3.21.2006

Le verità non scritte della guerra onusiana alla droga

La 49esima Commissione Droghe delle Nazioni unite (CND), che si è tenuta a Vienna dal 13 al 17 marzo, si è conclusa come le precedenti: convinzioni proibizioniste rafforzate e impegno alla lotta alla droga riaffermato. Questo stando alle risoluzioni adottate in conclusione dei lavori. Ma, avendo potuto seguire dal vivo il dibattito, che contrariamente ad altri consessi onusiani non prevede la pubblicizzazione via internet, si nota che il consenso formale non rispecchia le divisioni sostanziali tra i vari Stati membri, d'altronde il proibizionismo prospera sulla negazione della conoscenza.

Verso la fine di gennaio la Giunta internazionale per il controllo degli stupefacenti (INCB) aveva presentato il proprio rapporto annuale relativo all'applicazione delle norme contenute nelle tre Convenzioni ONU in materia di "droghe". Il panorama disegnato dalla Giunta resta di sostanziale preoccupazione: si documenta il perdurare delle coltivazioni illecite, si nota un incremento sostanzialmente stabile circa il consumo, che però ci viene detto essere minimo o addirittura in declino nei paesi ricchi - la manipolazione dei dati relativi alle varie sostanze nonché l'inclusione o esclusione a intermittenza delle "droghe sintetiche" complica notevolmente la lettura dei dati - e si lancia l'allarme dell'aumento esponenziale di consumo per via endovenosa di oppiacei in tutta l'Asia e di ingenti produzioni di cannabis nel continente africano. L'INCB, che funge anche da interprete autentico delle Convenzioni, nota inoltre che nel 2005 sono aumentati i paesi che hanno reso disponibile le terapie che consentono l'uso del metadone, ma lo fa considerando queste politiche come un messaggio politico sbagliato che potrebbe promuovere il sostanziale condono dell'uso dell'eroina; infine nel notare la necessità di rendere disponibile la morfina nel mondo povero si ritiene che la codeina debba essere fortemente limitata. Nessuna menzione per la "riduzione del danno", termine che all'ONU di Vienna resta proibito, dello scambio di siringhe, delle "narco-sale" oppure dei programmi di distribuzione di eroina sotto controllo medico. Con queste premesse era chiaro che la conclusione della CND fosse già scritta.

Se, come vedremo, il dibattito relativo a domanda e offerta del "proibito" non è stato tutto a senso unico, totalmente assente è invece stata, tanto dalla plenaria quanto dagli eventi paralleli, una qualsiasi analisi del contesto generale in cui le politiche di lotta alla droga vengono portate avanti col contributo degli europei e dalle Nazioni grazie anche al sostanziale finanziamento della Commissione di Bruxelles. E' infatti in palese contraddizione e contravvenzione dei principi fondativi dell'UE l'utilizzo di risorse umane e finanziarie europee in contesti come la Libia, Iran, Birmania, Vietnam, Laos, Corea del nord e Cina dove il mero consumo delle sostanze stupefacenti può portare alla pena di morte e dove comunque è ragionevole ritenere che il Governo di quei paesi, dove le libertà e i diritti umani sono violati sistematicamente, sia uno degli anelli della catena che dal campo alla strada lega tutte le fasi di coltivazione, raffinazione, traffico e spaccio delle sostanze proibite dall'arsenale proibizionista internazionale. Il Direttore dell'ONU di Vienna Antonio Maria Costa (che due anni fa aveva invitato le autorità cinesi a sospendere le esecuzioni in pubblico per celebrare la giornata internazionale contro la droga perché imbarazzavano un'organizzazione vincitrice del Nobel per la pace) è sempre molto attento a castigare le proposte degli antiproibizionisti definendoli una "lobby della droga" ma non ha alcun timore ad apparire a fianco dei generali birmani o dei funzionari del partito comunista laotiano che, cogliendo l'occasione dell'imperativo dell'eradicazione del papavero, incrementano le deportazioni e persecuzioni di decine di popoli indigeni come gli Shan, gli Aka o i Hmong, depistando le indagini in merito ai veri profittatori dei guadagni fenomenali derivanti dall'eroina.

Ma veniamo al dibattito. Sin dall'inaugurazione della CND - dove il Ministro Giovanardi e Costa hanno presentato la “tolleranza zero” dell'italico “stralcio olimpico” come esempio guida nell'interpretazione e applicazione autentica delle Convenzioni ONU - si è percepito un disaccordo strisciante tra chi, come USA, Giappone, Federazione russa e i nordici è convinto che non si debba allentare minimamente il giro di vite proibizionista - pena lo sconfinamento in una società senza freni o morale, e chi, come Paesi bassi, Canada, Spagna, Regno unito e Svizzera affronta il consumo degli stupefacenti preferendo le cure alla criminalizzazione.

