Il CIE
il Centro di via Corelli e' gestito dalla Croce Rossa Italiana con una trentina di operatori ed e' uno dei piu' vecchi d'Italia. Si tratta infatti del secondo centro di permanenza temporanea creato nel 1999 dopo quello di Ponte Galeria di Roma, la struttura originaria, una piccola casermetta, è stata successivamente rasa al suolo quando è sorta la necessità di aumentare la capacità "dentiva" per lasciare spazio a una struttura prefabbricata costruita nel 2001-2 con una pianta ad H che sorge su territorio demaniale attiguo in un quartiere periferico di Milano. Nello stesso luogo recintato da un muro altro almeno 5 metri sono siti anche i capannoni che conservano le schede elettorali della Lombardia. Secondo i dati pubblici forniti dal Ministero puo' ospitare 132 persone, il 21 aprile ce ne erano 129. Tre sezioni ospitano cittadini non comunitari (a marzo mi avevano detto alcune ong che c'erano addirittura alcuni rumeni) mentre quella che in passato era la zona riservata alle donne può ospiatare fino a 20 transessuali.

Come per tutti i CIE la vigilanza esterna e' garantita da 5 militari dell'esercito che stazionano per lo piu' in una "garitta" che non ha comunicazione coll'interno della struttura e sono dotati di una jeep. All'interno del CIE, che non è visibile dall'esterno in virtù dell'altro muro di cinta né segnalato sulla strada (a differenza di
altri centri), si alternano squadre della polizia in totale una 20ina tra l'ispettori e agenti. La polizia entra di tanto in tanto nei locali dove dormono (alcuni ospiti incontrati in separata sede mi hanno detto che all'occasione la polizia maltratta senza motivo - notizia raccolta anche dall'Arci in una visita a marzo).

Ogni sezione e' divisa in camere con quattro letti di metallo, due finestroni, due "armadi" in muratura senza ante. Esiste una luce unica neon nel centro della stanza. Le porte, che sono aperte tutto il giorno, sono una lastra di ferro dipinta di verde. Ci sono due locali con quattro docce, al momento senza acqua calda (ho potuto verificare), e quattro latrine alla turca. Ogni sezione ha una zona "passeggi" dove è possibile accedere durante tutto il giorno, lo spazio non ha tettoie quindi se piove è inutilizzabile.

Non esiste una cucina, i pasti provengono dall'esterno precotti, vengono custoditi in un locale esterno, riscaldati e consegnati con dei carrelli termici. Vengono rispettate le varie richieste di regime alimentare, ma per i musulmani spesso la dieta è esclusivamente vegetariana perché gli ospiti non si fidano della certificazione alal della carne. I pasti sono consumati in zone comuni dove ci sono tavoli con sedie inchiodati al pavimento, in quegli stessi locali esistono macchinette per caffè a altre bevande separate dagli ospiti da delle vere e proprie gabbie.

All'ingresso nel centro vengono sequestrati i telefonini e custoditi in un magazzino assieme agli altri effetti personali che non possono sser fatti entrare nel CIE. Il divieto è motivato da una circolare del prefetto di Milano dell'ottobre scorso motivata da motivi di ordine pubblico (a Bologna i cellulari erano ammessi), in effetti nei mesi scorsi ci sono state verie proteste che hanno portato ad azioni di autolesionismo (ingestione di detersivo) minacce si suicidi (impiccagione nei bagni) incendio delle lenzuola e confronti colla polizia. Per le comunicazioni coll'esterno esistono 2 telefoni fissi per ciascuna della quattro sezioni, spesso fuori uso per via delle intemperanze degli ospiti, che possono essere utilizzati con delle tessere telefoniche fornite dalla CRI, intorno ai 15 euro alla settimana (chiaramente non sufficienti in caso di chiamate internazionali).

La CRI mette a disposizione un paio di avvocati segnalati dall'ordine di Milano, in passato ci sono state dei problemi poiché i legali hanno cercato di truffare gli ospiti (occorrere chiedere all'ordine di fornire non solo come gratuito patrocinio quanti più nominativi possibili, ma anche persone di provata serietà professionale).

