9.23.2010

Sul bilancio del Senato

Discussione congiunta e approvazione dei documenti:

(Doc. VIII, n. 5) Rendiconto delle entrate e delle spese del Senato per l'anno finanziario 2009

(Doc. VIII, n. 6) Progetto di bilancio interno del Senato per l'anno finanziario 2010(ore 16,44)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, mi collego proprio alle conclusioni del senatore Lannutti. Io non so se si possano applicare le regole del libero mercato (ammesso e non concesso che in un Paese come l'Italia questo esista) ad una istituzione quale la nostra. Certo è che questo è l'unico caso di "impresa" in cui viene tagliato di quasi il 10 per cento lo stipendio, o le dotazioni, dei facenti parte con un applauso generale o generalizzato, senza che però nessuno dei coinvolti venga messo di fronte se non altro alla proposta di tale prospettiva.

Ecco, in questo caso, sono stati tolti mille euro a ciascun parlamentare perché la piazza lo reclamava, ma è stato ottenuto un risparmio letteralmente ridicolo in relazione al mezzo miliardo di euro del bilancio generale del Senato della Repubblica. Credo che ciò faccia parte della totale mancanza di trasparenza del processo decisionale rispetto alla questione del nostro bilancio.

Il senatore Questore Comincioli ha auspicato che l'anno prossimo si possa arrivare a discutere il rendiconto delle entrate e delle spese del Senato per l'anno finanziario in corso nel primo quadrimestre piuttosto che nel secondo. Infatti, ciò che ci apprestiamo a discutere è stato adottato in occasione della riunione del Consiglio di Presidenza del 18 maggio 2010: sono trascorsi esattamente quattro mesi. Sono contenute anche previsioni di spesa e, quindi, in parte si tratta pure di un bilancio preventivo.

Vorrei sapere quale impresa, mercato o non mercato, affronti le questioni relative al bilancio alla fine dell'anno in corso. Credo che (qui subentra un minimo di possibilità di trasparenza) i motivi addotti per tale ritardo siano particolarmente superficiali. Dubito che qualcuno, anche il più disagiato dal punto di vista psicofisico, possa affermare che il monte delle ore lavorate dal Senato dal 1° gennaio di quest'anno equivale ad un'intensa attività parlamentare. Infatti, per le vacanze di Natale e di Pasqua, oltre che per i problemi esistenti tra le parti, abbiamo lavorato un numero di ore che probabilmente un operaio fa in una settimana o in un mese, se si tratta di operai che lavorano a cottimo.

Nella relazione consegnata, i senatori Questori esordiscono affermando che «l'esame del rendiconto delle entrate e delle spese del Senato costituisce occasione essenziale di verifica degli indirizzi amministrativi che coinvolgono più direttamente gli aspetti finanziari della gestione. Infatti, se è certo che il bilancio dell'attività del Senato non può esaurirsi nell'esame delle implicazioni finanziarie della sua attività, va tuttavia rilevato che la dimensione legata al proficuo utilizzo delle risorse economiche a disposizione dell'Istituzione riveste importanza fondamentale, come testimoniato anche dai più recenti dibattiti in Assemblea sul bilancio interno».

Ebbene, come è stato poc'anzi ricordato dal senatore Lannutti, questi dibattiti sono spesso corredati da ordini del giorno o raccomandazioni. La delegazione radicale quest'anno ha deciso di non presentare raccomandazioni od ordini del giorno perché sia quelli presentati nel 2008 che quelli presentati nel 2009, tutti accolti con applauso da parte dei senatori Questori, sono rimasti lettera morta. Peraltro, non si trattava di infilare il dito in una piaga, per quanto infetta questa potesse essere, ma si trattava di proposte di miglioramento dell'organizzazione del Senato, tanto quanto di maggiore interazione tra l'elettore e l'eletto.

