Nel “Libro nero della Cina”, uscito l'anno scorso anche in Italia, si confermano, documentandole, le politiche di sistematica violazione di qualsiasi diritto individuale su vasta scala che Pechino sta portando avanti da quasi mezzo secolo nel più totale disinteresse della cosiddetta comunità internazionale.
Per essere considerati però un “successo” politico, oltre che editoriale, questo tipo di pubblicazioni devebbero arrivare a svegliare le coscienze di coloro che, in silenzio, hanno lasciato che la Cina divenisse quell'esperimento di ibrido nazional-autoritario-capitalista di derivazione comunista, tendente all'autarchia che, dalla caduta del Muro di Berlino, e con rare eccezioni, è divenuto il modello vincente di evoluzione o State building per buona parte del mondo in via di sviluppo.
Molti, anche tra gli economisti più estremisti e orientati verso il laissez-faire più assoluto ritengono che non si debbano mischiare i “diritti umani” con gli affari. Altri, tra i politici meno liberali, ricordano quotidianamente le malefatte dei regimi liberal-democratici e del loro impatto globale ponendo “ben altre” urgenze al centro delle iniziative dei loro movimenti sociali basando le proprie tesi su ragionamenti figli di un relativismo culturale di post-marxiana memoria.
Questa strana alleanza tra illiberali di destra e di sinistra ha contribuito di fatto a che la Cina, tanto comunista quanto l'Unione Sovietica, restasse prima fuori dallo scacchiere della Guerra Fredda, e successivamente divenisse un vero e proprio laboratorio per l'evoluzione di modelli di sviluppo a-democratici già sperimentati con successo altrove in Asia, come Singapore, Malesia o Indonesia. Evoluzione e applicazione mai messi in discussione dell'Occidente nei regimi non comunisti e sostanzialmente “ratificata” con l'apertura di Nixon alla Cina. Il successo di questi regimi anti- o a-democratici risiederebbe nella presunta garanzia del mantenimento della necessaria stabilità per investimenti internazionali e nell'altrettanto presunta possibilità di mantenere vedette Occidentaliin quelle acque turbolente del sud-est asiatico non cadute vittima delle incursioni rivoluzioniste marxiste - poiché ritenute meno strategiche dell'Indocina nell'incanalare l'attenzione dell'opinione pubblica e fomentare buona parte dell'antiamericanismo degli anni '60 e '70.
Per tentare di svegliare quanti sembrano essere distratti dall'importanza di tutto questo “ben altro”, piuttosto che dalle persecuzioni ai danni dei tibetani, uiguri, mongoli, cristiani, musulmani, falungong, giornalisti, dissidenti politici e sindacalisti, ed evitare che il sonno della loro ragione continui a generare i mostri che popolano i capitoli del “Libro nero della Cina”, occorrerebbe compilare con urgenza un “Libro d'oro sulla Cina”: un testo cioè sugli affari mondiali di Pechino, al fine di documentarne appieno la quantità e qualità degli investimenti in Europa, Americhe, Africa e Asia. Un tale sforzo di ricerca e documentazione potrebbe farci meglio comprendere come l'avanzata cinese contenga minacce che vanno ben oltre l'occupazione di rilevanti settori del mercato globale.
Infatti, subito dopo l'acquisizione di Honk Kong nel luglio del 1997, e in particolare dal 1999, anno in cui Pechino incassò la vittoria politica, economica e mediatica della decisione di poter ospitare le Olimpiadi nel 2008, la Cina - che per tutti gli anni Novanta a seguito di Tienammen si era dedicata in silenzio a sviluppare il proprio modello di sviluppo nei settori manifatturieri di beni a poco costo sostituendo la costruzione di costose catene di montaggio con veri e propri campi di lavoro forzati a costo pressoché zero accumulando per questo contratti multi-miliardari con tutte le grandi catene di distribuzione americane ed europee - ha iniziato un piano quinquennale di espansione mondiale in settori strategici come l'estrazione del petrolio, la produzione dell'acciaio, l'informatica, le telecomunicazioni e, ultimamente, l'acquisizione di buona parte del debito pubblico degli USA.
La prima zona di espansione è stata naturalmente l'Asia, spesso attraverso le numerose comunità cinesi presenti storicamente nel sud-est asiatico e altrettanto storicamente perseguitate perché ricche in virtù delle spiccate capacità commerciali. Dieci anni di investimenti e silenziosa diplomazia hanno fatto sí che, per esempio, al summit dell'ASEAN del 30 di novembre 2004 sia stata formalizzata la creazione di zona di “libero scambio” tra 10 paesi del sud-est asiatico e la Cina - un accordo che rimuoverebbe mutualmente dazi e tariffe entro il 2010 andando a unire le economie dei membri ASEAN valutate intorno a 1.000 milioni di dollari ai quasi 1.500 milioni della Cina.