Secondo quanto raccolto parlando cogli ospiti i tempi di risposta della Commissione territoriale per la richiesta di protezione sono molto lunghi (purtroppo nella media nazionale) stesso dicasi per gli eventuali ricorsi. Ancora peggiore sarebbe sia l'attenzione dei magistrati ogni qualvolta gli ospiti abbiano a che fare con richieste di rimpatrio volontario sia quella dei consolati competent (sicuramente questo è un problema per le rappresentanze diplomatiche tunisine che in queste settimane vivono momenti di incertezza, ma
altrettanto caratterizza i tempi di reazione dei consolati brasiliani, egiziani, albanesi e marocchini).

A differenza di altre strutture non esistono rapporti di collaborazione con Comune, Provincia e Regione, sono presenti com volontariato le suore di Madre Teresa di Calcutta e la Caritas Ambrosiana. Un medico garantisce una presenza dalle 8 alle 20 mentre un infermiere è presente sempre. Nella zona ambulatoriale, che si trova all'esterno del centro più proprimamente detto ma sempre chiaramente dentro le mura di cinta, c'è anche un'astanteria che può ospitare fino a quattro persone. Il vero problema, mi è stato dett dalla CRI, è quando occorrono visite o trattamenti specialistici perché non esiste una vera e propria convenzione con un ospedale quindi, per quanto venga tenuto di conto il fatto che i tempi di peramenenza degli ospiti nei centri possono essere anche brevi, le liste d'attesa valgono anche per loro.

Ospiti
Se i 17 transessuali erano tutti latino-americani, prevalentemente di origine brasiliana, i 112 uomini provenivano nell'80% dei casi dalla Tunisia, Marocco ed Egitto, seguono Albania e India (non ho incontrato
rumeni). Dal 10 aprile, dopo un primo gruppo uscito il giorno precedente, sono presenti anche 40 tunisini dall'eta' variabile tra i 20 e i 40. Nessuno ha i documenti, alcuni parlano francese e affermano di avere famigliari sia in Italia che in Francia. Gli altri presenti non tunisini sono quasi sempre con condanne penali per vari crimini,in parte gia' scontate in carceri del nord. Alcuni hanno famiglia in Italia.

Per quanto riguarda i 40 tunisini il problema maggiore è che non hanno ricevuto alcuna informazione relativamente al loro status e ormai da tre settimane son trattenuti senza avere alcune informazione circa il
loro futuro. Gli altri sono tutti in attesa di un decreto di espulsione o di notizie circa i vari ricorsi fatti. Ammesso e non concesso che possa avere un significato rilevante, la permanenza media degli ospiti è di circa 3 mesi.

Conclusione

A parte insistere sul fatto che molto spesso vengono reclusi degli innocenti (anche se a Milano il CIE è ormai diventato un altro luogo dove scontare le pene o esser piazzati in attesa di espulsione prolungando così la detenzione molto spesso già scontata per reati per lo più connessi allo spaccio di sostanze o sfruttamento della prostituzione) in condizioni igienico sanitarie preoccupanti e con gravissime limitazioni di comunicazione coll'esterno, credo che occorra, sicuramente con delle interrogazioni parlamentari,
capire quanto costa questo affare dei CIE. Posto che la qualità dei servizi forniti si scontra spesso colla fatiscenza delle strutture, nessuno mi ha mai saputo dire a quanto ammonti il contratto che il Ministero distrubuisce, previa gara, alle varie associazioni che partecipano (ricordiamo che anche la CRI, che in teoria è un'ONG è un ente di diritto pubblico non economico con prerogative di carattere internazionale, ha per scopo l'assistenza sanitaria e sociale sia in tempo di pace che in tempo di conflitto. Ente di alto rilievo, è posta sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica, sottoposta alla vigilanza dello Stato e sotto il controllo del Ministero del avoro, Salute e Politiche Sociali, del Ministero dell'Economia e della Difesa per quanto di competenza, pur mantenendo forte la sua natura di organizzazione di volontariato. E' commissariata dal 2008).

Vanno inoltre segnalate le mancanze in termini di qualità delle strutture, dappertutto i bagni sono in cattive condizioni; i servizi resi, come l'assistenza legale; stigmatizzare le circolari ch restringono varie libertà, sicuramente quella che proibisce i telefoni; il comportamento intimidatorio delle forze dell'ordine in occasione delle perquisizioni (alle volte necessarie perché distruggendo alcune parti dei centri è in effetti facile costruire armi di vario genere - anche se la qualità della struttura potrebbe evitare di far diventare gli angoli di una porta arrugginita dei coltellini).

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