2.05.2009

Sul DL Sicurezza

Sul Resoconto stenografico della seduta antimeridiana del 3 febbraio

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, intervengo solamente per ringraziare i nostri stenografi che ieri sono riusciti a captare tutti i commenti fuori microfono durante lo scambio di battute che si è svolto al termine della seduta, consentendo agli italiani di conoscere anche ciò che avviene nella parte conclusiva delle nostre riunioni, quando siamo in pochi, ma si continua a parlare di politica.

[...]

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 33.0.305 e 33.0.306, sostanzialmente identici, sono improcedibili.

Passiamo all'esame dell'articolo 34, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, l'emendamento 34.100 da noi presentato è volto a sopprimere l'articolo 34. La norma proposta, infatti, vuole modificare l'impianto dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario e, a nostro avviso, tale modifica è palesemente incostituzionale.

Poche settimane fa, nel 2008, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura è venuto in Italia per accertare le condizioni di detenzione dei reclusi sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis. La modifica che ci è stata proposta dalle Commissioni vuole allungare il regime duro sino a quattro anni, prorogabili all'infinito; riaprire carceri quali l'Asinara e Pianosa, chiuse tra l'altro per gli enormi costi di gestione; invertire l'onere della prova della pericolosità, facendola gravare sul detenuto. Essa inoltre riduce il diritto alla difesa: vengono infatti contingentati i colloqui con i difensori, dando la competenza sui reclami al solo tribunale di sorveglianza di Roma, violando con ciò palesemente il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge.

Alcuni mesi fa un giudice americano della California, Sitgraves, era intervenuto per dire che in Italia vi è un rischio di tortura a causa del tanto venerato articolo 41-bis. Quello del 41-bis è un regime penitenziario pesantissimo e proprio a causa della sua estrema durezza la Corte costituzionale ha affermato che esso deve essere necessariamente temporaneo. L'isolamento prolungato cui i detenuti sono sottoposti produce infatti effetti irreversibili di desocializzazione e delocalizzazione; i vetri divisori ai colloqui, la negazione di ogni forma di socialità, la chiusura di ogni rapporto con l'esterno, sono giuridicamente e costituzionalmente tollerabili solo se limitati nel tempo. Eppure, purtroppo, tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra ci si indigna quando dopo 16 anni di regime un detenuto viene derubricato - questa è la terminologia carceraria utilizzata - a detenuto "Alta sicurezza" (AS): un regime poco meno duro del 41-bis. Pare quindi che il 41-bis sia l'unica arma del diritto a disposizione delle forze investigative contro la mafia.

Agli inizi degli anni Novanta, cioè a pochi anni dalla sua introduzione, un funzionario dell'amministrazione penitenziaria italiana nel rispondere agli ispettori del Comitato europeo per la prevenzione della tortura di Strasburgo affermava che il regime del 41-bis serviva a far parlare i detenuti; una pratica che assomigliava, disse, alla tortura, una tortura che però in Italia non è reato.

Siccome non ci sono i tempi contingentati e mi pare che quella che stiamo trattando sia una questione piuttosto grave, poiché nelle scorse ore sono state fatte affermazioni particolarmente lesive della dignità di alcuni politici italiani che si sono recati in carcere non già per dare solidarietà a chi ha commesso un crimine, ma per far emergere la realtà delle nostre carceri italiane, avvalendosi della prerogativa di effettuare visite ispettive che abbiamo noi parlamentari, vorrei riprendere quanto è stato scritto ormai sette anni fa nella prefazione di un libro, scritto dall'ex deputato della Rosa nel Pugno Sergio D'Elia e dall'attuale deputato radicale nella delegazione del Partito Democratico alla Camera Maurizio Turco, intitolato «Tortura democratica» e sottotitolato «Inchiesta su "la comunità del 41bis reale"».

La prefazione è stata scritta da Marco Pannella, che nella scorsa legislatura non ha potuto essere proclamato senatore, mentre sono convinto che sicuramente avrebbe recuperato molti degli argomenti che include nella prefazione a questo libro, pubblicato nel 2002.

