7.24.2008

Sul bilancio del Senato

PERDUCA (PD). Signor Presidente, desidero innanzi tutto aggiungere la mia firma agli ordini del giorno G9 e G10, di cui è prima firmataria la senatrice Ghedini, e agli ordini del giorno G1 e G2 del senatore Paravia, perché mi pare che contengano molte delle preoccupazioni che dovrebbero essere al centro del nostro dibattito odierno.

Ringrazio il senatore Paravia per avere ricordato che i radicali non c'erano in Senato nella scorsa legislatura, ma preciso che ciò è avvenuto non perché non fossero stati eletti. Infatti, otto senatori legalmente eletti, nella scorsa legislatura, non sono entrati in quest'Aula a causa di un'interpretazione della legge elettorale stabilita dall'uscente Ministro dell'interno: quattro di questi sarebbero stati della Rosa nel pugno, due di questi in quota radicale.

Con ciò non soltanto voglio dire che non esiste un personale da imputare ai radicali eletti, ma intendo precisare che, al centro delle questioni che i colleghi intervenuti prima di me hanno voluto evidenziare, c'è un problema che è stato definito di mancanza di trasparenza, di mancanza di certezza di alcuni tipi di procedure, ma che forse andrebbe qualificato in maniera diversa, e cioè una mancanza crescente di democrazia in questo Paese.

Il senatore Morando ci ha ricordato che il libro «La casta», di Rizzo e Stella, che oggi sul «Corriere della Sera» ancora una volta fanno le pulci al bilancio del Senato, è stato per mesi in testa alle classifiche di vendita della saggistica in Italia. Credo che però, oltre a quel libro, vada letto anche quello scritto dagli ex senatori Salvi e Villone, «Il costo della democrazia», al quale però forse bisognerebbe cambiare titolo. Ciò che emerge da quelle denunce, infatti, riguarda non tanto i costi della democrazia quanto i costi della non democrazia. È una non democrazia che viene alimentata nel popolo male informato da una RAI-TV, che non ha un consiglio di amministrazione eletto dal 31 maggio, e dagli altri mezzi di comunicazione che si sono coalizzati a vero e proprio partito della disinformazione pubblica. In questa situazione, il popolo reagisce con la cosiddetta antipolitica, ma i politici non reagiscono con la richiesta e la pratica della democrazia, a partire dall'interno delle Aule dove dovrebbero lavorare quotidianamente.

Gli ordini del giorno che abbiamo presentato cercano di recuperare, se non altro, un minimo di trasparenza in relazione al lavoro del parlamentare (lo si è visto anche in alcune parti del bilancio). In essi, si chiede in particolare che si potenzi quanto più possibile il sito Internet del Senato, che già contiene alcuni dati relativi all'attività dei parlamentari, ma che - per il formato con cui essi sono pubblicati - non rende possibile aggregarli, analizzarli e renderli fruibili a tutti i cittadini italiani, in modo che questi possano capire se e quanto si frequentano l'Aula e le Commissioni, quanti e quali disegni di legge e strumenti del sindacato ispettivo vengono presentati, quali interventi vengono fatti in Commissione e in Aula.

Con questi dati, si ritiene di poter sapere (considerato che, come è stato ricordato più volte, questo Parlamento gode dei più alti stipendi in Europa e probabilmente nel mondo) che cosa fanno gli eletti dal popolo e, di conseguenza, di potersi orientare eventualmente un domani nel confermare loro la fiducia data alle elezioni.

Ora tutto questo, però, in virtù della premessa che ho fatto, rischia di essere un ragionamento di tipo esclusivamente teorico perché - lo ha ricordato il senatore Morando nel suo intervento - questo è un Parlamento composto di nominati e non di eletti: nominati dai capi di partito e, in alcuni casi, anche dai capi di governi ombra o al sole, persone che non sono state scelte direttamente dai cittadini, ma dalle oligarchie dei partiti politici. Quindi, il popolo sovrano è stato chiamato a ratificare questo tipo di nomine.

Ebbene, mancando la possibilità, per gli italiani, di scegliere individualmente chi mandare in Parlamento, perché manca il federalismo, perché manca un sistema politico che avvicini quanto più possibile l'elettorato attivo a quello passivo, almeno di sappia cosa fanno i nominati all'interno del Parlamento. E questo non soltanto laddove oggi esiste - ad esempio, grazie al sito del Senato, ma anche a Radio radicale - la possibilità di ascoltare che cosa viene detto in tutto e per tutto, ma anche all'interno delle Commissioni dove - e le ringraziamo per il lavoro svolto - esiste esclusivamente il resoconto sommario.

Nelle Commissioni si svolgono i dibattiti più approfonditi relativamente alle singole materie, con interventi che spesso superano la mezz'ora, che vengono riassunti in un paragrafo o due. A questo punto, visto che non esiste la democrazia e considerato che comunque, grazie al premio di maggioranza, è praticamente bloccato tutto a seconda del risultato elettorale, per cui si viene a votare contro quel che ci viene imposto dal Governo attraverso i Gruppi parlamentari di maggioranza, almeno si goda della possibilità di poter avere nozione del contribuito specifico, generale e anche politico fornito laddove il dibattito è consentito, in quanto non vincolato al voto, e cioè nelle Commissioni. Oggi col resoconto sommario tutto ciò non avviene.

