7.31.2014

L'America ci sveglia: «#Marijuana legale» su @ilgarantista

Dopo anni di tentennamenti e cautele il New York Times, il giornale più famoso del mondo, ha deciso di schierarsi a favore della legalizzazione della marijuana. Nella migliore tradizione statunitense l’ha deciso con tanto di voto del Comitato di Redazione. Certo, la libertaria National Review, oltre 30 anni fa, si era già schierata per la legalizzazione di tutte le droghe e, altrettanto notoriamente, l’Economist non fa passar anno senza denunciare il fallimento del proibizionismo mondiale, ma il fatto che il quotidiano "liberal" per antonomasia dopo anni di cautele e ritrosie abbia deciso di schierarsi apertamente a favore della regolamentazione legale di tutti i derivati della pianta della cannabis è di per sé una notizia, di quelle che fanno il giro del mondo. 

Alla vigilia delle "celebrazioni" per la giornata mondiale per la lotta agli stupefacenti, celebrata il 26 giugno, il partito Radicale e l’associazione Luca Coscioni avevano lanciato un appello, ripreso da pochi quotidiani tra cui il Garantista, in cui chiedevamo a Governo, Parlamento e media italiani di arrivare a quella scadenza con un avvio di dibattito. Chiedevamo di discutere sulla lotta al narcotraffico che fosse basato su dati certi, evidenze scientifiche, approcci alternativi al proibizionismo e su un confronto laico tra le proposte che negli anni son andate consolidandosi tanto in Italia quanto nel resto del mondo, ma che raramente hanno diritto di cittadinanza nei media del nostro paese. 

Secondo un recente sondaggio del Pew Reserch Center, il 54% degli americani sarebbe a favore della legalizzazione tout court della marijuana. Si tratta della stessa percentuale che nel 1993 in Italia votò a favore del referendum radicale che, emendando la legge Jervolino-Vassalli, andava a depenalizzare il consumo personale di tutte le sostanze. Era la prima volta che uno stato membro delle Nazioni unite cambiava una legge sulla droga e resta l`unico esempio al mondo in cui una riforma del genere sia avvenuta ricorrendo direttamente all’elettorato. 

Oggi le percentuali in Italia potrebbero esser simili a quelle degli Usa anche relativamente alla legalizzazione di altre sostanze, "basterebbe solo" che gli italiani potessero esser informati di questa proposta di alternativa antiproibizionista radicale. E invece il silenzio istituzionale regna sovrano: non è noto sapere se e chi rimpiazzerà Giovanardi come sottosegretario competente per le politiche sulle droghe, chi prenderà il posto del dottor Serpelloni a capo del Dipartimento per le politiche antidroga, né se e quando verrà convocata la sesta conferenza nazionale sulle droghe che a norma di legge doveva esser convocata tre anni fa e non c’è una data certa per l`annuale relazione sulle droghe al parlamento. 

Non c’è una strategia nazionale per la pubblicizzazione della cannabis terapeutica oppure per dare la possibilità di auto-coltivare piante per uso medico, come hanno richiesto di nuovo i dirigenti Radicali Laura Arconti, Rita Bernardini e Marco Pannella con una disobbedienza civile la settimana scorsa. Nell`era dell`immancabile appello al "Made in Italy" su tutto, occorrerebbe che anche in Italia fosse possibile produrre medicinali a base di cannabis in concorrenza coi costosi prodotti nordeuropei. Ultimo, ma non ultimo, occorrerebbe che la presidenza italiana dell`Unione europea chiarisse quali siano le posizioni dei 28 stati membri dell’Ue relativamente alla preparazione della sessione speciale dell`Assemblea generale sulle droghe prevista per il 2016. 

Risale agli anni Settanta la prima disobbedienza civile di Pannella per chiedere una legge in materia di sostanze stupefacenti che si fondasse sul buon senso e non sul "basta dire no", da allora i Radicali son sempre stati a favore del controllo legale della produzione, consumo e commercio di tutte le sostanze perché solo così il fenomeno poteva esser tenuto nel suo ambito socio-sanitario senza consegnarlo al diritto penale. 

Se anche non si fosse d’accordo "ideologicamente" con l’antiproibizionismo, 50 anni di fallimenti dovrebbero suggerire un approccio di revisione pragmatica di ciò che non ha funzionato a seguito dell’imposizione della proibizione come modello globale di "controllo". L’appello #parliamodidroghe lanciato un mese fa resta tutt`ora valido perché inascoltato da Governo e Parlamento e sempre più attuale sia perché il problema resta in tutta la sua drammaticità, sia perché iniziano ad arrivare i risultati lusinghieri dal Colorado dove la legalizzazione della marijuana sta dando tutti i risultati sperati dal punto di vista del contenimento del fenomeno e delle casse dello stato. E in periodo di crisi economica e alla vigilia di probabili manovre aggiuntive ci paiono argomenti da non scartare aprioristicamente.

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