Cito da tale prefazione: «(...) Le dure condizioni di detenzione rispondono solo ad una logica di rivalsa e a un primordiale senso di vindice giustizia. Si è risposto con Pianosa e l'Asinara alle stragi di Capaci e via D'Amelio. Il dolore dei parenti delle vittime contro le vessazioni nei confronti dei detenuti. Questo è stato messo a confronto! (...) È giunto il momento» - ed eravamo nel 2002 - «di chiedersi che cosa è avvenuto in questi ultimi dieci anni e cosa continua ad accadere. A questo punto, non si tratta di chiedersi se le norme vigenti siano state rispettate o no, se le procedure siano più o meno corrette; si tratta di chiedersi che cosa Antimafia e Mafia stiano mutualmente facendosi fra di loro e, attraverso quella che è definita una guerra, a noi tutti. È incredibile che nessuno si preoccupi che nei confronti di, ormai vecchi, "mafiosi" i magistrati continuino a usare l'arma della tortura, dell'infamia che colpisce non solo i "mafiosi" ma sta schiacciando tutto e tutti verso la demagogia e il conformismo politico e sociale. Nessuno che consideri la gravità del fatto che i magistrati, spesso per propria impostazione ma anche per investitura pubblica e politica, più che reati di mafia, stiano perseguendo la Mafia-istituzione, sicché invece di investigare reati specifici, produrre prove e fare i processi, stiano in realtà producendo (assieme alla mafia, com'era naturale prevedere) pentiti e offrendo esempi alla pubblica riprovazione.

Il conformismo dell'Antimafia, quella parlamentare e quella della cosiddetta "società civile", sta facendo strame di stato e di diritto, di legalità e di umanità, di società e di persone. Eppure, il 41 bis non si discute. Chi ne tocca i fili, le corde cui si impiccano detenuti così come la legalità, muore? Questa estate,» - nell'estate del 2002, appunto - «nei giorni della loro "protesta pacifica e civile",» - e forse alcuni di voi ricorderanno cosa avvenne quell'anno all'interno di molte carceri italiane - «i detenuti in 41 bis si sono rivolti alle più alte cariche dello Stato, in questi termini:» e qui cito un documento che fu fatto circolare allora: «"Stiamo mettendo in atto un Satyagraha che non mira certo alla abolizione del regime del "carcere duro" (compito questo, in una società democratica, di esclusiva competenza del Legislatore), bensì al rispetto delle regole, delle norme vigenti, nonché al rispetto della dignità umana che quotidianamente viene calpestata e umiliata". Loro, i fuorilegge, hanno manifestato nelle carceri per il rispetto della legalità; nel frattempo, nessun tutore della legge si è manifestato contro fuorvianti applicazioni, nessun legislatore si è levato in Parlamento per dire che il "41 bis reale" è una barbarie e che questa - non chissà quale altra - si vuole eternizzare. In Commissione giustizia al Senato» per l'appunto in quella estate «la sua stabilizzazione è stata approvata all'unanimità!».

L'iniziativa dei carcerati citata da Pannella non riguardava, in effetti, esclusivamente le condizioni delle carceri, ma qualcosa che il Parlamento non aveva voluto, potuto o saputo affrontare, e cioè il fatto che gli eletti di 11 o 12 seggi non erano mai stati proclamati. Solo dopo una lunga lotta non violenta, condotta con uno sciopero della sete di 7 giorni di Pannella e uno sciopero della fame di centinaia di detenuti che, con le parole che ho appena citato, lo sostenevano, si arrivò ad una decisione adottata dalla Camera dei deputati in cui si prese atto dell'impossibilità di ratificare l'elezione di 12 parlamentari della Repubblica.

Concludo l'illustrazione del perché riteniamo che non si debba insistere non soltanto con il 41-bis, ma sicuramente nel proporre come misura di lotta alla mafia l'indurimento di un qualcosa che negli ultimi anni non ha dato i risultati sperati, con quest'ultima citazione, sempre dalla menzionata prefazione al libro: «L'opera, l'inchiesta, la fatica e la tenacia di Maurizio Turco e di Sergio D'Elia» - che all'epoca non erano parlamentari - «costituiscono un evento, approdo e sintesi di uno dei percorsi radicali nelle caienne delle istituzioni e della società italiana.

Ora ciascuno» questo libro può essere scaricato dal sito nessunotocchicaino.it, perché non è più stato ristampato «potrà meglio intendere la continuità, l'intimità profonda e attualissima della "comunità reale del 41 bis reale" con i luoghi, che si ritenevano e ritengono scomparsi, delle "deportazioni" di veri o presunti criminali, condannati alla "morte (per intanto) civile"». (Applausi della senatrice Poretti).

[...]

PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

PERDUCA (PD). Signora Presidente, preannuncio che voterò a favore dell'emendamento 34.100. Ringrazio il presidente Bianco per la sua onestà intellettuale e per aver ricordato ciò che i radicali hanno sempre fatto anche in terra di Sicilia portando Leonardo Sciascia in Parlamento.