La proposta del 2008 era quella di creare un'anagrafe pubblica e patrimoniale degli eletti, o meglio dei nominati, del Parlamento; ci è stato risposto che era necessaria una legge, che doveva essere adattata, la quale si sarebbe dovuta concentrare in particolare su tale questione, anche perché dovevamo rendere conto all'altra Camera della decisione assunta. Il senatore Ichino ha prontamente presentato un disegno di legge, che però - non si capisce per quale motivo - giace in Commissione. Eppure, l'ordine del giorno e la raccomandazione erano stati accolti dal Collegio dei Questori.

Inoltre, è stato chiesto di aggiornare il nostro sito Internet almeno al 2008 e non al 1998 (quando probabilmente è stato predisposto), come è oggi, ma non è stato fatto assolutamente niente. Cito un piccolo esempio: si possono reperire i testi delle interrogazioni parlamentari, ma non si trovano i testi delle risposte (cosa che sarebbe più importante). Mi domando cosa ci vorrà a mettere on line, il giorno in cui vengono pubblicati e allegati ai resoconti dell'Assemblea, i testi di tutte le interrogazioni fatte o non fatte, e magari anche (come previsto in uno degli ordini del giorno dello scorso anno) avviare un processo di multimedializzazione della seduta, allargato anche alle sedute delle Commissioni, dove in effetti viene svolto il vero e proprio lavoro del legislatore, con tanto di dettagli; magari si potrebbe utilizzare il canale televisivo, che in maniera un po' "sovietica" - mi sia consentito l'uso dell'aggettivo - inquadra esclusivamente colui che parla, senza dare invece una panoramica a 360 gradi del modo in cui si distribuisce la presenza nell'Aula (con ciò non intendo affermare che i colleghi siano obbligati a seguire chi interviene). Questo è un dibattito molto importante. Abbiamo una presenza in Aula sicuramente maggiore rispetto a quella di altri anni. Sicuramente non credo che sia all'altezza dell'importanza della decisione presa.

Sono stati fatti anche rilievi relativamente alla proprietà immobiliare - lo stesso senatore Lannutti li ha poc'anzi fatti - del Senato. È stato risposto l'anno scorso che, essendo stato ormai concluso tutto quanto, non c'è più modo di poter interagire. Ci è stato spiegato che gli spazi oggi utilizzati per gli uffici dei senatori in due palazzi - si tratta di palazzo Cenci e dell'ex hotel Bologna - verranno dismessi, per cui c'era bisogno di acquisire altri due immobili. Si spera che uno - così fu detto l'anno scorso - possa essere agibile dalla prossima legislatura. Se dovessimo andare a votare in primavera, non credo che Santa Maria in Aquiro sia utilizzabile dopo Pasqua. L'altro palazzo, invece, è ancora con i cantieri aperti e - lo dice Sergio Rizzo in un articolo pubblicato i primi di maggio di questo anno, ossia una settimana prima che i senatori Questori adottassero il loro progetto di rendiconto - è al centro di un esposto. Leggo alcuni passi di detto articolo che non mi pare abbia avuto smentite da parte del Senato. Si legge: «C'è un palazzetto in largo Toniolo, a Roma, che da anni è al centro di un autentico caso. Sfociato in un esposto alla procura di Perugia, titolare delle indagini sugli appalti dei Grandi eventi». Questo ci dovrebbe interessare in qualche modo, visto e considerato il fatto che ha occupato mesi della cronaca giudiziaria della Repubblica italiana.

Prosegue l'articolo: «Il suo autore è il segretario dei Radicali italiani Mario Staderini, che in passato, da consigliere comunale di Roma, si era sempre opposto risolutamente alla concessione del cambio di destinazione d'uso per quel palazzetto. L'obiettivo? Impedire una ulteriore invasione da parte della politica del centro storico della città, già abbondantemente occupato dai palazzi del potere. Dai e dai, Mario Staderini era diventato una spinta nel fianco per il Senato. Perché quell'immobile appartiene all'Amministrazione di palazzo Madama».

