11.27.2008

Sull'università

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, oggi ci troviamo a convertire in legge un decreto che reca disposizioni urgenti per il diritto allo studio. Ebbene, sono urgenti perché - come è stato sottolineato in tutti gli interventi dell'opposizione - si vuole dare una qualche giustificazione ai tagli che sono stati inclusi nel disegno di legge finanziaria, ma non sono assolutamente provvedimenti necessari a fare tutto quello che invece è emerso dagli interventi dei rappresentanti della maggioranza, a cominciare dal relatore.

Infatti, la madre di tutte le battaglie, se si vuole parlare di riforma invece che di mero aggiustamento di decisioni relative a quella che oggi ahinoi continua ad essere chiamata governance, che è qualcosa che attiene al dominio dell'amministrazione e non al dominio retorico della politica (che è ben altra cosa, cioè prendere delle decisioni radicali di vera e propria riforma), è l'abolizione del valore legale dei titoli di studio.

Senza questo tutto il resto, la mancanza di responsabilità o di controllo della spesa, sono vana coloritura di misure totalmente inesistenti e sicuramente inefficaci dal punto di vista del cambiamento nel nostro sistema universitario.

Presidenza della vice presidente MAURO (ore 12,15)

(Segue PERDUCA). Sono convinto che il senatore Compagna si riferisse alla prima Guerra di Indocina, quando lui aveva vent'anni e vendeva i datzebao: allora si fece lo sbaglio di non prendere in considerazione, da parte americana, un Ho Chi Minh che diceva «aiutatemi» in chiave antisovietica e si preferì allearsi con un antidemocratico per sconfiggere i comunisti.

Ebbene, oggi si rischia di fare la stessa cosa: non si prende in considerazione ciò che invece è fondamentale, ossia includereall'interno dell'università italiana la libertà. Prima libertà tra tutte è quella dello studente di poter scegliere un'offerta - che allo stato attuale credo debba rimanere, nella stragrande maggioranza dei casi, pubblica, ma poi potrà essere in un contesto di concorrenza - di dove andare a studiare perché vuole ricevere non un pezzo di carta, ma una educazione di grande qualità, che gli consenta di far carriera all'interno dell'università, al di fuori di essa e magari anche al di fuori del nostro Paese.

È stato portato l'esempio della mancanza di docenti di portoghese per tenere concorsi relativamente a questa materia e si è detto che non si possono mandare insegnanti di spagnolo a effettuare questo tipo di selezioni. Ricordo che siamo uno dei 27 membri dell'Unione europea: perché non prendere in considerazione la possibilità di rivolgersi al Portogallo per far arrivare professori che sicuramente meglio di altri possano valutare la qualità della competenza linguistica di chi in quella materia si dovrà addottorare o ottenere una cattedra?

Va tenuto conto dell'intero processo di internazionalizzazione delle nostre università, perché, malgrado questo, magari perché i peggiori maestri restano comunque i migliori (e qui parlo non di professori, ma di un sistema anchilosato al 1836), solo attraverso una partecipazione ampia all'interno del contestodell'Unione europea possiamo non soltanto arricchirci dell'esperienza degli altri Paesi, ma anche aumentare la qualità della nostra stessauniversità per quanto riguarda sia il reclutamento, che la valutazione finale.

Tutto ciò, all'interno di queste norme di provvedimenti urgenti, non c'è. Tuttavia, non mi pare, ahimè, che sia emerso anche dal dibattito che si speri in un futuro di poter affrontare alla radice i problemi dell'università. Pertanto, il nostro voto su questo tipo di testo, che sarà purtroppo, credo, emendato molto poco nel prosieguo del nostro dibattito, è totalmente contrario, proprio perché si continua a volare basso e volando basso non si fa l'interesse di nessuno.

Ho sentito parlare anche di misure relative al rientro in Italia dei cosiddetti cervelli che sono stati costretti a fuggire: bene, spero che quando si parlerà di una riforma più organica di questa - che però non può non partire dall'abolizione del valore legale dei titoli di studio - si ascoltino questi cervelli e si faccia capire ai nostri cervelli - e ce ne sono in Italia - quali sono le condizioni che questi avrebbero studiando o lavorando all'estero e quali invece sono quelle che si vanno ad offrire a coloro che si verrebbero far rientrare in Italia a 1.800 euro al mese. (Applausi delle senatrici Poretti e Biondelli).

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