Non so quali alberghi a cinque stelle frequenti il senatore Centaro; di certo capisco da quel che ha detto che non è mai stato in un carcere in Italia, altrimenti si renderebbe conto che non ci sarebbe neanche mezza stella.

Non vorrei però che chi si oppone all'inasprimento del regime dell'articolo 41-bis o semplicemente all'articolo 41-bis venisse considerato privo di preoccupazioni relativamente alla mafia o alla criminalità organizzata, tant'è vero che da sempre i radicali parlano di partitocrazia, consociativismo, corrotti e corruttori.

È stato detto che si vuole colpire al cuore la mafia. Benissimo: non si può colpire al cuore qualcosa con uno strumento che - dite voi - ha dimostrato la sua inefficacia. Iniziamo con legalizzare le droghe, legalizzare e regolamentare la prostituzione, modificare le nostre leggi relativamente all'immigrazione, di modo da dare un colpo al traffico di esseri umani. Tutto questo va contro la vostra visione- che purtroppo è condivisa anche da molti colleghi del Partito Democratico - di punizionismo e panpenalismo. Ciò che occorre è regolamentare fenomeni enormi per non far diventare le nostre proibizioni qualcosa di criminogeno. (Applausi dei senatori Poretti, Di Giovan Paolo e Granaiola).

[...]

PORETTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

PORETTI (PD). Signora Presidente, l'articolo 27 della Costituzione recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità».

L'articolo 41-bis - da quello che ho capito - viene utilizzato per allontanare il detenuto condannato per reati mafiosi dall'organizzazione criminale. Allora mi dovete spiegare per quale motivo la modifica dell'articolo 41-bis prevede che le ore d'aria per un detenuto sottoposto a tale regime devono passare da quattro a due. Che cosa c'entra? Che cos'è questo se non un andare contro l'articolo 27 della Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità»? Per quale motivo riducete le ore d'aria da quattro a due?

FLERES (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

FLERES (PdL). Signora Presidente, desidero esprimere il mio voto di astensione rispetto a tutti gli emendamenti presentati all'articolo 34 e vorrei brevemente argomentare tale mia posizione.

Gli sforzi che bisogna compiere per dare certezza alla pena non possono mai travalicare la dignità della persona. Gli sforzi che le Commissioni hanno compiuto per scrivere una norma che contemperasse il diritto di alcuni con il diritto di tutti sono notevoli e apprezzabili, ma certamente sul regime di cui all'articolo 41-bis bisognerà molto discutere. Gli sforzi compiuti dai firmatari degli emendamenti in questo senso sono altrettanto apprezzabili ed importanti, ma nessuno - né nel caso della formulazione del testo dell'articolo, né nel caso della formulazione del testo degli emendamenti - ha tenuto conto di un dettaglio, che non riguarda i diritti o i doveri di quanti sono sottoposti al regime del 41-bis, ma chi - familiari, figli, mogli - ha il diritto di avere un padre, una madre, un fratello, una sorella.

Presidenza del presidente SCHIFANI (ore 12,12)

(Segue FLERES). Intendo dire che la problematica è assai complessa. Probabilmente meriterebbe un'attenzione e uno studio specifico, ma in questo momento non c'è dubbio che dobbiamo far prevalere i diritti di tutti prima di far prevalere i diritti di qualcuno.

In questo momento, pertanto, pur non volendo esprimermi in maniera ostile nell'uno o nell'altro senso, mi astengo sugli emendamenti riferiti all'articolo in questione; voterò a favore, invece, dell'articolo 34 e dell'emendamento 34.0.100, che prevede l'introduzione del reato di tortura. Infatti, sono primo firmatario di un analogo disegno di legge, che si rifà al testo sottoscritto dal Governo italiano già più di venti anni fa.

Credo che la tortura non sia solo quella fisica e che lo Stato non debba mai avere paura di se stesso. Credo che lo Stato non possa permettere a qualche deficiente o delinquente, che esiste in divisa come con il camice o con la toga, di far prevalere le sue ragioni rispetto alle ragioni del diritto, soprattutto quando questo diritto è contenuto in un trattato internazionale. (Applausi dei senatori Perduca, Poretti e Sbarbati).

AMATI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

AMATI (PD). Signor Presidente, ho sottoscritto l'emendamento 34.100 e lo voterò come quello sulla tortura. Anch'io sono presentatrice di un disegno di legge sulla tortura; sottoscrivo le dichiarazioni sia della collega Poretti che del collega Fleres.