Questo è un altro fatto che credo si debba acquisire: può il Senato essere proprietario di determinati immobili, oppure non gli conviene dal punto di vista economico, come sembra si stia adesso scoprendo relativamente alla Camera, grazie al lavoro del deputato radicale Rita Bernardini? Si tratta di informazioni che so essere in possesso anche della vicepresidente Bonino. Sicuramente cercheremo di essere all'altezza della tradizione radicale in merito alla puntualità delle critiche mosse, e anche della presentazione di proposte in questo senso. Quindi, nei prossimi mesi, sicuramente torneremo a parlare di ciò.

Ma, a parte la questione relativa alla proprietà, si ricorda nell'articolo che detto edificio era stato comprato nel 2003, con la motivazione di trovare spazio per i nuovi uffici dei senatori. Purtroppo, la legislatura iniziata nel 2006 ridusse, tra l'altro, di gran lunga il numero non dei senatori, ma dei Gruppi parlamentari e, quindi, probabilmente anche dei dipendenti. Continua l'articolo: «Ma in circostanze a dir poco sorprendenti. Il Senato aveva infatti acquistato lo stabile di 11 appartamenti a un prezzo di nove milioni di euro da una società appartenuta fino a qualche mese prima a un senatore in carica» - pensate voi - «Franco Righetti, autore di una lunga traversata centrista, dal CCD all'Udeur». Se fosse esistita l'anagrafe pubblica degli eletti, molto probabilmente avremmo potuto conoscere i possibili conflitti di interesse tra i vari senatori.

Ora però il progetto di chi era? Era dell'architetto Zampolini, che naturalmente tutti noi ricorderemo essere stato al centro della cosiddetta cricca - ricordata anche poco fa - con Angelo Balducci coinvolto. Su tutto questo, se noi - non l'anno scorso o l'anno prima, perché chiaramente avrebbero dovuto prenderlo in considerazione i senatori nel 2003 - avessimo potuto avere in prima battuta il bilancio adottato il giorno stesso in cui veniva adottato dal collegio dei Questori, non soltanto lo avremmo distribuito a tutti i parlamentari, ma magari lo avremmo anche pubblicato su un sito Internet dove i cittadini possono fare le pulci, virgola dopo virgola, al documento ed eventualmente - in maniera oggi tecnologicamente consentita ‑ anche fare delle proposte per migliorare la questione. Se avessimo avuto la possibilità di sapere chi sedeva nel nostro Senato, avremmo anche cercato da dentro o da fuori (a seconda che ci fossimo o meno) di dare delle risposte che andassero nella direzione della migliore amministrazione e del risparmio.

Concludo ricordando che nel 2008 - è uno studio dell'istituto Bruno Leoni - il Senato della Repubblica ha speso 4,8 milioni di euro per la stampa e la riproduzione di atti parlamentari. Per il 2010 sono stati stanziati all'uopo 7,4 milioni di euro. La Camera ha sostenuto nel 2009 costi pari a oltre 7,05 milioni di euro per la stampa di atti e documenti parlamentari. Per il 2010 si prevede una leggera crescita degli stanziamenti, intorno ai 7 milioni di euro. Tutto questo al netto delle ore-lavoro.

Ebbene, se avviassimo un lavoro di integrazione amministrativa - e mi auguro che questo sia uno dei motivi per cui il senatore Quagliariello ha presentato un ordine del giorno - ma soprattutto si passasse alla digitalizzazione totale dei nostri lavori (come ha fatto il Parlamento dell'Estonia, pensate voi!) andremmo a risparmiare non i 1.000 euro a persona, bensì cifre di tutto rispetto, che si aggirano intorno ai 15 milioni di euro annuali.

Pertanto, non abbiamo presentato documenti perché sicuramente fa sempre piacere condividere idee con i nostri colleghi, ma se alla fine, quando queste vengono addirittura vengono fatte proprie, rimangono lettera morta, mi sembra che un minimo di pudore debba essere praticato. (Applausi delle senatrici Poretti e Marinaro).

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