Secondo le autorita' libiche la morte di Ali Mohammed Abdelaziz al Fakheri, noto come Ibn al-Shaykh al-Libi, la presunta fonte dell'esistenza delle armi di distruzione di massa in Iraq, sarebbe il risultato di un suicidio.
E' possibile fidarsi del Procuratore generale di uno stato di polizia che controlla tutto e tutti tranne che qualche decina di disperati che scappano dalla poverta' e conflitti d'Africa per cercar rifugio in Europa? Ne dubito fortemente. Avendo a lungo parlato cogli investigatori di Human Rights Watch ritengo che il caso di Al Libi non debba esser chiuso immediatamente. Occorre un'autopsia e occorrerebbe poter parlare coi suoi compagni di detenzione presunti complici dei complotti di al Qaeda, per avere un quadro meno fosco delle circostanze della morte del "terrorista".
Due settimane fa le delegazioni Radicali alla Camera e al Senato hanno presentato una serie di interrogazioni al Governo per acquisire documenti estremamente importanti relativamente ai rapporti politici italo-libici pre-accordo di "amicizia e cooperazione". A oggi non e' stata data risposta. Non vorrei che la collaborazione tra Roma e Tripoli includesse anche la gestione delle carceri speciali con regimi prossimi a quelli del 41 bis..."
Ali Mohammed Abdelaziz al Fakheri era un estremista libico legato ad al Qaida. Al Fakheri era stato catturato in Pakistan dopo i fatti dell'11 settembre 2001. L'uomo era stato estradato nel 2006 a Tripoli dove stava scontando una pena all'ergastolo. Il suicidio era avvenuto solo pochi giorni dopo la visita in carcere di due delegati dell'Organizzazione umanitaria Human Rights Watch, con i quali pero', secondo fonti locali, Fakheri si era rifiutato di parlare. Nei giorni scorsi, secondo indiscrezioni sulle prime indagini, era emerso che il suicidio poteva essere avvenuto per strangolamento, forse con l'utilizzo della cintura per i
pantaloni. Con la dichiarazione di oggi della Procura Generale e' arrivata. la conferma ufficiale di questa versione dei fatti.
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