1.28.2009

Sulla ratifica della Convenzione Onu sulla disabilità

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, a me spiace dover iniziare il mio intervento con una piccola nota polemica, che sicuramente non ha niente di personale, riguardo al fatto che il relatore abbia deciso di rifarsi alla relazione scritta con riferimento ad un importantissimo documento - è stato testé ricordato - come la Convenzione sui diritti dei disabili. Ciò infatti toglie la possibilità di affrontare nel merito la questione a tutti i senatori che, nelle ultime settimane, non hanno avuto l'occasione di avere in Commissione il testo per un'analisi. E si privano gli italiani - che, grazie a Radio Radicale, seguono quotidianamente i lavori del nostro Parlamento - di ascoltare un minimo di informazioni sul merito di questo documento.

Mi permetto, quindi, di sostituirmi al relatore, nel ricordare alcuni dei punti fondamentali che vengono elencati all'articolo 3 di questa Convenzione. Si tratta, cioè, di dignità, autonomia e indipendenza delle persone con disabilità, non discriminazione, piena ed effettiva partecipazione ed inclusione nella società, rispetto delle differenze delle persone con disabilità, pari opportunità, accessibilità, parità di genere e rispetto per lo sviluppo e per l'identità dei bambini con disabilità, com'è stato ricordato nel precedente intervento. Attraverso questi aspetti si stabiliscono non solo nuovi diritti per persone con determinati problemi (la Convenzione elenca quali siano da ritenere le disabilità al centro di questo documento), ma si cerca anche di fare altro. Oltre al fatto che, da oggi, avremo - o dovremmo avere - a che fare con i disabili cittadini italiani o che si trovano nel territorio italiano, si cerca di creare le condizioni per cui finalmente - con la speranza che presto altri Paesi ratifichino questo tipo di documento - a questi milioni e milioni di persone si aggiungano anche le decine, centinaia e milioni di disabili che vivono nel mondo in via di sviluppo o povero.

Che cosa si intende fare, quindi, con questo documento? Si intendono abolire tutte quelle barriere che non consentono l'agire civile, politico, economico, sociale - e quindi anche culturale - di milioni e milioni di persone. Persone che in questi anni sono state tenute nel silenzio non soltanto da una serie di politiche che le hanno escluse dalla loro partecipazione attiva alla società, ma anche, com'è stato ricordato, da tutta una serie di comportamenti di tipo paternalistico, che includevano i disabili in una categoria indefinita di malati, verso i quali ci si doveva comportare in maniera commiserevole, senza mai riconoscere loro il benché minimo diritto.

Questa Convenzione dovrà poi essere non soltanto ratificata, ma anche inclusa nel nostro ordinamento. Per far ciò, non soltanto dovrà essere creato un organismo che viene chiamato Osservatorio, ma dovranno essere trovati anche fondi per poter finanziare le attività e tutte quelle misure necessarie a far godere pienamente i disabili dei diritti. Si tratterà quindi anche di compiere sforzi economici per finanziare tutte queste misure.

Se avessimo avuto la possibilità di ascoltare la relazione introduttiva, avremmo scoperto che l'Italia ha giocato un ruolo centrale nella scrittura di questo documento. Ho avuto modo di essere presente non soltanto alla fase finale dei negoziati del documento - quando rappresentavo il Partito Radicale transnazionale alle Nazioni Unite - ma anche quando il ministro Maroni, due legislature fa, ritirò il premio dal segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan. Il riconoscimento era dovuto al fatto che l'Italia era ritenuta un Paese all'avanguardia relativamente alle politiche in materia di disabilità. Ne rimasi sorpreso, perché da cittadino italiano non me ne ero accorto: poi, però, studiando la legislatura, in effetti così apparve.

