4.16.2010

Sulla ratifica della Convenzione sulla Tratta degli esseri umani

Discussione dei disegni di legge:

(2043) Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno

(476) AMATI ed altri. - Ratifica ed esecuzione della Convenzione n. 197 del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, adottata a Varsavia il 16 maggio 2005

(780) CARLONI. - Ratifica ed esecuzione della Convenzione n. 197 del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, adottata a Varsavia il 16 maggio 2005

(1135) DELLA MONICA ed altri. - Ratifica ed esecuzione della Convenzione n. 197 del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, adottata a Varsavia il 16 maggio 2005 (ore 19,27)

[...]

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signora Presidente, la ratifica del disegno di legge in esame, in coda al provvedimento testé approvato, relativo all'istituzione di una Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, concatenerebbe nel migliore dei modi possibili il nostro lavoro parlamentare. Sarebbe stata magari auspicabile una maggiore presenza in Aula di senatori, sicuramente per il voto - poc'anzi c'era molta più gente - ma anche per il merito di questo provvedimento che - come è stato ricordato da tutti i colleghi che mi hanno preceduto - ha interessato gli ultimi cinque anni di iniziative governative, o meglio di una parte del Governo, e sicuramente di quella parte del Parlamento che pone grande attenzione alla tutela dei diritti individuali.

Nella relazione, che non c'è stata letta ma che comunque presenta detto disegno di legge, ad un certo punto si legge quanto segue: «Le disposizioni della Convenzione, in particolare, sono volte a realizzare un efficace contrasto del trafficking, tutelando i diritti delle vittime secondo un approccio non discriminatorio, che tenga in adeguata considerazione tanto la prospettiva di genere (le vittime sono prevalentemente donne) quanto la protezione dei diritti dei minori, più vulnerabili alla tratta».

L'ironia della sorte ci fa discutere di tali questioni a quarantotto ore dall'ennesima visita del Presidente del Consiglio in Libia. La Libia è uno dei Paesi dai quali parte la tratta (non si riesce a capire per quale motivo il Parlamento continui ad essere escluso dal monitoraggio dell'applicazione del Trattato di amicizia e cooperazione con la Libia): anzi, diciamo che negli ultimi due anni ha assunto il ruolo di monopolio di zona geografica dalla quale partono le navi dei disperati che cercano futuro migliore sfuggendo a guerre, persecuzioni e carestie; molto spesso si tratta di persone che, essendo merce di scambio, cercano di scappare dalla loro Africa, in modo particolare, per arrivare in Europa.

Nelle ultime 2-3 settimane, ma anche all'inizio del mese di dicembre, con la senatrice Poretti ho continuato a visitare le carceri italiane, i centri di identificazione ed espulsione, i centri di accoglienza richiedenti asilo, notando uno strano fenomeno: da una parte, per quanto riguarda le carceri, non c'è stato un significativo aumento delle detenzioni in virtù dell'entrata in vigore, l'8 agosto scorso, del reato di immigrazione clandestina. Diciamo che più o meno l'ingresso nelle carceri dei cittadini non italiani è rimasto costante. Dall'altra parte, però, visitando i CIE e i CARA, si è invece rilevata una drastica diminuzione della presenza di non italiani, di cittadini al di fuori della Comunità europea, in questi luoghi; addirittura si è registrato il mantenimento di cifre - non parlo di quelle del picco dell'estate scorsa - che hanno più o meno caratterizzato il lavoro di detti centri negli ultimi anni, il che dà molto da pensare.

Purtroppo il Governo non ha trovato modo neanche di rassicurarci da questo punto di vista, ossia che - da una parte - funziona l'accordo con la Libia e - dall'altra - in merito alla sorte delle persone che non arrivano in Italia. Spesso le notizie, magari raccontate in modo migliore da organi di informazione non italiani, ci parlano di navi che vengono dirottate su altri Stati membri dell'Unione europea (sicuramente Malta, un po' meno di frequente Cipro). Spesso si scopre che si salta l'Italia perché si sa che le sue leggi sono molto severe e si arriva addirittura in Corsica, come è successo un paio di mesi fa. Sicuramente si continua ad andare, scappando dalle coste del Marocco e dell'Algeria, in Spagna e Portogallo.

Il calo di presenza, però, di persone che scappano da Paesi in via di sviluppo, Paesi dove ci sono problemi di libertà e di democrazia, dà molto da pensare, e avendo ormai tutta la letteratura nel campo stabilito che in effetti il porto di uscita per i disperati del mondo resta la Libia dovrebbe, oggi che stiamo ratificando questa Convenzione contro la tratta più che in passato, porci il problema di che cosa avviene sulle coste libiche. Cosa avviene lo si riesce ad intuire studiando un minimo di rapporti che vengono preparati da organizzazioni non governative internazionali, come Amnesty International o Human Rights Watch, che hanno preparato corpose documentazioni presentate alle Nazioni Unite il settembre scorso in vista del dibattito ricordato poco fa dal presidente Marcenaro, che ha occupato l'Italia all'inizio di febbraio in seno al Consiglio dei diritti umani.

