Sono 10 anni che i radicali lavorano perche' le politiche internazionali di eradicazione delle colture in Afghanistan vengano riviste drasticamente e da sempre cercano un confronto nel merito con le agenzie competenti delle Nazioni unite e i vari stati membri dell'Onu. Qui tutti i documenti ufficiali e non sulla questione.
Finalmente, tanto tono' che piovve e ce n'era veramente di bisogno di questa acqua radicale e riformatrice. Da mesi si andava leggendo di proposte di conferenze internazionali per la Pace in Afghanistan e di cambi di rotta che potessero incanalare sul versante civile la presenza militare italiana in quel paese ma mai si era sentito avanzare una minima proposta di reale ed efficace discontinuita' con quando avanzato e adottato in passato a Berlino nel 2001 e a Londra nel 2006.
Ogni conferenza di pace che si rispetti, e purtroppo a oggi ve ne sono state pochissime degne di esser rispettate, dovrebbe invitare al tavolo delle trattative i belligeranti, nel caso dell'Afghanistan non mi pare che vi sia, e meno male!, l'intenzione di convocare talebani e "qaedisti", chi va piuttosto incluso nei negoziati e' il buon senso che purtroppo pare scarseggiare in diverse capitali tranne, da ieri, a Roma.
A parte le patetiche dichiarazioni dei Gasparri o Calderoli di turno ieri alla Camera, il vero problema e' rappresentanto dalla rigidita' ideologica dei gestori dell'Ufficio dell'Onu sulla droga e il crimine diretto a Vienna da Antonio Maria Costa che insiste con la linea tracciata da Pino Arlacchi, suo predecessore all'UNODC, del massimo investimento nell'eradicazione delle colture illegali anche laddove, Colombia e Afghanistan in testa, esse sono parte integrata di conflitti armati.
Quando intorno al 1996-97 i talebani erano alle prime armi e controllavano solo il sud del paese, la zona dove da sempre, anche se la coltura del papavero non e' tradizionale in Afghanistan, si coltiva la pianta, Arlacchi mando' un emissario per patteggiare col Mullah Omar uno schema che prevedeva il riconoscimento da parte delle Nazioni unite della legittimita' e legalita' del Governo talebano dell'Afghanistan, in cambio della totale eradicazione delle piantagioni di papavero. Solo l'arresto di Emma Bonino nell'autunno del 1998, e una sua campagna contro tale iniziativa intitolata "Un fiore per le donne di Kabul" riuscirono a guadagnare il sostegno di Madeleine Albright e scongiurare la ratifica del progetto.
Da ieri si potrebbe aprire una nuova fase, si trattera' di allaragare piu' che le intese nazionali, quelle internazionali, ma intanto s'e' rotto il muro del silenzio.
7 comments:
essì...speriamo che finalmente si affronti il problema senza preconcetti ideologico-moraleggianti.
fatelo sapere ai ragazzi della CdL ;)
ma anche ai giornalisti...stamattina a radio 24 prsentavano la cosa come "la proposta della sinistra radicale". Com'è che dici ogni tanto? ANNAMOBBENE
bhe se lo stronzone che ha detto cio' e' quella sola di cruciano annamoveramentebbene!!!
no, sennò lo telefonavo in diretta e gliele cantavo. Purtroppo era una speaker del notiziario
Io in ogni caso metto 100 euro per comprare l'oppio afghano
bravo rivoltoso li investi iscrivendoti alla lega internazionale antiproibizionista
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