6.09.2018

ci vuole più Europa in Più Europa, ovvero lasciate stare i bilancini dello statuto, Dio Bonino!

ci vuole più Europa in Più Europa, ovvero lasciate stare i bilancini dello statuto, Dio Bonino!

Non rinvenendo motivi sufficienti per non rompere i coglioni, dedicherò, buon ultimo, qualche riga allo "stato dell'arte" di Più Europa.

Mi scuso de antemano, ma deluderò quelli che (a tratti par di capire molti) si aspettano critiche feroci a questo o quello. Conosco poco quel che in effetti sta accadendo all'interno dell'assemblea dei soggetti costituenti e del comitato dei saggi, quindi non intendo avventurarmi in ricostruzioni per sentito dire.

Al contrario, conosco buona parte dei coinvolti e posso immaginare le dinamiche inter-personali. Detto questo, confermo che, per ora, non vado oltre un superficiale "Senatores boni viri, senatus mala bestia" e un altrettanto automatica annotazione circa la segretezza delle deliberazioni.

Ci sarebbe forse un'altra superficiale annotazione da fare: nessuno dei coinvolti nel processo decisionale di +E (tutti rigorosamente maschietti) fa parte della cosiddetta "generazione Erasmus". Nessuno di coloro che devono proporre un modello organizzativo di un nuovo soggetto che guarda all'Europa e che deve metter insieme tradizioni politiche e far tesoro di saperi non - se non "a" - politici s'ẻ mai trovato in fase formativa a dover vivere in un luogo "straniero" dove le differenze sono un arricchimento in termini di esperienze, competenze, visioni e, naturalmente di accenti linguistici e non.

Doversi confrontare con una Unheimlichkeit pone problemi di Kultur e mette alla prova circa i propri limiti, pregiudizi, forme mentali e chiusure. Tutto sicuramente comprensibili ma, altrettanto sicuramente, superabile. Chi avrebbe mai pensato che Germania e Francia, dopo secoli di guerre, si sarebbero trovati a co-fondare una comunità politica che avrebbe poi incluso anche il loro arci-nemico britannico?

In altri tempi mi sarebbero bastate queste brevi "annotazioni" per chiuderla qui, ma ritenendo che ci sia (ancora) bisogno di (un minimo) di politica e politici che non si adeguino al circostante, proverò ad andare oltre le reazioni epidermiche.

Io penso che ci voglia più Europa in Più Europa.

Non è un contro-slogan, è una proposta di governo di questo stallo che a tre mesi dalle elezioni ha di fatto cancellato dal dibattito pubblico tanto +E quanto le proposte contenute nel suo programma elettorale. Proposte che oggi sarebbero alternative a questo governo che, pare, non saper quali pesci pigliare su molte questioni avendo detto cose che non potevano esser fatte!

Però, hai voglia a svegliarti il giorno delle consultazioni o del voto di fiducia a dire che farai una "opposizione rigorosa" - peraltro senza sapere cosa t'aspetta - queste settimane di silenzio tutto possono lasciar ipotizzare tranne che da +E ci si possa aspettare del "rigore" (a meno che non si alludesse al rigor mortis, just kidding ;-).

Ci siamo ritrovati progressivamente in molti a ritenere che fosse necessario riportare all'interno del dibattito politico i fatti. Quindi?

Non delle Verità ma dei dati di fatto che sono, principalmente, la necessità di rispettare la legalità costituzionale (che è cosa diversa dallo scendere in piazza a 'difendere la Costituzione') e gli obblighi internazionali della Repubblica italiana imposti dall'essere Stato Membro di una serie di organizzazioni internazionali a partire da quella che abbiamo contribuito a fondare una settantina d'anni fa meglio nota oggi colla denominazione di Unione europea.

Ma l'Europa che abbiamo messo nel nostro nome (e che "abbiamo nel cuore", diciamo così) - assieme al nome di chi politicamente e istituzionalmente ha interpretato come nessuno quel concetto e potenziale politico d'Europa: Emma Bonino - non era l'Europa geografica, non era neanche pienamente l'Unione europea, era un progetto politico "ulteriore" in continuo divenire mosso da chi ritiene che la convivenza di milioni di persone possa esser possibile senza danni o discriminazioni se si basa sullo Stato di Diritto.

Uno Stato di Diritto fatto di trattati, accordi, direttive e regolamenti composti, e non imposti, per affermare le libertà individuali e tutelare chi, anche senza rendersene conto, può cadere vittima di interessi particolari, sia che si tratti di leggi e politiche illiberali, di interessi economici di grossi potentati o atteggiamenti anti-scientifici.

E invece, dopo aver detto e ripetuto fino alla nausea tutte queste cose (almeno io così ho impostato la nostra campagna elettorale), dopo aver sguinzagliato in giro per l'Italia e il mondo centinaia di persone senza sapere chi fossero o cosa avrebbero detto né cosa, eventualmente, avrebbero "promesso" e a chi (il che ha sicuramente costituito un valore aggiunto, ma anche molti rischi) si è vissuta male la "sconfitta". Talmente male da paragonarla a un lutto - come se avessimo bisogno di cadere di nuovo (qui parlo ai "radicali") in un lungo processo di "elaborazione"...

