7.28.2006

Discontinuita' in Afghanistan

Adesso che la presenza civile e militare in Afganistan dell'Italia è stata confermata, Roma dovrebbe tentare di coinvolgere i propri partner europei in un'ampia revisione e riorganizzazione delle priorità e degli investimenti umani e finanziari destinati alla cosiddetta eradicazione delle colture illecite (papaverum sonniferum).

Come sostenuto da Emma Bonino nella sua relazione conclusiva della presenza della missione dell'UE di monitoraggio delle elezioni parlamentari afgane dell'autunno 2005 da lei guidata e più recentemente ricordato dal Ministro Giuliano Amato, la comunità internazionale, dopo anni di fallimentari e aggressive politiche di riduzione dell'offerta di sostanze stupefacenti, dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di concedere all'Afganistan la produzione legale di quote di oppio per fini medico-scientifici come peraltro previsto dalla Convenzione unica delle Nazioni unite in materia di sostanze psicotrope del 1961.

Da oltre quarant'anni un'interpretazione restrittiva a dogmatica delle Convenzioni ONU ha promosso la proibizione come l'unica misura possibile per il "controllo delle sostanze stupefacenti". Contrariamente a quanto sistematicamente affermato dai vari direttori dell'Ufficio di Vienna per il controllo delle droghe e il crimine (UNODC) - da sempre nominati dal Governo italiano - l'arsenale legale proibizionista potrebbe offrire già oggi delle vie d'uscita, di "riduzione del danno" dall'impasse nel quale si trova il sistema globale "anti-droga".

Infatti, l'articolo 22 della Convenzione Unica dell'Onu sulle Sostanze Narcotiche e Psicotrope del 1961 dichiara che "quando le condizioni di un paese o territorio rendono la proibizione della coltivazione di papavero da oppio la misura più adeguata per proteggere la sanità pubblica e il benessere economico, e per impedire la deviazione di droghe nel traffico illecito, la Stato parte interessato ne può proibirà la coltivazione". Sebbene l'Afganistan sia firmatario di detta Convenzione, per la sua storia di conflitti e l'attuale pressoché totale mancanza di infrastrutture (nonché di nozione o cultura dello "stato di diritto) esso non può essere ritenuto nelle condizioni politico-economiche e legale tali da far ritenere la proibizione di papavero "la misura più adeguata" per controllare il fenomeno.

In aggiunta alle problematiche legate al contesto generale del paese e alle ripercussione geopolitiche che un ritorno al caos dell'Afganistan potrebbe comportare, esistono ulteriori argomentazioni a favore di una promozione di misure e politiche diametralmente opposte a quanto fino a oggi portato avanti dall'Italia, dall'UE e dalle Nazioni unite in quel paese, questo approccio alternativo potrebbe trovare in una diversa gestione del problema "oppio" una vera e propria chiave di volta.

La coltivazione di oppio per fini medici e scientifici è legale in Francia, Ungheria, Spagna, Australia, India e Turchia, tale produzione avviene industrialmente su licenza rilasciata dalle Nazioni unite al fine di provvedere il rifornimento del mercato degli antidolorifici. In base alla quantità prodotta da India e Turchia al momento dell'adozione della Convenzione del 1961, questi due paesi si spartiscono "tradizionalmente" circa l'80% della produzione lecita dell'oppio per morfina e codeina. Nonostante negli ultimi anni le licenze di produzione legale siano state concesse ad altri paesi, l'offerta di oppio a fini medico-scientifici non riesce a coprire la crescente richiesta di oppiacei per terapie del dolore. Infatti, nel maggio 2005, parlando alla 58esima sessione della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il Prof. Hamid Ghodse, Presidente della Giunta Internazionale per il Controllo dei Narcotici (INCB), ha sottolineato la carenza di sostanze essenziali e necessarie per trattamenti medici o ricerche scientifiche.