Tali politiche in materia di disabilità, però, erano desunte - almeno dallo studio delle Nazioni Unite - da una rassegna delle nostre leggi. Ora, sappiamo che in Italia tra le leggi, le politiche e l'effettivo godimento dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali vi è spesso se non un oceano, sicuramente un mare. Ecco, questo mare, da quando è stato consegnato il premio al ministro Maroni (mi pare che fosse il 2005), non è stato colmato. Oltretutto, il premio consisteva anche in una somma di denaro, che se non sbaglio ammontava a 50.000 dollari. Ebbene, da allora, non soltanto non è stato utilizzato un solo dollaro di quei 50.000 che sono stati consegnati all'allora ministro Maroni, ma non si è trovato il modo di adottare una serie di misure che avrebbero dovuto iniziare ad abbattere le barriere che ancora separano i disabili dal pieno godimento dei diritti di cittadinanza.

Quindi la ratifica che ci apprestiamo a votare quest'oggi, che vede tutti noi favorevoli, nello spirito e nella lettera della Convenzione - forse un po' meno della legge di ratifica - dovrà dare il "la" ad una serie di stanziamenti finanziari relativi a misure che intendono in qualche modo recuperare il tempo perduto e, finalmente, riempire di fatti i proclami degli scorsi anni. Mi riferisco, ad esempio, al fatto che più volte, a legislature alterne mi verrebbe da dire, i Ministri dell'interno si sono impegnati a garantire il pieno godimento dei diritti di elettorato attivo dei disabili.

Ebbene, nessuna misura è stata ancora presa perché i disabili intrasportabili ed i malati gravi possano votare in occasione delle elezioni. Si tratta di una riforma che, secondo stime dell'Associazione Luca Coscioni, interesserebbe quasi un milione di persone, anche perché coinvolge la possibilità di partecipazione attiva non soltanto dei disabili, ma anche delle loro famiglie, nell'esercizio di un diritto fondamentale costituzionalmente garantito.

Occorre quindi che, immediatamente, considerando anche che molto presto vi sarà una tornata elettorale che interesserà il Parlamento europeo, molte Province ed alcuni Comuni, si finanzino tutte quelle strutture e misure necessarie per assicurare ai disabili il godimento del diritto di elettorato attivo.

Lo stesso dicasi per quanto riguarda la possibilità per i disabili di partecipare attivamente non soltanto alla vita civile, ma anche alla vita economica del Paese. Al riguardo esistono alcune proposte di legge. Ad esempio, grazie all'opera di Alessandro Frezzato, membro della giunta dell'Associazione Luca Coscioni, è stato più volte chiesto al ministro Brunetta che fine abbia fatto la firma elettronica, che potrebbe in qualche modo sveltire, oltre che garantire, la partecipazione dei disabili alla vita sociale ed economica del Paese. Tutto ciò ovviamente ha bisogno, oltre che di attenzioni e di grandi dichiarazioni in merito all'efficienza dell'amministrazione pubblica, anche di finanziamenti.

Esistono varie proposte - non ultime quelle della ex ministra Turco - in parte anche già finanziate (sull'esempio, tra l'altro, della Regione Lazio, quando era governatore il senatore Storace), rivolte proprio al finanziamento di una serie di attrezzature tecnologicamente avanzate, che diano la possibilità di esprimersi a chi dalla malattia o dalla disabilità è, ad esempio, reso muto. Ed è proprio attraverso questo tipo di tecnologie che nel 2000 ha iniziato a fare politica un italiano, che oggi non c'è più, che si chiamava Luca Coscioni, grazie al quale si è riusciti a far scoprire in questo Paese non soltanto l'esistenza di chi è disabile, ma anche la necessità di far progredire la ricerca scientifica in modo libero.

Tutte cose che, se fossimo stati dietro a chi era al Governo o in Parlamento in quegli anni, non avremmo sicuramente potuto guadagnare. Certo, abbiamo guadagnato una reazione di tipo teocratico, che ancora oggi caratterizza le gerarchie vaticane, e anche buona parte delle Aule del nostro Parlamento; ma gli italiani sicuramente sono stati toccati da quel tipo di partecipazione, da parte di un uomo che era stato, invece, reso muto dalla distrazione delle istituzioni internazionali.

