7.19.2012

Sulle Riforme, quel che non leggerete sui giornali o le agenzie

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, credo che laicamente bisognerebbe recuperare, a parte la serenità che non è un problema in politica, un minimo di memoria storica. Ma il lapsus del senatore Quagliariello in qualche modo ci aiuta. Egli ha parlato di legge elettorale mentre stiamo parlando di una legge costituzionale, che è cosa diversa. Insieme alla senatrice Poretti, fin dall'inizio di questo percorso avviato in Commissione affari costituzionali, ho posto il problema di come, in un Paese in cui non si applica la Costituzione vigente, si fosse avviato un percorso molto spericolato, oltre che pericoloso; ancora non si sapeva infatti dove si sarebbe andati a finire nel merito, ma sicuramente dal punto di vista del metodo il percorso era spericolato, perché per modificare la Carta che fonda una Repubblica occorreva un dibattito che avesse il tempo necessario non soltanto per poter essere condiviso all'interno delle Aule parlamentari ma anche nel Paese. Un Paese che poi tutto chiede alla politica tranne che avviare una riforma costituzionale in un momento in cui tutti sappiamo dove si trova il nostro Paese, sia dal punto di vista economico finanziario interno, sia da quello continentale nell'ambito dell'Unione europea, sia dal punto di vista del rispetto dello stato e della certezza del diritto.

Chi da quattro anni e mezzo non riesce quotidianamente a far applicare la Costituzione, secondo noi e secondo gli italiani non è il gruppo di persone più adatto a modificare la stessa. Certamente non lo è o lo è quando ha preso decisioni radicali per cui in qualche modo riesce a cancellare tutto ciò che c'è stato in termini di violazioni di diritti in Italia.

Insistiamo, e ancora in questi giorni siamo mobilitati con uno sciopero della fame e una consegna del silenzio (che purtroppo ci tocca violare quasi quotidianamente), affinché si conceda un'amnistia per la Repubblica al fine di ricominciare da capo. E ricominciare da capo magari con il problema dei problemi, che interessa 11 milioni di italiani, vale a dire la giustizia.

Già all'inizio di questo percorso abbiamo avuto modo di criticare - unici, occorre dirlo - la gestione dell'Aula del presidente Schifani, quando decise di contingentare i tempi. Sono d'accordo su una parte di quanto affermato dal senatore Quagliariello poco fa. Se noi dovessimo continuare a fare una riforma costituzionale con metà Aula vuota, sia da parte di chi resta sia da parte di chi è andato via, ci assumeremmo un'enorme responsabilità, perché non si parla di una legge qualsiasi ma della modifica della Carta fondamentale e fondativa della nostra Repubblica.

Già allora, però, denunciammo il silenzio che ci circondò, quando ci veniva data la parola per un minuto per spiegare emendamenti che toccavano aspetti fondamentali come la composizione della Camera e del Senato. Si sapeva già allora quello che poi è diventato una sorta di triste ritornello, ovvero che non si sarebbe andati da nessuna parte perché il giorno dopo la chiusura dei lavori in 1a Commissione furono presentati cinque emendamenti più uno che andavano a stravolgere il testo uscito da quei lavori e che quindi, avendolo stravolto e avendo contravvenuto al famigerato patto concluso fuori dalle Aule parlamentari, non ci sarebbero stati i due terzi dei voti necessari all'approvazione e, di fronte ad un referendum confermativo, tutto si sarebbe rinviato di molti anni.
In quel silenzio fummo gli unici a insistere nel denunciare l'utilizzo di questa proposta di riforma costituzionale come di una sorta di contentino da dare al popolo "sovrano" che richiedeva a gran voce (povero lui mi verrebbe da dire a questo punto!) non tanto di venire rappresentato pienamente, debitamente e direttamente all'interno delle Aule parlamentari, ma di vedere diminuito il numero dei parlamentari stessi di un 20 per cento alla Camera e di un 20 per cento al Senato, partecipando quindi, con queste dichiarazioni di mera aritmetica, al gioco dell'antipolitica dal cuore della politica, che dovrebbe invece interessarsi di tutt'altre questioni.

Sentiremo come si intende sviluppare il dibattito.

Io, insieme alla senatrice Poretti ed al senatore Fleres, ieri sera siamo stati presenti fino alle ore 22,34 per illustrare i nostri emendamenti anche perché l'ironia della sorte voleva che l'articolo 5 andasse a modificare la Costituzione imponendo il dovere al parlamentare di svolgere le proprie funzioni.
Se ai 315 senatori totali si sottraggono qui tre si ha che 312 senatori sono contravvenuti a quel dovere che invece, con gran forza, volevano porre all'ordine del giorno come modifica necessaria al testo licenziato dalla Commissione. Erano presenti anche i senatori Benedetti Valentini e Pastore ieri sera, ma gli atti parlamentari non recupereranno altre persone che hanno preso la parola fino a tarda notte.
Procedere senza prevedere un'ulteriore riunione della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari o della Presidenza del Senato credo sia un'ulteriore scelta che non va nella direzione che forse alcuni auspicano ed altri continuano ad opporre, cioè quella, se non altro, del rispetto delle regole e della decenza delle istituzioni. Modificare la Costituzione in queste condizioni - lo ripeto - oltre a non portare all'approvazione del provvedimento con i due terzi dei voti a fine percorso, è un'ulteriore offesa nei confronti della Carta fondamentale di questa Repubblica che ha bisogno di ripartire da zero, che ha bisogno di un'amnistia per rimettersi in cammino, non al pari, verso il rispetto dello Stato di diritto, come ci chiede da sempre il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.

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