Gli ultimi dati affidabili raccolti dall'INCB nel 2003 segnalano che in sei paesi si consuma il 79% della produzione globale di morfina, mentre i paesi in via di sviluppo, che rappresentano circa l'80% della popolazione mondiale, "equivalgono solo al 6% del consumo globale di morfina".

Il Presidente dell'INCB ha più volte sostenuto che tale scarsità si tradurrà nella "incapacità di molti governi di fornire un'adeguata assistenza alle migliaia di pazienti affetti da cancro o AIDS" condannando quindi migliaia di persone a una morte atroce in atroci sofferenze.

Secondo le più recenti previsioni dell'OMS, entro il 2015 vi saranno 10 milioni di casi di cancro all'anno nei paesi in via di sviluppo e che, se in questi paesi non verrà migliorata la disponibilità e l'approvvigionamento di sostanze, la mancanza di oppiacei e altri analgesici sarà causa di inutili ed evitabili terribili sofferenze.

Secondo l'INCB le conseguenze dell'attuale scarsità di oppiacei si potranno "aggravare nel corso di crisi, siano esse umanitarie o legate a disastri naturali (come lo Tsunami del dicembre 2004), dato che certe sostanze essenziali fanno parte dei prodotti necessari per cure di primo soccorso che dovrebbero essere disponibili in qualsiasi momento e nelle dosi adeguate per far fronte ai bisogni medici della maggioranza della popolazione".

Va inoltre notato che la morfina è una delle sostanze sulla "Lista delle Droghe Essenziali" redatta dall'OMS in quanto analgesico fondamentale per le terapie del dolore.

Secondo l'UNODC la produzione corrente di oppio legale è approssimativamente di 400-500 tonnellate (di morfina equivalente) e che le scorte mondiali di oppio legale sono cresciute negli ultimi anni dalle 400 tonnellate del 2000 fino alle oltre 850 del 2003. Malgrado il raddoppio delle quote persiste una scarsa disponibilità di oppiacei leciti nel mondo.

Le cifre fornite dall'Onu tengono in considerazione soltanto la distribuzione per il mercato della terapie del dolore, come evidenziato dall'INCB, ma non vengono mai messe in relazione con le percentuali e la distribuzione geografica della disponibilità della morfina nel mondo. Inoltre, esse non tengono in considerazion la possibilità di avviare qui programmi di distribuzione di eroina sotto stretto controllo medico, che stanno dando risultati incoraggianti in alcuni paesi dell'UE e che rappresentano un successo decennale consolidato in Svizzera. Va notato inoltre che i Paesi bassi hanno avviato le pratiche per registrare l'eroina come medicina (per consentirne la prescrizione sotto stretto controllo del medico curante).

A fronte della possibilità di utilizzo non "narcotico" di molte delle piante contenute nella tabella 1 della Convenzione del 1961, la loro produzione resta illegale nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo imponendo un regime di proibizione che non solo aggiunge un valore economico straordinario a piante di per sé non pregiate o rare ma si estende ad aspetti sociali, culturali e tradizionali con devastanti ripercussioni politiche ed economiche per gli abitanti dei paesi in questione, Afganistan e Colombia su tutti.

Nonostante una leggera riduzione nelle aree adibite alla produzione di papavero, la produzione complessiva dell'Afganistan per il 2005, confermata nel recente Rapporto mondiale sulle droghe del 2006, è stimata intorno alle 4.100 tonnellate - una diminuzione minima rispetto alle 4.200 prodotte nel 2004. Quindi, sebbene siano stati aumentati gli sforzi internazionali, ed europei in particolare col Regno unito capofila, per sradicare le coltivazioni di papavero, l'Afganistan resta il principale fornitore di oppio con circa l'87% della produzione mondiale.