Attraverso quello stesso tipo di dotazione tecnologica, ottenuta però tutta grazie a fondi privati, due anni fa Pergiorgio Welby è riuscito a lanciare un messaggio in ordine a questioni cose che sono in questo momento di grande attualità, anche considerato che ieri abbiamo iniziato a parlare - o meglio, ad evitare di parlare - della necessità di garantire ai cittadini italiani la possibilità di autodeterminazione. Piergiorgio Welby, grazie non al respiratore che voleva gli fosse tolto, ma ad una dotazione tecnologica rappresentata da un computer che scriveva rispondendo con grande attenzione al minimo movimento dei suoi arti superiori (si tratta dello stesso computer che negli ultimi giorni della sua vita aveva utilizzato anche Luca Coscioni, azionandolo con il movimento della sola palpebra dell'occhio), aveva dichiarato determinate volontà che poi, grazie a 90 giorni di sofferenze terribili, sono state portate a termine, attraverso una battaglia che non è stata vinta soltanto dal punto di vista popolare, ma che ha avuto importantissimi riconoscimenti anche dal punto di vista giurisdizionale.

La ministra Turco aveva stabilito che tutto questo potesse essere finanziato con 10 milioni di euro. Si tratta quindi di apportare delle modifiche al cosiddetto nomenclatore tariffario e finanziare finalmente la possibilità per decine di migliaia di cittadini italiani di parlare, di avere diritto di parola relativamente a ciò che loro accade come individui psicofisicamente intesi, ma anche come soggetti detentori di diritti.

Altro aspetto che credo debba essere preso immediatamente in considerazione dal momento in cui oggi ratificheremo questa Convenzione - e tutti ci auguriamo che avvenga con unanimità di consensi - sarà dare la possibilità agli individui, tanto quanto alle associazioni che rappresentano i disabili, di avere accesso alla RAI-Radio televisione italiana servizio pubblico. A maggio è scaduto il consiglio di amministrazione non ne è stato nominato uno nuovo; inoltre, ad oggi non c'è un organo parlamentare bicamerale che possa controllare il modo in cui il servizio radiotelevisivo opera e a questo riguardo chiederemo più avanti di aver lumi relativamente alla composizione della prossima Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

Per via delle suddette circostanze, non sono stati stabiliti gli spazi minimi che vengono garantiti alle associazioni che trattano varie problematiche e, a fronte di una denuncia dei radicali italiani, la RAI ha risposto che, mancando l'organo di vigilanza, non è tenuta ad adottare i regolamenti che consentano a tali associazioni, al pari delle tribune politiche organizzate durante l'anno, di avere accesso alla radio e alla televisione. Si noti che tali trasmissioni non servono a far propaganda elettorale a chi vi partecipa, ma intendono sollevare determinate questioni. A questo proposito, abbiamo cercato di stilare un minimo elenco di tutto ciò che è rimasto sistematicamente escluso da questo tipo di tematiche.

Ho lamentato la mancanza di una relazione, perché nel disegno di legge che accompagna la proposta di ratifica di questa Convenzione internazionale, abbiamo scoperto che il Governo ha deciso di tradurre un auspicio presente all'interno della Convenzione stessa, con la creazione di un Osservatorio che dovrebbe contare 40 membri.

Per considerare quali sono le finalità della Convenzione, credo che si possano utilmente leggere alcuni passaggi della stessa per capire quale spirito abbia animato l'Italia in prima persona, attraverso l'opera della delegazione della Farnesina, integrata dai rappresentanti delle maggiori organizzazioni dei disabili, che ha seguito quotidianamente i negoziati. In essa si sottolinea infatti che ogni individuo, in ragione dei propri obblighi nei confronti degli altri individui delle comunità di appartenenza, ha una responsabilità propria per la promozione e per l'osservanza dei diritti riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dei patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali. Si riconosce pertanto questa responsabilità di tutti gli appartenenti alla comunità umana.

