5.06.2009

Sulla Legge per il voto ai disabili gravi

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, mi associo anch'io ai ringraziamenti al presidente Vizzini, non soltanto per la passione con cui in Commissione ha affrontato la questione, ma anche per quanto ha detto poco fa, cioè che questa tutto è tranne che una leggina. Anzi, si potrebbe dire che è il recupero di un diritto civile negato per sessant'anni a migliaia di cittadini italiani. Sicuramente una volta non c'erano tutte le tecnologie necessarie affinché anche chi ha dei problemi fisici possa godere appieno di quella che viene chiamata oggi una vita indipendente, che include anche il godimento dei diritti di elettore. Ciò non toglie però che per sessant'anni migliaia di italiani non hanno potuto partecipare a qualsiasi tipo di elezione.

Questa situazione si aggrava con l'esempio di fatti avvenuti in passato, in cui chi non esisteva più (cioè era morto) ha avuto un impatto sulla decisione su alcune leggi maggiore di chi invece era vivo ma, in virtù della mancanza di una legge, non poteva godere dei propri diritti civili e politici.

Credo ci sia un problema di microfono; c'è una strana eco che di solito non c'è.

Come alcuni di voi ricorderanno, nel 1999 i referendum elettorali proposti da Alleanza Nazionale non raggiunsero il quorum per poche migliaia di voti.

In quello stesso anno i radicali denunciarono la presenza nelle liste elettorali di milioni di italiani morti e di centinaia di migliaia di italiani che si erano trasferiti all'estero o avevano perso i diritti civili e politici.

Questo Paese, quindi, non ha potuto modificare la propria legge elettorale in senso maggioritario o uninominale ad un turno - come avviene nel Regno Unito e negli Stati Uniti - perché dei morti, ancora presenti in lista, hanno fatto sì che nel 1999 non si raggiungesse il quorum.

Quindi chi non era più sul suolo patrio e, se ci si crede, anche detentore di anima in questa Repubblica ha condizionato una tornata elettorale, mentre allo stesso tempo migliaia di italiani, pienamente capaci di intendere e di volere come Severino Mingrone, non hanno potuto esprimere i propri diritti. Quindi si tratta di un piccolo avvio di recupero di legalità costituzionale che, invece, quotidianamente viene calpestata dalle nostre istituzioni.

Due settimane fa i radicali hanno pubblicato un libro che si intitola «La peste italiana» che proprio di questo parla: mette in sequenza 60 anni di progressiva occupazione delle istituzioni pubbliche da parte dei partiti politici volti esclusivamente a mantenere sé stessi al potere e a non dare la possibilità ai cittadini italiani di godere dei propri diritti, qualsiasi essi siano.

Oggi ci troviamo a discutere di questo argomento felici, dopo anni di battaglie extraparlamentari avviate da Rita Bernardini che oggi fa parte della delegazione radicale alla Camera dei deputati nel gruppo del PD, di aver raggiunto il sostegno di tutti i Gruppi presenti in Parlamento. Teniamo ben presente però che se fosse stato per i partiti che oggi in questa sede si dicono d'accordo non saremmo mai arrivati a questo punto. È stata messa insieme la militanza politica di gente come Luca Coscioni, come Piergiorgio Welby e, adesso, di Severino Mingrone che hanno fatto della loro individualità non qualcosa da far strumentalizzare politicamente, ma una militanza politica quotidiana per il rispetto della costituzione e non per l'allargamento dei diritti di chi vive in condizioni difficili, ma per il pieno godimento dei diritti in quanto individui.

L'Italia all'inizio dell'anno ha ratificato la Convenzione per i diritti dei disabili che va esattamente in quella direzione, cioè vuole garantire la possibilità di godere di una vita indipendente a chi invece vive in condizioni fisiche e anche, in certi casi, psichiche complesse.

Questa legge recupera il mal tolto di sessant'anni di partitocrazia. Speriamo di raggiungere presto questo obiettivo, ma saranno le istituzioni, come chiede l'ordine del giorno che abbiamo adottato ieri all'unanimità, a dover fare la loro parte informando, quanto più massicciamente possibile, il malato intrasportabile grave che può finalmente godere di un diritto costituzionalmente codificato nell'articolo 48. (Applausi dal Gruppo PD).

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