Sebbene sia da rilevare che molte delle organizzazioni non-governative, anche italiane, presenti nel paese raramente affrontino in maniera anti-convenzionale, se non anti-proibizionista, il problema della produzione illecita dell'oppio, va notato che nel marzo del 2005, in occasione della 48esima sessione della Commissione Onu sugli stupefacenti, il think tank inglese "Senlis Council" ha annunciato la preparazione di uno "Studio di fattibilità per fornire licenze legali per la produzione di oppio, morfina e altri medicinali essenziali in Afganistan". Di concerto con quanto proposto dalla Croce Rossa italiana e dal suo Presidente Massimo Barra, che ha incluso la "riduzione del danno" tra le misure promosse e sostenute dalla Croce Rossa, occorrerebbe prendere in considerazione il sostegno scientifico, magari in seno al Congresso Mondiale, e politico, sensibilizzando il Governo italiano, affinché si possa arrivare al lancio di un progetto pilota di produzione legale di oppio in Afganistan sotto la stretta supervisione dei partner internazionali presenti e attivi nella ricostruzione del paese.

Negli ultimi quattro anni, l'Afganistan ha affrontato cambiamenti profondi che hanno dato il via a un minimo di ricostruzione di un paese distrutto dall'occupazione straniera, dalla guerra civile e dalla presenza di ogni sorta di estremismo, gli incoraggianti progressi riguardanti l'apertura della società civile afgana e la creazione di istituzioni democratiche oggi permettono una maggiore partecipazione popolare anche in un contesto in cui continua un'impressionante produzione di oppio destinato alla produzione di eroina illegale destinata innanzitutto al mercato europeo.

Le istituzioni europee, nell'assistere politicamente e finanziariamente i paesi in via di sviluppo dovrebbero, magari a partire proprio dalla situazione afghana, adottare un approcci politico pragmatico e creativi per tentare di bilanciare il rispetto delle norme internazionali con la possibilità di riformare "le regole del gioco" dato che, come nel caso delle sostanze stupefacenti, le norme stesse hanno dimostrato con decenni di fallimenti di essere l'ostacolo maggiore al loro "governo" - nonché al benessere di milioni di persone.

Nel caso dell'Afganistan la possibilità di accedere al mercato legale dell'oppio potrebbe rappresentare una pietra angolare per il futuro politico ed economico dell'Afganistan.

Pur mantenendo una critica strutturale dell'impianto costituito dalle tre Convenzioni ONU in materia di sostanze stupefacenti, nell'immediato si potrebbe passare a un'interpretazione benigna e creativa delle stesse per cercare di ridurre i fallimenti del "controllo" internazionale delle "droghe" al fine di arrivare a porre l'individuo, la sua salute e il suo benessere, al centro di una nuova cornice legale internazionale che annulli la criminalizzazione dei comportamenti non-violenti favorendo l'affermazione delle scelte individuali in un quadro legale che tuteli i diritti civili e politici di ciascuno.

Alcuni possibili iniziative potrebbero essere rivolte:

Alla Giunta Internazionale per il Controllo dei Narcotici (INCB), all'Ufficio Onu sulle droghe e il Crimine (UNODC), alla Commissione Onu sui Narcotici e al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni unite e Organizzazione Mondiale della Sanità affinché prendano in considerazione lo "Studio sulla Praticabilità di Licenze per la Produzione di Oppio, Morfina e Altri Medicinali Essenziali in Afganistan" e le sue implicazioni a livello nazionale e internazionale con lo scopo di consentire al governo di Kabul di ottenere una fetta del mercato legale di oppio;

- alla Commissione Europea, nella figura dei Commissari per gli affari esteri, giustizia e interni e sanità, e al Consiglio dei Ministri euoropei affinché si impegnino non solo a produrre un giudizio complessivo sulle implicazioni e dei costi politico-economici dell'attuale regime di "controllo della droga", ma anche a pronunciarsi senza indugio in merito alla possibilità di avviare dei progetti pilota di produzione legale di oppio in Afganistan e sostenerne gli sforzi economici;

- alla comunità scientifica affinché contribuisca in maniera fattiva alla promozione delle terapie del dolore e alla proposta di consentire la produzione legale di oppio in Afganistan.

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