Vorrei poi leggere soltanto l'articolo 1 della Convenzione, che identifica in primo luogo il fine di questo documento: «Scopo della presente Convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità». Il comma 2 dello stesso articolo afferma che: «Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possano ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con altri».

Ebbene, il nostro Governo nel disegno di legge di ratifica ha posto sotto tutela tutte queste persone che sono al centro della Convenzione, in quanto vorrebbe creare (insieme alle senatrici Poretti e Bonino ho presentato degli emendamenti al riguardo) un osservatorio formato da quaranta componenti per mettere sotto tutela i disabili. Ma questo provvedimento prevede non soltanto che solo una minima parte di disabili sia all'interno di tale organismo, ma anche che, laddove li si includa, si escluda la democrazia, perché l'osservatorio verrebbe presieduto da qualcuno nominato dal Ministro del lavoro. Così facendo si finisce con il mettere sotto tutela doppiamente il disabile - mi verrebbe da dire, recuperando tutto il paternalismo degli anni passati, poverino - giacché non soltanto deve essere rappresentato in termini di unità all'interno di questo soviet supremo della disabilità, ma non gli si dà nemmeno la possibilità di eleggere chi, in qualche modo, dovrà presiedere tale organo di monitoraggio.

Ciliegina sulla torta: questo soviet verrà finanziato con i soldi che saranno prelevati dalla legge n. 328 del 2000, va a dire la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Quest'ultima, all'articolo 20, creava un Fondo nazionale per le politiche sociali. Precisamente il comma 1 di questo articolo recita: «Per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale, lo Stato ripartisce le risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali». E noi a questo andiamo a sottrarre mezzo milione di euro.

Ora, se lo spirito e la lettera della Convenzione internazionale dei diritti dei disabili volevano includere questi soggetti, abbattendo tutte le barriere non soltanto culturali (che risulta abbastanza difficile attraverso una legge), ma anche economiche e sociali che si frappongono al pieno godimento dei diritti dei disabili in Italia, con la creazione di questo osservatorio mi sembra si sia compiuto il primo passo nella direzione opposta, la direzione del passato. In sostanza, non soltanto si mette nuovamente sotto tutela il disabile, ma lo si priva anche delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali che dovrebbero essere destinate, invece, a farlo vivere in maniera indipendente.

In Aula è presente il sottosegretario Mantica, al quale abbiamo già fatto conoscere alcune riserve in merito a tutta un'altra serie di trattati e documenti internazionali, primo fra tutti il Trattato di amicizia Italia-Libia. Oggi spero che nel momento in cui si esamineranno l'ordine del giorno presentato dai colleghi del Partito Democratico e gli emendamenti presentati dalla delegazione radicale dello stesso il Governo dia un segnale di discontinuità. Non soltanto vorremmo ridurre la composizione di questo osservatorio, ma anche tagliare i fondi ad esso destinati, dedicando gli stessi non tanto all'istituzione dell'organismo in quanto tale, quanto alle attività che esso vorrà realizzare nell'espletamento delle sue funzioni.

In conclusione, il voto sarà chiaramente favorevole all'approvazione della ratifica, con tutti questi rilievi.

Notiamo che, malgrado le dichiarazioni rese durante l'estate nel corso della partecipazione del nostro Governo all'apertura dell'Assemblea generale, non è stata colta quell'occasione per depositare gli strumenti di ratifica o comunque per annunciare i tempi certi che sarebbero stati utilizzati per incorporare questa Convenzione nella nostra legislazione. Spero che adesso si faccia tesoro anche delle opinioni di chi, come noi radicali, da anni si batte perché i disabili possano godere pienamente di tutti i loro diritti e non è dedito alla pratica della morte a tutti i costi, come invece si legge in certi comunicati di rappresentanti del Popolo delle libertà. Auspichiamo che si assumano scelte volte ad applicare queste misure internazionali nel nostro sistema nazionale, di segno diverso rispetto a tutto ciò che, invece, ha caratterizzato le politiche sociali e sanitarie di questo Governo. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

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