Niente è più necessario alla crescita che una sconfitta. Specie se bella sonora e inaspettata. Prima ancora dell'opportunità politica, la saggezza popolare ci insegna che dopo una caduta bisogna rimontare a cavallo.

Purtroppo, invece di far tesoro dei 900.000 voti ricevuti e dell'entusiasmo che aveva salutato l'arrivo di una lista politica che aveva scelto di chiamarsi come il capro espiatorio di tutto quello che non va in Italia (e altrove), si son fatti ergere timori e dubbi sulla genuinità delle intenzioni altrui.

Già crescita. Malgrado la parziale sconfitta elettorale (dopotutto quattro persone son state elette!), nei giorni immediatamente successivi al voto, in tantissimi hanno continuato a credere che fosse importante organizzarsi, rafforzarsi, espandersi, addirittura transnazionalizzarsi! Ma a tutte queste sollecitazioni, tutte avanzate educatamente, non è stato risposto e, quando ce n'è stata l'occasione, si sono anteposte risposte burocratico-organizzative alla visione politica.

Questo comportamento è sovrapponibile a quello dell'Europa che rintracciamo tutti i giorni nelle parole dei nostri avversari politici che indicano l'Europa come la "nemica del popolo". Tu hai un problema e nessuno ti risponde e se ti risponde non ti soddisfa perché spesso scansa il cuore della domanda.

Poi certo scava scava ti accorgi che il problema non è necessariamente quello, ma spesso la prima impressione è quella che forma un'opinione difficilmente poi modificabile. Qui la prima impressione è stata quella di non disturbare il manovratore che sapeva come comporre gli interessi dei vari partecipanti per non annacquare questo o indebolire quello o non mandare alle ortiche un nome molto evocativo.

Ma come si può pensare di catalizzare l'attenzione e l'entusiasmo di qualcuno avanzando problemi della scrittura di uno statuto, sicuramente importante, al progetto politico che è la vera essenza del motivo per cui ci siamo incontrati?

Un movimento, specie se nel 2018 e specie se guarda a un'organizzazione politica che è anche un'istituzione sovranazionale, non può non muoversi perché non ha uno statuto!

Chissene frega se c'è un coordinatore o due; chissene frega se i saggi son 3 o 5+5+5; chissene frega se uno si può iscrivere o no e chissene frega se vanno creati vari livelli di adesione politica individuali o organizzati! L'Europa non è nata a tavolino, è nata da esigenze, la prima di mettere intorno a un tavolo acerrimi nemici!!!

Passi che i "costituenti" di +E non sono della "generazione Erasmus", ma possibile che dopo anni di politica militante dentro e fuori i Palazzi non si sia realizzato che nel 2018 ci possiamo (finalmente) prendere il lusso di mandare agli ammassi decenni di disastrose organizzazioni "partitiche" e trovare un minimo compromesso da "società liquida" per partire?

Abbiamo i punti del programma elettorale (magari occorre raffinarli se non articolarli in quesiti referendari in modo da coglier spunti per discutere pubblicamente con amici e nemici) abbiamo un simbolo elettorale oggi conosciuto e comunque evocatore, limitiamone l'uso alle elezioni nazionali o europee e iniziamo a girare l'Italia non per creare "correnti" per vincere il congresso, ma per consolidare la disponibilità di chi concorda con quei punti e conosce persone che possano convergere su quel che c'è piuttosto che creare muretti o muraglie su quel che non c'è?

La storia dei partiti politici, e non solo italiani, ci insegna che prima di arrivare a una forma "definitiva" di organizzazione ci son volute molte false partenze, fallimenti, fusioni, strappi o scissioni. E comunque, siamo veramente sicuri di volere, nel 2018 e con questi chiari di luna interni ed esterni, fondare un "partito" o "soggetto politico"?

Non sarebbe forse più "europeo" partire con qualcosa tipo la CECA, per poi arrivare alle CEE e infine all'UE, tenendo presente che siamo comunque e al contempo membri dell'ONU e della NATO?

Fortunatamente è stata messa una data di scadenza a questo supplizio, ehm processo costituente. Da qui a là occorre che chi è al volante di +E metta da parte i bilancini dello statuto, eviti di schiantare contro il muro della burocrazia un progetto politico ancora promettente e lasci andar avanti, anche in modo sgangherato e non radicale (anche perché oggidì nessuno dovrebbe più potersi azzardare a rivendicare quella storia) chi pensa di aver qualcosa da dire e proporre in linea coi motivi per cui ci si è incontrati.

Specie ora che c'è un governo che sta dimostrando come sia impossibile esser conseguenti alle proposte demagogiche fatte in campagna elettorale ci vorrebbe un'opposizione non "rigorosa" ma europea nel merito e nel metodo!

Occorre un progetto politico che non sia "europeista" (che detto tra noi in termini politici non vuol dire un beneamato) perché dice di esserlo, occorre piuttosto esser conseguenti a tutta la poetica e retorica che ha caratterizzato la campagna elettorale (tranne l'IMU of course ;-).

Eravamo contro le cose che predicano Salvini, Di Maio, Orban, Kaczynski e Trump? Bene, non facciamogli il verso!

Mi casa es su casa, baby!

No comments: