1.24.2006

L'identità digitale necessita di certezza del diritto "reale" e "virtuale"

Su Repubblica del 27 dicembre scorso, Stefano Rodotà terminava il suo intervento sulla "Rete invisibile che avvolge l'Europa" chiedendosi se i programmi dei partiti che parteciperanno alle prossime elezioni politiche italiane si occuperanno delle questioni relative alla minaccia della creazione di una "nazione dei sospetti".

Tra i 31 punti coi quali è stato avviato a Fiuggi nel settembre scorso il processo di integrazione tra radicali e socialisti che ha portato alla nascita della "Rosa nel Pugno" ve ne sono almeno 10 che riguardano la Rete. In vista delle prossime elezioni i laici, socialisti, liberali e radicali del nuovo soggetto elettorale hanno voluto rovesciare l'approccio fino a oggi utilizzato nelle politiche di "controllo della rete" e dei suoi naviganti passando dalle misure emergenziali dell'antiterrorismo - o gli allarmismi sensazionalistici della denuncia della promozione della pedofilia, pornografia e droghe agitate dai vari Catone del terzo millennio che stanno minando la libertà della e nella rete - all'affermazione dei diritti digitali in un contesto di effettivo ed efficace stato di diritto liberale e garantista.


Nel suo intervento il Professor Rodotà riassumeva e denunciava molto efficacemente alcuni degli aspetti più preoccupanti dell'invasione nella privacy degli europei a seguito dell'adozione di misure continentali basate sull'esperienza statunitense. Dall'inizio di dicembre infatti, in ossequio alla lotta al terrorismo - ma anche alla lotta alla cyber-pirateria - si è decretata per gli stati dell'UE la conservazione dei dati relativi al traffico telefonico ed elettronico imponendo questo oneroso esercizio di catalogazione e conservazione da sei mesi a due anni dei numeri e indirizzi di partenza e arrivo dei messaggi - ma non il loro contenuto! - alle compagnie telefoniche o agli inernet provider con evidente rafforzamento dei più ricchi e potenti e la progressiva eliminazione delle piccole e medie imprese. Per quanto si tratti di gravissime violazioni della sfera privata dei cittadini europei, la ritenzione dei dati rappresenta solo un sintomo del tumore illiberale ormai in metastasi in tutta Internet.


La rete invisibile che ci avvolge, e rischia di soffocare senza via di ritorno quegli spazi di libertà ulteriore che avevano invece caratterizzato buona parte dell'alba di internet, necessita di urgenti contrappesi liberali basati su norme certe e applicabili a livello globale per spezzare l'ordito e la trama di una maglia che, come paventa Rodotà, sembra destinata ad avere, come unico sviluppo possibile e accettabile, l'istituzione di quei dipartimenti del pre-crimine che Philip K. Dick oltre 50 anni fa riteneva fossero lo sbocco naturale della tecnologizzazione del governo.


La deriva tecno-burocratica, e quindi anti-liberale, della Rete non riguarda solo la privacy. Infatti da una decina di anni a partire dagli Stati uniti sono state adottate, spesso nel totale silenzio dei media, tutta una serie di misure che col "nobile" fine di tutelare il prodotto dell'intelletto umano stanno rendendo tecnicamente difficile e insopportabilmente onerosa la collaborazione attraverso la rete - criminalizzando lo scambio di dati secondo sistemi di scambio tra pari (peer to peer)- disincentivando la ricerca pura e l'innovazione tout court - aumentando biblicamente la durata dei diritti d'autore nell'era della comunicazione globale e istantanea - e consentendo la brevettazione (o ribrevettazione previi minimi cambiamenti nelle formule) di funzioni di programmi necessari per ricerca e sviluppo.


La salvaguardia delle cosiddette "proprietà intellattuali", oltre a rallentare e caricare di costi ingenti l'innovazione tecnologica aumentando il divario tra ricchi e poveri (di denaro come di idee), sta anche andando a colpire uno dei cardini del pensiero liberal-democratico classico minando subdolamente - con conseguenze da "esproprio tecnologico" ancora tutte da scoprire - la proprietà privata di lockiana definizione arrivando a dare primazia alle proprietà sui beni immateriali rispetto a quelli materiali (per esempio qualsiasi oggetto operato da un software proprietario non può essere manomesso dal suo legittimo e legale proprietario, anche per fini non commerciali, senza il permesso del produttore perché si infrangerebbero i diritti di "proprietà intellettuali" tutelati dal brevetto del programma).


Se a tutto questo si aggiunge il fatto che presto ogni transazione "virtuale" potrebbe essere rintracciabile nella Rete grazie a un bollino elettronico (tag) e che molti prodotti "reali" potrebbero essere dotati di un'identità a radiofrequenze (RFID) individuabile e rintracciabile anche dopo l'acquisto, la profezia orwelliana di uno stato di polizia alla 1984 si potrebbe finalmente compiere.


La piattaforma digitale della Rosa nel Pugno vuole porre al centro della riforma politica "virtuale" la e-democracy - la possibilità di agire in rete affermando, certificando e tutelando la propria identità - e non l'e-government - l'impiego delle più recenti tecnologie per consolidare burocrazie e poteri forti. Per far questo, che si tratti di diritti civili e politici o di libertà economiche nel mondo "virtuale" come in quello "reale" occorre porre con decisione l'urgenza del rispetto del principio di legalità che deriva dall'applicazione di norme minime volte all'affermazione dell'individuo con tutte le sue prerogative e responsabilità.


Per avviare quindi quell'alternanza tra centro-sinistra e centro-destra necessaria alla nascita di una politica radicalmente alternativa alla partitocrazia e al consociativismo degli ultimi tre decenni occorrerà riformare prioritariamente non solo la Legge 40 per consentire fecondazione artificiale e ricerca scientifica sulle staminali embrionali, o la ex-Cirielli per avviare una riforma liberale e garantista dell'amministrazione della giustizia, oppure il Ddl Fini-Giovanardi per passare dal controllo proibizionista alla regolamentazione legale delle sostanze stupefacenti, ma anche cancellare la Legge Urbani per decriminalizzare sistemi di collaborazione e condivisione di saperi e beni al fine di aprire ulteriori spazi, anche economici, di libertà legalizzate nella Rete.


La penalizzazione a prescindere di comportamenti e scelte che non arrecano danno fisico o economico ad altri, oltre che promuovere l'idea di una società che va protetta dall'incapacità e impreparazione degli individui ad assumersi le proprie responsabilità, rappresenta uno sbarramento poderoso alla libertà individuale e quindi alla ricerca, all'innovazione, al rispetto di una legge uguale per tutti e una giustizia giusta, tutte cose di cui l'Italia ha un urgente bisogno.





4 comments:

Anonymous said...

perdukistan, siamo capaci tutti a essere brevi rimpiccolendo i caratteri... questo postino lo scioppero. %-)

perdukistan said...

che vuol dire scioppero?

Anonymous said...

di preciso non lo so, lo zingarelli 2000 non contempla questa parola.

io l'ho usato come sinonimo di "mi astengo dalla lettura", essendo il tempo e le diottrie risorse limitate. %-)

perdukistan said...

ora l'ingrandisco