Da sempre, anche perché l'Ufficio per le droghe e il crimine (UNODC) esiste grazie ai loro soldi, il dibattito è ruotato intorno ai paesi dove si “consuma”. Il 2006, grazie alla Bolivia, segna un cambiamento di approccio nei confronti della lotta all'offerta. Il tema della 49esima CND era il cosiddetto “sviluppo alternativo”: la sostituzione delle colture proibite dalla Convenzione del '61 con piante lecite. Sebbene la politica principale dell'ONU resti l'eradicazione totale del proibito, dalla fine degli anni Ottanta l'UNODC (allora UNDCCP) ha sperimentato la sostituzione di colture nell'America andino-amazzonica invadendo monti e valli di caffè, cuore di palma, viti e ulivi al fine di scacciare la foglia di coca. I progetti, quasi tutti falliti nel medio-lungo periodo, anche perché imponevano prodotti senza sbocco nei mercati del “nord”, hanno attaccato, demonizzandola, la natura e la cultura di una pianta certamente necessaria alla raffinazione della cocaina ma centrale nella cultura, tradizione e religione di decine di popli indigeni tra i quali gli Aymara a cui appartiene il Presidente boliviano Evo Morales.

Le promesse di Morales di adoperarsi per la cancellazione della proibizione imposta all'”oro verde” sono state mantenute. I due vice-ministri boliviani inviati a Vienna hanno incrinato il consenso anti-coca dei paesi latino-americani (GRULAC) e annunciato leggi e politiche volte a valorizzare l'uso ancestrale e industriale della foglia. Se ne riparlerà a maggio all'Organizzazione Mondiale della sanità (OMS), al Summit UE-GRULAC oltre che al Forum Sociale europeo di Atene. L'intenzione è quella di creare le condizioni per arrivare alla riclassificazione della pianta prima della sessione speciale dell'Assemblea generale sulle droghe (UNGASS) del 2008.

Coca a parte, il pomo della discordia era la ratifica di uno studio scientifico dei "risultati" in vista della prossima UNGASS. Due le proposte sul tavolo: quella olandese che chiedeva a chiare lettere una valutazione (evaluation) da ricercare con l'aiuto di esperti indipendenti, e quella nippo-statunitense che invitava a una stima (assessment) dell'esistente da compilarsi nel pieno rispetto delle Convenzioni. Il compromesso prevede una stima da produrre entro il 2008 in collaborazione con altre organizzazioni internazionali (quindi niente ONG, ma interazione possibile con OMS e Osservatorio sulle droghe di Lisbona) alla quale seguirà, forse, una sessione ministeriale nel 2009. Come ha solito nessuno ha perso.

Meno soddifatto invece Costa - e non solo perché il suo futuro è incerto anche in caso di vittoria della Casa delle libertà (Fini ha ridotto di quasi 2/3 i finanziamenti a Vienna). In chiusura dei lavori il Direttore dell'UNODC ha ricordato che la sua agenzia è prossima al fallimento se i finanziatori tradizionali (Commissione europea, USA, Giappone, Svezia e Norvegia) non aumentano il loro sostegno. La notizia ha fatto poco scalpore, tutti sanno che ai troppi progetti seguono solo proclami e nessun risultato tangibile.

Da questa drammatica verità non scritta occorre ripartire, ma occorre ripartire con la convinzione che il proibizionismo non ha fallito, anzi. Quarant'anni di divieti son riusciti a creare le condizioni per cui non solo si sono demonizzate colture, culture e religioni concorrenti (basterebbe pensare che elemento fondamentale dell'eucarestia è una droga legale), ma si sono create le premesse "culturali" per la stigmatizzazione del "deviante" tanto quanto della "cultura dello sballo" contro cui le uniche risposte non possono che essere di rafforzamento della sicurezza: sicurezza contro l'"autolesionismo della dipendenza" (non esiste il "diritto a drogarsi") e sicurezza contro i mercanti del male ("anti-mafia" e "extracomunitario=spacciatore"), che altro non sono che le condizioni necessarie per un'evoluzione "democratica" e "compassionevole" dello stato di polizia. Abrogare la Fini-Giovanardi non basterà.

2 comments:

Anonymous said...

Bravo! per la tua bella e istruttiva relazione. La tua presenza e il tuo lavoro in questa come in altre riunioni sono sempre molto importanti, ci permettendo di avere le informazioni e le verità su quello che succede all’ONU.

Anonymous said...

Ciao sono nicola, studio Comunicazione a Bologna. innanzitutto complimenti per la chiarezza e l'esaustività di quel che scrivi; è difficile rimanere compassati quando si parla di argomenti che appassionano...ti scrivo perchè sto facendo una specie di relazione sulla nuova legge fini-giovanardi per un esame, ma sono ancora in alto mare. non riesco neanche a trovare informazioni univoche sui lavori della splendida commissione e sulle sue tabelle.
Volevo chiederti se cortesemente riusciresti a indicarmi dove procurarmi un po' di materiale interessante..ti invio la mia mail.
nbel caso grazie mille, seno grazie comunque. ancora complimenti.