L'amore per la verità, e la passione per Cipro, mi hanno fatto scoprire questo Rino Cammilleri che scrive anche per il Giornale. Il Camilleri è uno che appartiene alla banda di quelli tipo Socci, Magdi Allam e Quagliariello che quotidianamente, e giustamente, ricordano ai cristiani, anche se forse si dovrebbe dire cattolici, che i loro "correligionari" soffrono persecuzioni terribili e infinite in molte zone del mondo, denunciando l'inerzia che caratterizza la politica di molti "occidentali" che si preoccupano più di non offendere l'Islam piuttosto che far qualcosa per i propri "simili".Le persecuzioni e discriminazioni contro i cristiani esistono tanto in Medio oriente e buona parte del Mediterraneo quanto in buona parte dell'Asia e informarne per chiamare la politica alle proprie responsabilità è opera utile. Quando però, come nel caso di Allam, queste denunce servono per gettare benzina sul fuoco, o nel caso di Cammilleri per mistificare storia e presente, occorre iniziare a preoccuparsi perché da questo tipo di attenzioni è del tutto assente la "carità cristiana" nei confronti della verità e quindi presente un'agenda che con le persecuzioni ha poco a che fare.Qui sotto un pezzo a quattro mani scritto con Maurizio Turco che risponde ad alcune "inesattezze" del Cammilleri apparse sul Giornale il 22 agosto circa i turchi di Cipro, miei novelli compatrioti, che dovrebbe essere pubblicato dal Giornale uno di questi giorni.Il Muro di Cipro visto dalla parte turca
Di Maurizio Turco e Marco Perduca*
Rino Cammilleri ha ragione a ricordare, nel suo intervento sul Giornale del 22 agosto, che all’interno dell’Unione europea esiste ancora un muro e si trova sull’isola di Cipro; il problema è che la cosiddetta “linea verde” che taglia l’isola da nord a sud non separa tanto l’Europa dalla Turchia, bensì esclude 260mila turco-ciprioti dal pieno godimento dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali che invece sono riconosciuti senza problemi agli abitanti greci dell’isola mediterranea.
Sicuramente quasi mezzo secolo di storia di qualsiasi paese è difficilmente riassumibile in poche righe, specie se si tratta di una storia come quella di Cipro che è caratterizzata da un complesso processo di decolonizzazione e convivenza di comunità prontamente diverse. Le cose si complicano se, nel ricostruire il contesto storico-politico dell’isola si fa economia del fatto che la Grecia dei colonnelli ha giocato un ruolo centrale per minare il fragile compromesso federalista della Costituzione cipriota del 1960 e imporre governanti filo-Atene a forte caratterizzazione fondamentalista religiosa e ultra-nazionalista nel tentativo di hellenizzare l’intera isola tanto da provocare un intervento militare turco del 1974.
Da qualche giorno, dopo mesi se non anni di silenzio, si riparla finalmente di Cipro. Infatti, grazie prima al Riformista e poi il Giornale, si rincorrono notizie relative a presunti maltrattamenti subiti dall’arcivescovo di Cipro Chrysostomos per aver tentato di ufficiare una messa nel monastero di San Barnaba presso la città di Famagosta, o Gazimaguza che dir si voglia, sulla costa meridionale della parte nord di Cipro trasformato in museo di icone cristiane a seguito dell’intervento turco del ‘74. Sicuramente, se vero, si tratta di un episodio condannabile – e ampiamente condannato - ma come avrebbero reagito i guardiani di un museo italiano di fronte a una situazione simile? Non avrebbero forse chiamato la polizia come del resto hanno fatto i turco-ciprioti? Certo, per le agenzie che hanno ripreso le rimostranze del greco la polizia turco-cipriota viene denominata milizia armata, ma questo perché la Repubblica turca di Cipro nord non è riconosciuta da nessun paese al mondo, tranne la Turchia – quindi, indipendentemente dalla qualità del loro operato vanno considerate illegittime, se non illegali, e quindi paragonabili a bande armate qualsiasi.
Cammilleri si meraviglia inoltre del fatto che per entrare in un museo istallato all’interno di una chiesa cristiana i cristiani stessi debbano pagare per entrare, perché, forse una simile situazione non si presenta a tanti cattolici italiani che vogliono visitare chiese come quella di San Polo a Venezia, già potenza coloniale a Cipro, non devo forse fare lo stesso?
Tenuta presente la complessità della situazione politica generale dell’isola, nonché il fatto che comunque si tratta di zone che, seppur accessibili a chiunque, non si trovano sotto il diretto controllo del Governo greco-cipriota riconosciuto, forse sarebbe stato meno provocatorio (e più cristiano?) tenere la funzione religiosa nel Monastero dell’Apostolos Andrea, sito nella punta estrema dell’isola nella parte turca, e luogo tra i più sacri per i greci ortodossi perché costruito sopra una sorgente d’acqua ritenuta benedetta come quella di Lourdes. Forse non si voleva far sapere alla diaspora greco-cipriota che dal 21 al 23 agosto si è ritrovata a Nicosia le pessime condizioni in cui si trova il luogo sacro per dissidi interni tra gli architetti greco-ciprioti e la parrocchia che hanno fatto volatilizzare i finanziamenti promessi dalle Nazioni unite per un restauro strutturale…
Ma perché questo improvviso interesse per l’isola? Forse perché è previsto per i primi di settembre un incontro tra i presidenti delle due repubbliche cipriote per riprendere il cammino negoziale, rifiutato dalla parte greca con un voto negativo al cosiddetto Piano Annan nel 2004? O forse perché nei prossimi mesi si dovrà riaffrontare la questione della Turchia nell’Unione europea?
A giudicare dalle conclusioni di Cammilleri sembrerebbe quasi che tutto questo rumore cipriota abbia come destinatario finale la Turchia, definita forse affrettatamente, come un paese governato da un partito islamico intenzionato (membro osservatore del Partito Popolare Europeo!), infondo, a esportare la sharia. Sicuramente anche grazie a quell’esercizio democratico che si chiama elezione presidenziale, le richieste turche di piena membership europea torneranno a suscitare l’attenzione dei commentatori, occorrerebbe far lo sforzo di considerare la questione nel suo perimetro politico tenendo presente la prospettiva di democratizzazione e pacificazione del Mediterraneo orientale che l’inclusione della Turchia potrebbe facilitare.
Conoscere a fondo può sempre aiutare a deliberare, ed è per questo che il 20 luglio scorso ci siamo recati a Lefkoşa per vedere di persona i frutti della “occupazione militare turca” di Cipro nord. In una settimana di incontri con le autorità locali abbiamo scoperto che, grazie ad Ankara, i turco-ciprioti sono riusciti a sviluppare istituzioni pienamente democratiche, laiche e tutt’altro che al guinzaglio dell’esercito turco. Prima di lasciare l’isola abbiamo chiesto la cittadinanza della Repubblica turca di Cipro nord, perché riteniamo che i cittadini di un paese che esiste e funziona democraticamente e laicamente, pur nell’isolamento a cui lo condanna l’embargo internazionale e le promesse non mantenute dell’Unione europa, il cui territorio fa parte dell’Ue abbiano il diritto di poter vivere con quella pienezza di diritti che si ritiene essi violino.
*) Maurizio Turco, deputato della Rosa nel Pugno e Marco Perduca, Vicepresidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, cittadini della Repubblica Turca di Cipro Nord
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