Credo che questa tematica complessa e delicata debba tener conto del ruolo dello Stato al di sopra delle questioni e dovrebbe tener conto di una serie di problematiche che toccano l'aspetto umano che non è solo proprio della persona carcerata, ma dei familiari e di altri. (Applausi della senatrice Poretti).

LIVI BACCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

LIVI BACCI (PD). Signor Presidente, vorrei dire che mi riconosco al 100 per cento nelle dichiarazioni che ha fatto il senatore Fleres e, diciamo, all'80 per cento nelle dichiarazioni che hanno fatto i colleghi radicali Poretti e Perduca. Pertanto, il mio voto è di astensione.

DI GIOVAN PAOLO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

DI GIOVAN PAOLO (PD). Signor Presidente, intervengo brevemente per dire che condivido le cose che hanno detto i colleghi Livi Bacci e Fleres. Ritengo che debba arrivare il momento, pur condividendo ora il modo in cui si voterà, di porci il problema della fine dell'emergenza, così come accadde per il terrorismo. Lo Stato deve avere la forza di trovare il modo di contemperare le sue esigenze di sicurezza con una civiltà più alta di quella di questi criminali. (Applausi dei senatori Perduca e Poretti).

Ritengo che sulla questione della tortura possa pure essere presentato un ordine del giorno, ma poi bisogna essere operativi perché non si può avere solo la forza di trovare la soluzione della punizione e della sanzione e poi non trovare quella per garantire i detenuti e i diritti delle famiglie estranee ai reati commessi. La forza dimostrata quando abbiamo battuto il terrorismo e quando siamo stati capaci di dire «no» alle persone come Battisti si registra nel fatto che, dopo la fine dell'emergenza, questo Stato ha trovato nuovamente le condizioni di civiltà. Noi siamo più forti di Battisti e di quelli che la pensano come lui per queste condizioni di civiltà e dobbiamo e possiamo esserlo anche contro la mafia e le criminalità. (Applausi dei senatori Perduca e Poretti).

MARITATI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

MARITATI (PD). Signor Presidente, ho dedicato gran parte della mia vita, anche dal punto di vista professionale, alla lotta e al contrasto al crimine organizzato. Continuerò a farlo fino alla fine dei miei giorni.

Il collega Centaro ha ricordato che sono stato relatore nella Commissione antimafia sulle questioni emerse in sede di applicazione dell'articolo 41-bis. Non ho nessun pentimento e nessuna esitazione sull'articolo 41-bis, che è uno strumento indispensabile e che va applicato, ovviamente nel rispetto delle norme. Il suo rigore deve essere contemperato rispetto alle esigenze reali.

Ferma restando tutta l'impostazione, nella quale mi ritrovo, non posso però condividere la modifica della competenza perché non solo non serve, ma rischia di incidere negativamente sul sistema democratico del giudice naturale. Non possiamo dire - proprio la motivazione del collega Centaro mi ha messo ulteriormente in allarme - che, poiché c'è il pericolo di sentenze diverse e diversificate (ovvero la pluralità e la diversità delle motivazioni), concentriamo tutto sul tribunale di Roma. Questo è un vulnus e può costituire un precedente gravissimo.

Inoltre, non posso accettare la riduzione dalle quattro alle due ore d'aria, perché questo non serve assolutamente a difenderci dal crimine organizzato nei confronti del quale poniamo tutti i paletti possibili.

PORETTI (PD). È vero, non serve.

MARITATI (PD). Per queste ragioni io mi asterrò. (Applausi dei senatori Perduca e Poretti).

[...]

PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, intervengo in dissenso dal Gruppo, anche a nome della senatrice Poretti.

L'argomento centrale che ci ha portati a proporre l'emendamento soppressivo dell'articolo 34, che non è il sostegno alla criminalità organizzata, che non è una denuncia sull'operato delle forze dell'ordine, ma che è il tentativo di recuperare un minimo di dignità, di civiltà e di speranza nella possibilità che, attraverso lo Stato di diritto, si possa sconfiggere la criminalità e non attraverso la punizione sistematica.

Dall'inizio di questa legislatura ci sono state proposte esclusivamente delle misure che vanno nella direzione dell'inasprimento della pena per qualsiasi cosa, in un contesto in cui la certezza del diritto è denunciata quotidianamente dalla Corte di Strasburgo dei diritti umani.

