4.24.2012

scambio in aula sulle stragi subite dal popolo armeno


SOLIANI (PD). Domando di parlare.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


SOLIANI (PD). Signor Presidente, colleghi, all'inizio di questa giornata del 24 aprile, vorrei fare memoria in quest'Aula del genocidio armeno: 97 anni fa, nel 1915, ci fu il culmine di una persecuzione che avveniva già da parecchi anni, sin dalla fine dell'Ottocento. È ancora una ferita aperta, ancora vi è bisogno di una coscienza collettiva condivisa delle parti che sono state protagoniste di quella drammatica vicenda: la coscienza di quel che è stato, di quello che ha significato e la consapevolezza che oggi, a 97 anni di distanza, solo la politica può chiudere quella ferita aperta.

Vi sono in Italia e nel mondo (in diverse città del nostro Paese, da Roma a Milano) comunità armene che per tutto l'anno, ma in modo particolare in questo giorno, tengono vivo il senso di una storia, di una cultura, della vicenda di un popolo che non appartiene soltanto a quel popolo ma alla coscienza europea e mondiale.

Noi oggi non possiamo che auspicare l'attraversamento - mi viene da dire - dei confini, nel senso del superamento dei muri, degli ostacoli che impediscono oggi alle comunità, così vicine, dell'Armenia e della Turchia di trovare, di ritrovare il filo della comune appartenenza ad una comunità internazionale in cui gli accordi, l'apertura delle frontiere, l'incremento dei rapporti e dei contatti possono aprire in quella zona una fase nuova che diventa un grande segno per l'Europa e per tutta l'area del Medio Oriente che ha visto questa tragedia.


Questa tragedia appartiene alla comunità internazionale, all'Unione europea, e l'Italia ne è parte. Di fronte a questa tragedia non possiamo che auspicare, con tutte le nostre forze, verità e riconciliazione. Vi sono già accordi internazionali che attendono solo di essere applicati. Oggi, a 97 anni di distanza da quel tragico evento, da quel grande male, la nostra solidarietà e il nostro impegno è perché sia superata quella ferita e si apra una fase nuova nella vita del popolo armeno e della Turchia. (Applausi dal Gruppo PD).


PARDI (IdV). Domando di parlare.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


PARDI (IdV). Signor Presidente, mi associo alle parole appassionate della collega Soliani. La storia della comunità armena fu avvolta in un silenzio che diventò sempre più intollerabile, anche quando Franz Werfel scrisse «I quaranta giorni del Mussa Dagh» e rese nota una vicenda terribile. Poi, come un'onda che si richiude, il silenzio si è richiuso su questa storia. La resistenza della Turchia ad ammettere l'atrocità ha contribuito ad annebbiare le coscienze. Trovo, quindi, che l'appello della senatrice Soliani debba essere sostenuto con la massima convinzione.


ALLEGRINI (PdL). Domando di parlare.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


ALLEGRINI (PdL). Signor Presidente, anch'io mi associo alle parole della collega Soliani. L'Italia sarà presente in Armenia con una delegazione il 6 maggio prossimo per il monitoraggio delle elezioni. È un fatto importante, che determinerà sicuramente una maggiore vicinanza del nostro Paese al popolo armeno.
La democrazia è sviluppata e si sta sviluppando. La nostra presenza lì con l'OSCE ha questo senso. È ovvio che la posizione geografica e, ancora, l'esistenza di conflitti congelati, come quello del Nagorno Karabakh, mantengono l'Armenia e il popolo armeno in una condizione di tensione e di non perfetta integrazione, anche se gli armeni chiedono fortemente la vicinanza dell'Unione europea. L'Italia ci sarà.


PRESIDENTE. Anche la Presidenza si associa alle parole che sono state pronunciate dalla senatrice Soliani, dal senatore Pardi e dalla senatrice Allegrini, che richiamano la necessità di una memoria condivisa (questo mi pare l'aspetto più importante): una memoria condivisa per guardare avanti tutti insieme, e non per spirito di vendetta. E questa è, mi pare, l'impostazione giusta, perché le ferite, le sofferenze e i drammi del passato, se non vengono recuperati da una condivisione comune, da parte sia di chi li ha subiti, come è ovvio, sia di chi li ha operati, non consentono di guardare avanti e di progredire tutti insieme nell'affermazione dei diritti umani.




AMATO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


AMATO (PdL). Signora Presidente, ho chiesto di intervenire a fine lavori perché stamane all'inizio dei lavori (io ero bloccato in Commissione difesa per alcune questioni) e al di fuori dell'ordine del giorno alcuni colleghi hanno voluto riproporre, peraltro in modo sereno e con le migliori intenzioni, la questione dei massacri armeni avvenuti sotto l'Impero Ottomano durante la Prima guerra mondiale che gli armeni si ostinano a definire genocidio (un termine questo che i turchi, pur ammettendo gli eccidi, rifiutano decisamente e, a mio avviso, con ragione visto che la definizione giuridica di genocidio codificata soltanto nel 1943 prevede una precisa serie di connotati che nel caso dei delitti contro gli armeni non ci furono, dato che da parte turca non ci fu alcun piano e nessuna volontà di eliminazione razziale o pulizia etnica).