Sulla base di quelle corpose documentazioni, una cinquantina di Paesi hanno posto problemi relativi al rispetto dei diritti umani fondamentali in Italia. Noi radicali da sempre denunciamo la violazione dei diritti umani degli italiani (ma questo argomento magari lo affronteremo in un dibattito ad hoc); sicuramente però la stragrande maggioranza dei membri del Consiglio dei diritti umani ha posto problematiche attinenti a non italiani, e non soltanto relative alla discriminazione dei rom e dei sinti in Italia, ma al modo in cui non si concede la possibilità di godere del diritto anche di richiedere asilo a chi fugge da contesti, come dicevo poc'anzi, molto problematici.

Nel rispondere ad alcuni di questi rilievi, perché in effetti affrontandone 92 nei 20 minuti concessi dalle Nazioni Unite sarebbe stato molto difficile entrare nel merito, il sottosegretario Scotti ha promesso una serie di misure, di cui questa è la prima significativa che viene portata all'attenzione del nostro Parlamento. Come però hanno ricordato tutti quelli che mi hanno preceduto, un conto è fare una dichiarazione all'interno di un consesso multilaterale come l'ONU e un altro è poi dare un seguito fattivo, di cui oggi fortunatamente abbiamo un primo esempio. Per la tortura, infatti, è avvenuto che è stata ratificata una Convenzione, ma ad oltre 20 anni di distanza si ritiene non opportuno o non necessario includere nel nostro codice penale il reato di tortura. In sede di dibattito in Commissione erano stati presentati una serie di emendamenti che andavano a rafforzare il nostro codice penale ed è stato espresso parere negativo da parte del Governo, proprio come è accaduto - questa è un'altra delle raccomandazioni fatte a Ginevra nel febbraio scorso - con la ratifica dello statuto della Corte penale internazionale, che porta il nome della nostra capitale: in dieci anni di tempo, tuttavia, non si è trovata mai l'occasione per includere nel nostro ordinamento le norme contenute in quel documento, rendendo molto problematica la collaborazione con la Corte penale, e magari per riconoscere che anche la tratta può essere considerata come un crimine contro l'umanità.

Noi voteremo tutti a favore di questo provvedimento, promettendo però di porre da domani un'ulteriore attenzione non soltanto sulle dichiarazioni e sugli atti parlamentari portati a buon fine, ma anche sul modo in cui poi si andranno ad applicare le norme contenute in questo documento.

In un'altra parte della relazione si legge: "A tal fine" (mi riferisco alle disposizioni che ricordavo poco fa relativamente al traffico) "si prevede un efficace sistema di assistenza alle vittime con misure per la tutela dei dati personali e di concessione de iure di permessi di soggiorno, di ammissione al gratuito patrocinio, nonché al Fondo per le misure anti-tratta". Anche questo sarà un ulteriore capitolo di monitoraggio da parte nostra, per capire quanto in effetti verrà dedicato, dal punto di vista economico e finanziario, a questo scopo: non abbiamo mai affrontato durante il dibattito la questione, ma sicuramente il Governo ci rassicurerà dicendo che è stata accantonata una cifra necessaria per prendere in considerazione quello che è contenuto nel documento, cioè misure per aiutare le persone che hanno non soltanto problemi ad affrontare la legge con qualità, ma anche tutta un'altra serie di misure che potranno consentire loro di richiedere il permesso di soggiorno. Credo che oltre al permesso di soggiorno, argomento sul quale il nostro Governo continua ad essere in violazione della propria legge, perché molto raramente lo si concede e lo si rinnova entro le tre settimane previste dalla legge, bisognerebbe prendere in considerazione la possibilità di riconoscere anche la protezione umanitaria, la protezione sussidiaria e l'asilo a tutti coloro i quali sono vittima di tratta internazionale.

In occasione di un'altra discussione relativa alle persecuzioni dei cristiani, all'ultimo momento il Governo ha espresso un parere favorevole con riferimento ad un nostro emendamento relativo ad una mozione in cui si chiedeva di tenere in considerazione le persecuzioni o anche l'essere vittime di attività di criminalità organizzata per concedere le protezioni, fino ad arrivare all'asilo.

Vedremo se in sede di replica il Governo, che oggi con noi è molto attento ai rilievi di merito e di metodo, vorrà affrontare la questione economica e magari iniziare anche a rivedere alcune sue politiche molto restrittive in materia di riconoscimento e di possibilità di godere dello status di rifugiato e quindi della possibilità di chiedere asilo nel nostro Paese, considerato che in effetti una delle misure proposte dall'Italia nell'ambito delle Nazioni Unite fa sempre riferimento al fondamentale rispetto dei diritti umani. Tra l'altro questa è una delle poche questioni su cui la politica italiana, quando va in giro per il mondo, mette la ciliegina su una torta fatta invece con ingredienti poco simpatici o difficilmente condivisibili. Ecco che finalmente questa ciliegina inizia oggi ad essere sostanziosa e saporita, a differenza di un passato in cui purtroppo è sempre stata una polpetta avvelenata per le vittime di tutto il mondo. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Colleghi, apprezzate le circostanze, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

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