Tutto questo, secondo noi, non è il modo con cui si può combattere la criminalità organizzata tant'è vero che dopo 17 anni di 41-bis ci è stato detto da più parti che non si è riusciti ad arrivare al cuore della mafia.

Concludo ricordando ai compagni del Gruppo del Partito Democratico che nella scorsa legislatura si era tentato di chiudere le due carceri minori nelle isole con tutta una serie di motivazioni che andavano dall'economico al civile fino all'ambientalista. Ecco, con questo articolo, voi le farete riaprire. Quindi, il voto è contrario. (Applausi della senatrice Poretti). (Brusìo).

PRESIDENTE. Richiamerei l'Assemblea alla dovuta attenzione.

PERDUCA (PD). Si vede che non interessa!

PRESIDENTE. Mi auguro che non sia così, senatore Perduca. Vorrei richiamare l'attenzione dell'Assemblea sulla significatività di questa votazione. Stiamo votando delle sostanziali e direi importanti modifiche del regime di carcere duro: se siano valutabili in senso positivo o negativo, questo sta alla libera coscienza di molti interventi, ma personalmente ritengo strategiche tali modifiche.

Inviterei quindi l'Assemblea ad un momento di maggiore concentrazione sulla delicatezza e sull'assunzione di responsabilità di questo voto, al quale la Presidenza riconosce grande importanza ai fini del contrasto contro la criminalità organizzata.

[...]

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, siccome è stata avanzata una richiesta di ritirare l'emendamento per trasformarlo in ordine del giorno che ha suscitato ampio, diffuso e approfondito dibattito, chiederei di accantonare la questione, se fosse possibile, perché dovremmo formulare un ordine del giorno che non mi pare sia emerso in tutto il suo contorno a seguito del dibattito.

PRESIDENTE. Senatore Perduca, alla Presidenza appare molto chiaro lo stato della situazione su questo delicatissimo argomento. Ritengo di dover prendere atto del fatto che non avete accettato di trasformare l'emendamento in ordine del giorno e dunque si insiste sulla votazione dell'emendamento, anche perché dal dibattito emerge l'opportunità di un voto, sul quale mi pare sia già stato chiesto il voto segreto.

Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 34.0.100.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, dato il numero dei firmatari, dato l'orientamento che si è creato in Aula nel corso della discussione e anche ascoltato il suo intervento, sembra che emerga un orientamento per il voto. Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto, perché credo che l'argomento trattato sia davvero molto importante e su di esso c'è tanta demagogia che va forse eliminata.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Votazione a scrutinio segreto

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 34.0.100, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Proclamo il risultato della votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

268

Senatori votanti

267

Maggioranza

134

Favorevoli

123

Contrari

129

Astenuti

15


PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

PERDUCA (PD). Signora Presidente, annuncio, anche a nome della senatrice Poretti, un voto contrario sul subemendamento presentato dalla Lega, proprio perché si tratta di questioni serie, come del resto avrebbero dovuto esserlo tutte quelle affrontate da questo disegno di legge.

Le varie questioni sono state invece affrontate utilizzando gli aspetti mediatici al fine di selezionare alcuni crimini rispetto ad altri, senza presentare proposte di legge organiche, com'è stato ricordato dai colleghi del Partito Democratico che si sono espressi in dissenso dall'orientamento del Gruppo.

Pertanto, proprio perché intendiamo raccogliere l'appello alla serietà testé formulato dal senatore D'Alia, annuncio un voto contrario e non di astensione. (Applausi della senatrice Poretti).

DELLA MONICA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

DELLA MONICA (PD). Signora Presidente, intervengo brevemente anche perché chiamata in causa in relazione ad emendamenti da me presentati ma che, per ragioni di salute, purtroppo non ho potuto sostenere.

A questo punto vorrei anch'io dichiarare, con grande dispiacere, che intendo votare in difformità dal Gruppo, non soltanto perché ritengo che la materia della custodia cautelare sia di estremo rilievo e costituzionalmente garantita e debba dunque essere affrontata in maniera organica e unitaria e non emotivamente, ma anche perché ritengo che proprio per i reati che riteniamo particolarmente gravi, quali lo stupro, sono stati respinti alcuni emendamenti che almeno giustificavano la possibilità di applicare una custodia obbligatoria prevedendo l'aumento della pena, le aggravanti, la possibilità di evitare il bilanciamento.

