PERDUCA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD). Signor Presidente, credo
che laicamente bisognerebbe recuperare, a parte la serenità che non è un
problema in politica, un minimo di memoria storica. Ma il lapsus
del senatore Quagliariello in qualche modo ci aiuta. Egli ha parlato di
legge elettorale mentre stiamo parlando di una legge costituzionale,
che è cosa diversa. Insieme alla senatrice Poretti, fin dall'inizio di
questo percorso avviato in Commissione affari costituzionali, ho posto
il problema di come, in un Paese in cui non si applica la Costituzione
vigente, si fosse avviato un percorso molto spericolato, oltre che
pericoloso; ancora non si sapeva infatti dove si sarebbe andati a finire
nel merito, ma sicuramente dal punto di vista del metodo il percorso
era spericolato, perché per modificare la Carta che fonda una Repubblica
occorreva un dibattito che avesse il tempo necessario non soltanto per
poter essere condiviso all'interno delle Aule parlamentari ma anche nel
Paese. Un Paese che poi tutto chiede alla politica tranne che avviare
una riforma costituzionale in un momento in cui tutti sappiamo dove si
trova il nostro Paese, sia dal punto di vista economico finanziario
interno, sia da quello continentale nell'ambito dell'Unione europea, sia
dal punto di vista del rispetto dello stato e della certezza del
diritto.
Chi da quattro anni e mezzo non
riesce quotidianamente a far applicare la Costituzione, secondo noi e
secondo gli italiani non è il gruppo di persone più adatto a modificare
la stessa. Certamente non lo è o lo è quando ha preso decisioni radicali
per cui in qualche modo riesce a cancellare tutto ciò che c'è stato in
termini di violazioni di diritti in Italia.
Insistiamo, e ancora in questi
giorni siamo mobilitati con uno sciopero della fame e una consegna del
silenzio (che purtroppo ci tocca violare quasi quotidianamente),
affinché si conceda un'amnistia per la Repubblica al fine di
ricominciare da capo. E ricominciare da capo magari con il problema dei
problemi, che interessa 11 milioni di italiani, vale a dire la
giustizia.
Già all'inizio di questo percorso
abbiamo avuto modo di criticare - unici, occorre dirlo - la gestione
dell'Aula del presidente Schifani, quando decise di contingentare i
tempi. Sono d'accordo su una parte di quanto affermato dal senatore
Quagliariello poco fa. Se noi dovessimo continuare a fare una riforma
costituzionale con metà Aula vuota, sia da parte di chi resta sia da
parte di chi è andato via, ci assumeremmo un'enorme responsabilità,
perché non si parla di una legge qualsiasi ma della modifica della Carta
fondamentale e fondativa della nostra Repubblica.
Già allora, però, denunciammo il
silenzio che ci circondò, quando ci veniva data la parola per un minuto
per spiegare emendamenti che toccavano aspetti fondamentali come la
composizione della Camera e del Senato. Si sapeva già allora quello che
poi è diventato una sorta di triste ritornello, ovvero che non si
sarebbe andati da nessuna parte perché il giorno dopo la chiusura dei
lavori in 1a Commissione furono presentati cinque emendamenti più uno
che andavano a stravolgere il testo uscito da quei lavori e che quindi,
avendolo stravolto e avendo contravvenuto al famigerato patto concluso
fuori dalle Aule parlamentari, non ci sarebbero stati i due terzi dei
voti necessari all'approvazione e, di fronte ad un referendum confermativo, tutto si sarebbe rinviato di molti anni.
In quel silenzio fummo gli unici a insistere nel
denunciare l'utilizzo di questa proposta di riforma costituzionale come
di una sorta di contentino da dare al popolo "sovrano" che richiedeva a
gran voce (povero lui mi verrebbe da dire a questo punto!) non tanto
di venire rappresentato pienamente, debitamente e direttamente
all'interno delle Aule parlamentari, ma di vedere diminuito il numero
dei parlamentari stessi di un 20 per cento alla Camera e di un 20 per
cento al Senato, partecipando quindi, con queste dichiarazioni di mera
aritmetica, al gioco dell'antipolitica dal cuore della politica, che
dovrebbe invece interessarsi di tutt'altre questioni.
Sentiremo come si intende sviluppare il dibattito.
Io, insieme alla senatrice Poretti ed al
senatore Fleres, ieri sera siamo stati presenti fino alle ore 22,34 per
illustrare i nostri emendamenti anche perché l'ironia della sorte voleva
che l'articolo 5 andasse a modificare la Costituzione imponendo il
dovere al parlamentare di svolgere le proprie funzioni.
Se ai 315 senatori totali si sottraggono qui tre
si ha che 312 senatori sono contravvenuti a quel dovere che invece, con
gran forza, volevano porre all'ordine del giorno come modifica
necessaria al testo licenziato dalla Commissione. Erano presenti anche i
senatori Benedetti Valentini e Pastore ieri sera, ma gli atti
parlamentari non recupereranno altre persone che hanno preso la parola
fino a tarda notte.
Procedere senza prevedere un'ulteriore riunione
della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari o della
Presidenza del Senato credo sia un'ulteriore scelta che non va nella
direzione che forse alcuni auspicano ed altri continuano ad opporre,
cioè quella, se non altro, del rispetto delle regole e della decenza
delle istituzioni. Modificare la Costituzione in queste condizioni - lo
ripeto - oltre a non portare all'approvazione del provvedimento con i
due terzi dei voti a fine percorso, è un'ulteriore offesa nei confronti
della Carta fondamentale di questa Repubblica che ha bisogno di
ripartire da zero, che ha bisogno di un'amnistia per rimettersi in
cammino, non al pari, verso il rispetto dello Stato di diritto, come ci
chiede da sempre il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.
No comments:
Post a Comment