11.03.2011

Discussione delle mozioni nn. 405 e 491 sulla sicurezza da minaccia cibernetica

È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signora Presidente, qualche giorno fa, prima che Gheddafi venisse ucciso, nel modo in cui è stato ucciso, il «New York Times» ha reso nota la notizia che il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d'America si era posto il problema se attaccare la Libia con sistemi di cyber guerra, quindi mettendo nel campo delle possibilità di un attacco preventivo, in risposta alla richiesta del Consiglio di sicurezza di proteggere, tutto l'armamentario cibernetico.

La mozione oggi al nostro esame, a mio avviso di gran lunga migliore nell'illustrazione che non nel testo - faccio quindi i complimenti al senatore Ramponi per aver detto cose che però, purtroppo, non si ritrovano nel documento - a mio modesto parere (sapete tutti quanto la modestia mi appartenga) non è all'altezza della situazione. Gli impegni che si chiedono al Governo sono di creare quello che, nella migliore delle ipotesi, sarebbe un centro di coordinamento delle attività sotto la supervisione della Presidenza del Consiglio dei ministri, ma che, nella peggiore delle ipotesi, si ridurrebbe nella creazione di ulteriore burocrazia per prendere in considerazione taluni aspetti. Questo però non per fare ciò che in altri Paesi - nei giorni scorsi si è tenuta a Londra un'importantissima conferenza proprio in tema di cyber guerre - è stato fatto da qualche mese, e da qualche anno, anche sulla scorta di alcuni gravi episodi di vero e proprio scontro, di attacchi di guerra asimmetrica, avvenuti nella rete Internet (in particolare tutti ricordiamo ciò che è avvenuto in Estonia nel 2007 ad opera di alcuni computer siti nella Federazione russa): voglio dire che non si prevede di preparare una vera e propria strategia che affronti tutti i problemi connessi a questo tipo di dominio: quello digitale.
Si parla di cyber crimine, di cyber terrorismo e di cyber guerre. Ebbene, esistono all'interno del nostro codice penale, sufficientemente invasivo già per conto suo, tutte le norme necessarie per poter affrontare la questione, sia per quanto riguarda il cyber crimine sia per quanto attiene al cyber terrorismo. Ciò non vale sicuramente per le cyber guerre.

Anziché porre al Governo il problema di una strategia onnicomprensiva che affronti la questione al livello transnazionale - perché di guerre si parla, e quindi, in ipotesi, anche tra Paese e Paese, oltre che tra attori non statuali - noi come Parlamento andiamo a creare una posizione burocratica all'interno della Presidenza del Consiglio dei ministri. Occorre invece, coinvolgendo il Parlamento, e non escludendolo come si chiede in questo documento, avviare un percorso di revisione delle Convenzioni di Ginevra (che hanno codificato il diritto internazionale umanitario, che è quello che regolamenta le guerre) includendo la possibilità di scatenare e di doversi difendere da una guerra nel dominio cibernetico, senza creare un finto coordinamento tra agenzie già esistenti, che magari fanno già abbondantemente bene il proprio lavoro, a palazzo Chigi.

Fermo restando che ritorneremo sul tema in sede di dichiarazione di voto, per le ragioni espresse mi pare che il testo non sia all'altezza delle premesse del dibattito. (Applausi dei senatori Poretti e De Luca).

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