Pertanto, di fronte ad una situazione del genere, che dimostra un'irrazionalità complessiva nella valutazione della materia della libertà personale costituzionalmente garantita e degli interessi delle vittime oltre che degli stessi indagati, per cui di fatto vengono sostanzialmente violati principi costituzionali, ritengo che non si possa partecipare al voto su questo emendamento a meno che il Governo e i relatori, con un atto di responsabilità, invitino a ritirare questo emendamento.

[...]

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 37.100.

PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signora Presidente, abbiamo proposto di cancellare quest'articolo, perché - oltre a quanto già argomentato dalla senatrice Poretti in fase di illustrazione - riteniamo piuttosto pericoloso esternalizzare funzioni di polizia a privati, che non si riesce a capire poi come e su che cosa possano essere controllati nella gestione dei dati che sono chiamati a raccogliere e conservare per dieci anni.

A parte il lato relativo ai costi imputabili a questo tipo di operazione e a parte la privacy, qual è la garanzia che viene data circa il fatto che questi dati non rientrino in tutta una serie di commerci di dati sensibili, come quelli anagrafici, che ancora una volta sono al centro delle iniziative delle organizzazioni criminali?

Tutto ciò, secondo noi, dovrebbe sollecitare anche chi ha deciso di accettare questo pessimo articolo a ripensarci e votare a favore dell'emendamento in discorso.

[...]

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 39, sul quale sono stati presentati emendamenti e un ordine del giorno che invito i presentatori ad illustrare.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, anche in questo caso, il nostro primo emendamento propone la soppressione dell'articolo. Vi sono poi altri emendamenti che cercano in qualche modo di ridurre i danni che questa nuova norma comporterebbe, anzi, visti i risultati di tutte le altre votazioni, comporterà.

Abbiamo proposto una serie di modifiche perché con questo articolo viene stabilita una tassa di 200 euro anche per chi chiede il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Per noi questa misura è iniqua e illiberale. È inaccettabile, altresì, prevedere per il rilascio del permesso di soggiorno un test di conoscenza della lingua italiana per i soggiornanti di lungo periodo. Riteniamo che non si possa introdurre una norma di questo tipo senza specificare cosa si intende per test di conoscenza della lingua, vale a dire se uno deve saper leggere e anche scrivere e, soprattutto, se deve comprendere talmente bene la lingua da poter leggere il codice civile, il codice penale e la Costituzione.

Ricordo che l'Italia è un Paese che ha dato al mondo milioni e milioni di emigranti. Sarebbe interessante consultare alcune delle associazioni, che ancora oggi esistono, delle persone che all'inizio del secolo scorso sono emigrate verso le Americhe per farci raccontare che tipo di misure hanno trovato, se le hanno trovate. Certo, non sempre sono stati trattati bene, ma sicuramente non credo sarebbero stati contenti di dover acquisire nel giro di una settimana competenze linguistiche come quelle richieste.

Vi è anche l'estensione del periodo di permanenza in un centro di identificazione per immigrati dagli attuali 60 giorni fino a un massimo di 18 mesi, che costituisce, secondo noi (parlo anche a nome della senatrice Poretti), un vulnus ai diritti fondamentali della persona. Teniamo conto che si tratta di uomini, donne e bambini (che non sono esclusi da questa norma) innocenti.

Inoltre, alla lettera l), si prevede anche l'arresto obbligatorio nel caso di inottemperanza all'ordine di espulsione. Con quest'ultima norma siamo fuori dall'Europa in quanto, comunque, si inserisce surrettiziamente il reato di clandestinità. Sono previste poi ancora più tasse. In qualche modo si cerca di stigmatizzare sempre più l'immigrato come qualcuno da rimandare da dove è venuto.

Colgo l'occasione, poi ci tornerò sopra, per segnalare anche che tra gli emendamenti previsti all'articolo 39 ve n'è uno presentato dalla Lega, l'emendamento 39.306, volto a sopprimere il comma 5 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 286 del 1998, che sancisce il divieto di segnalazione alle autorità per il personale sanitario. Il comma 5 attualmente prevede che l'accesso alle strutture sanitarie, sia ospedaliere che territoriali, da parte dello straniero non in regola con le norme sul permesso di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione alle autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano. In casella tutti i senatori avranno trovato una lettera di Medici senza frontiere. Ritorneremo su tale questione perché è sicuramente gravissima. (Applausi della senatrice Poretti).

[...]

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, nella penultima fila del quadrante equivalente al mio dall'altra parte dell'Aula qualcuno sistematicamente vota per un assente. Chiedo la cortesia di far scendere il collega al banco sottostante per consentire a tutti di votare con maggiore tranquillità.

[...]


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