La tecnologia - mi riferisco alla messa in onda, se non altro audio, dei lavori di tutte le Commissioni - potrebbe dare un primo segnale di trasparenza. Tecnologia, che aggiunta ad altra tecnologia, con lo sbobinamento automatico della seduta, potrebbe facilitare anche il lavoro degli stenografi, consentendo ancora una volta al sito Internet del Senato di fungere da vetrina di ciò che i nominati al Parlamento fanno quotidianamente.

Relativamente al bilancio del Senato, credo che potrebbero essere applicati gli stessi principi di ragionamento. Proprio perché è cresciuta l'attenzione pubblica (magari suscitata più da necessità di vendetta o di svergognamento nei confronti della casta dei politici) su ciò che avviene dentro queste sale, perché non pubblicare il bilancio del Senato con ampio anticipo rispetto al dibattito e alla sua adozione sul sito Internet, dando la possibilità a chi ha la curiosità e le competenze di fare, come si suol dire, le pulci a tutto ciò che esce da quest'Aula, con la possibilità di entrare in relazione (chiaramente in via informale, senza istituzionalizzazioni) con le competenti Commissioni, al fine di predisporre delle osservazioni, di avanzare delle critiche, di presentare dei suggerimenti specifici?

Leggo all'interno del documento che si sta cercando di promuovere quanto più possibile i programmi di tipo open source, cioè a codice aperto. Personalmente, magari anche ideologicamente, sarei più a favore del cosiddetto software libero, per cui gratuitamente si scaricano programmi che altrettanto gratuitamente possono essere gestiti dalle competenze che esistono all'interno del Senato, senza dover pagare fior fiore di milioni di licenze non soltanto per acquisirli, ma anche per gestirli, elaborarli ed adattarli alle esigenze del Senato stesso.

Open source, però, è anche un modus operandi, per cui si fa conoscere ciò che si è prodotto, con la speranza che chi contribuisce - chiaramente non per distruggere ciò che si è creato - faccia migliorare il programma quotidianamente. Questo dovrebbe essere, forse in maniera un po' ingenua e superficiale, il nostro agire politico.

Se si riesce a iniziare a sostituire alla mancanza di democrazia la possibilità, se non altro, di interazione con il cittadino che conosce, sa e vuole partecipare, almeno dal punto di vista tecnologico potremmo aver compiuto un passo avanti.

La mancanza di tempo, però, per studiare le pagine di un bilancio che è stato ricordato essere di oltre mezzo miliardo di euro è un limite a cui dobbiamo porre rimedio per il bilancio dell'anno prossimo. Non ritengo, infatti, che si possa licenziare a cuor leggero la politica immobiliare del Senato.

L'anno scorso era stata inclusa, all'interno della relazione, la possibilità di acquisizione di un immobile nei pressi di piazza del Pantheon, immobile che oggi ha finalmente un nome: è quello sito a largo Toniolo. L'anno scorso ci era stato detto che, informalmente, il Comune di Roma aveva comunicato che avrebbe deliberato il cambio di destinazione d'uso. Il sottoscritto, insieme all'allora consigliere della Rosa nel Pugno Mario Staderini, fece una manifestazione davanti a largo Toniolo all'inizio dell'anno, chiedendo la ragione della necessità di aggiungere altri locali a un Parlamento che ne ha già a sufficienza, siti in un centro storico che continua a espellere i propri abitanti per dare posto agli uffici di un Parlamento che lavora quanto lavora (anche se non si sa quanto lavora perché, come dicevo prima, il cittadino non può controllare in effetti quanto il Parlamento lavora).

Nella relazione di quest'anno si dice che si spera di poter avviare quanto prima i lavori di ristrutturazione di questo stabile sito in largo Toniolo, ma non c'è notizia riguardo a quella comunicazione informale data dal Comune di Roma relativamente al cambio di destinazione d'uso: tale comunicazione c'è stata o no? Per quanto ne so io, grazie a Mario Staderini, essa non c'è stata. È possibile pensare di includere all'interno di un bilancio l'avvio di un lavoro di ristrutturazione di un immobile che non ha la delibera formale? Se la delibera formale esiste, avrebbe dovuto essere stata comunicata in tempo debito e distribuita a tutti. Vedo teste che annuiscono. Benissimo, che si acquisca perché la ritengo di fondamentale importanza.

Altrettanto dicasi per un altro immobile - mi riferisco al complesso di Santa Maria in Aquiro - dove i cantieri sono ugualmente bloccati. Oggi ci è stato detto che sono diminuiti i Gruppi parlamentari e vi sono locali vuoti che potrebbero essere utilizzati. Allora mi domando: in un contesto romano dove l'emergenza alloggi è giunta ai limiti della intolleranza, è possibile che il Senato debba investire denaro per continuare ad acquisire immobili da utilizzare come uffici?

Avremmo avuto bisogno di più tempo per analizzare il bilancio e non parlo di giorni, in quanto ritengo che almeno un mese dovrebbe essere il tempo minimo necessario per studiare l'intero contenuto del bilancio. Infatti, un conto è studiare ed un conto è dibattere, ma nella fase dallo studio al dibattito vi potrebbe essere un'ulteriore richiesta di approfondimento e informazione, fondamentale per chi si interessa di tali questioni.

Per questa ragione, aggiungo la mia firma agli ordini del giorno presentati dal senatore Paravia, in quanto ritengo che riorganizzare il modo con cui si affrontano tali questioni sia di fondamentale importanza. (Applausi dei senatori Del Vecchio e Marcenaro).

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