Signora Presidente, penso che interventi nei parlamenti o dei Parlamenti su tale questione possano essere utili per attirare l'attenzione, ma penso anche che la politica non dovrebbe mai sostituirsi agli storici o ai governi direttamente interessati alla vicenda.


La Turchia ha proposto all'Armenia la costituzione di una commissione di storici dei due Paesi sotto l'egida dell'ONU per lavorare insieme alla ricerca della verità, ma mentre Ankara ha aperto i suoi archivi, Jerevano ancora non lo ha fatto.

Allora cerchiamo di far sentire a tutti, anche alla Repubblica di Armenia, la necessità di un comune lavoro in un clima di reciproca comprensione per la riconciliazione.


Ricordiamo che non ha senso politicizzare la storia, così come l'uso di categorie morali è spesso fuorviante. L'Armenia - ad esempio - parla di grande male a proposito dei massacri avvenuti tra il 1915 e 1917. Ma come definirebbe oggi i massacri compiuti dalle sue truppe nel Nagorno Karabakh, una regione dell'Azerbaijan, dove nella cittadina di Khogali, durante la notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, sono stati crudelmente trucidati 613 civili, fra cui 106 donne e 83 bambini? Come definirebbe tale massacro? Come un piccolo male?


Non è questo il modo con cui ci si può avvicinare alla verità, alla riconciliazione alla pace. Allora cerchiamo di non politicizzare la storia. Lasciamo lavorare seriamente e provvidamente gli storici e cerchiamo - questa è la raccomandazione che mi sento di fare, Presidente - di non prestarci a strumentalizzazioni interessate. Molto spesso, infatti, chi si oppone all'ingresso della Turchia in Unione europea va alla ricerca di temi utili ad una rappresentazione negativa di quel grande Paese, anche a costo di attingere a fatti lontanissimi o a questioni storiche peraltro controverse. Non cadiamo in queste trappole, specie noi che da sempre, e coerentemente, sosteniamo coerentemente l'ingresso della Turchia in Unione europea. (Applausi del senatore Lauro).

PERDUCA (PD). Domando di parlare.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signora Presidente, anch'io vorrei ritornare sulla questione sollevata adesso dal senatore Amato, ma ancor prima dalla senatrice Soliani, questa mattina, all'apertura dei nostri lavori.


Non potevo naturalmente non unirmi alla fase conclusiva dell'intervento della senatrice Soliani, perché credo abbia ben articolato quale sia il problema di fronte a noi.


Occorre sicuramente un processo di riconciliazione. Nel mondo i processi di riconciliazione che hanno dato frutto sono quelli basati sulla verità e sull'emersione dei fatti storici. Come ricordava adesso il senatore Amato, esistono proposte sul campo da parte di storici di affrontare in maniera laica, e quindi sgombra da ogni retaggio culturale e anche astio politico, i fatti in agenda, per poter arrivare poi ad una ricostruzione dei fatti.


Come ho già detto, è più importante però guardare avanti. Turchia ed Armenia hanno finalmente ratificato un trattato bilaterale che affronta, in uno dei suoi capitoli, detta questione. Non so quanti in Turchia e in Armenia, in effetti, non riescono a vivere la propria giornata se non pensano a questo avvenimento di oltre 100 anni fa. Quel che è certo è che stiamo tenendo fuori dall'Unione europea la Turchia non necessariamente per questo motivo, anche se purtroppo Paesi come la Francia hanno reso un delitto la negazione del genocidio cosiddetto armeno.


So che stiamo tenendo comunque fuori la Turchia per altri motivi, che sono una commistione di interessi economici, sempre colorati da problematiche che vogliono strumentalizzare la maggioranza di gruppi religiosi colà piuttosto che qua, che parrebbero non poter convivere. So però, allo stesso tempo, che non soltanto teniamo fuori l'Armenia dall'Unione europea, ma nessuno degli amici dell'Armenia si pone mai il problema.


Credo vi siano 360 gradi di argomenti ricchissimi da affrontare tutti insieme e non uno ad uno. Abbiamo sentito dalla senatrice Allegrini che l'OSCE manderà una delegazione per monitorare le elezioni del 6 maggio prossimo, che si terranno in Armenia. Spero che vengano fuori i problemi che purtroppo ancora oggi colà, come del resto anche qui da noi - per l'appunto si vota lo stesso giorno - esistono nella pratica quotidiana della democrazia. Sono certo che l'anno prossimo se, invece di arrivare al giorno della celebrazione degli eventi, si riuscirà ad arrivare ad un mese magari dalla celebrazione della solita data, non con dichiarazioni o grande propositi, tutti fortunatamente condivisibili anche nei toni oltre che nel merito, ma con un lavoro culturale e politico di preparazione, sicuramente parleremo d'altro.

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