L'Africa, e successivamente il sud America, sono seguite a ruota anche grazie a contatti di vicinanze ideologiche retaggio della Guerra Fredda. Pechino è entrata prima come fornitore di aiuti alla cooperazione e lo sviluppo (senza quelle fastidiose clausole che in teoria imporrebbero il rispetto dei diritti umani negli accordi bilaterali tra paesi in via di sviluppo e l'Unione europea) e successivamente come generoso investitore economico in concorrenza diretta con Taiwan. Una rilettura della progressione dei voti che alle Nazioni unite hanno evitato l'adozione di risoluzioni di censura nei confronti di Pechino, volute da Washington, che tenesse presente questo drang nach Westen potrebbe fornire una mappa dettagliata degli investimenti cinesi degli ultimi 10 anni in mezzo mondo.
Inoltre, questa espansione del modello capital-comunista è avvenuta parallelamente all'affermazione della Mafia cinese - che secondo il New York Times dovrebbe sedere di diritto insieme a gruppi come la Mafia russa o la Microsoft al tavolo del G8 reale- al mantenimento dell'inconvertibilità del Renminbi - proprio come per il rublo di sovietica memoria- e, last but not least, all'invasione di cinesi nel mondo “Occidentale”.
Come se tutto questo non bastasse, nel 2005, Francia, Germania e Italia si sono dichiarate pronte a sollevare l'embargo europeo sulle forniture di materiale militare tecnologicamente avanzato che l'Ue aveva imposto alla Cina all'indomani della brutale repressione di Tienammen. Per non essere da meno Vienna e Berlino hanno firmato mega-contratti per rendere Pechino autosufficiente nella produzione di acciaio entro il 2007, mentre inglesi e olandesi si spartiscono da tempo coi cinesi promettenti giacimenti petroliferi in Africa. Recentemente negli USA, un think tank ha addirittura sconsigliato all'Amministrazione Bush di mantenere viva la cinquantennale politica di “privilegi” nei rapporti con Taiwan perché nel lungo periodo potrebbe rovinare le relazioni economiche sempre più rilevanti tra la Cina e gli Stati uniti (il 10% delle esportazioni cinesi arriva direttamente sugli scaffali della mega-catena di supermercati Wal-Mart).
Se è certo che la Cina si è dimostrata un alleato fedele, e per alcuni anche particolarmente efficiente ed efficace, nella lotta al terrorismo internazionale – i cittadini cinesi farebbero i salti di gioia se il diritto penale del loro paese fosse modellato sul famigerato “Patriot Act” statunitense - altrettanto certo è che negli ultimi anni, magari proprio in virtù della sicurezza nazionale, Pechino ha ampliato la pervasività del Comitato Centrale nella vita dei propri “cittadini”.
Hu Jintao, che secondo alcuni commentatori doveva essere il volto dell'avvio del cambiamento cinese, ha invece inasprito le persecuzioni di “minoranze” religiose e di tutte quelle popolazioni di etnia non cinese, represso brutalmente le rivendicazioni sindacali di milioni di lavoratori, deportato internamente milioni di persone per costruire monumentali dighe o altre infrastrutture “necessarie” a rifornire di energia la macchina industriale cinese, incarcerato senza motivo dissidenti politici, intellettuali, scrittori e scienziati, nonché messo a morte migliaia di persone, spesso senza processo per vari tipi di crimini - le stime dell'ultimo rapporto dell'associazione radicale Nessuno Tocchi Caino ritengono che nel 2005 le esecuzioni siano state oltre 5000. Appartiene all'era di Hu anche l'offensiva telematica. Infatti, negli ultimi anni, le autorità cinesi hanno adottato leggi e sviluppato software per bloccare l'accesso a siti ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale (tra i vari anche RadicalParty.org), e per ridirigere ricerche su internet ampliando la censura a tutto quello che poteva essere minimamente sospettato di indurre critiche al Comitato centrale del Partito Comunista cinese e alle sue politiche.
Se le grandi opere strutturali hanno cambiato radicalmente la vita di milioni di cinesi e decine di vallate, le politiche da “grande fratello” che la Cina sta applicando con crescente investimento tecnologico rischiano di avere un impatto enorme anche sul resto del mondo. Dal 2006 i computer IBM saranno prodotti in Cina dalla Lenovo, una compagnia cinese a capitale “misto” che ha rilevato Big Bleu per 1.750 miliardi di dollari metà dei quali pagati in contanti; poter quindi conoscere la qualità – sicurezza, affidabilità e trasparenza - del hardware Made in China potrebbe essere ancora più difficile di quanto non lo sia già oggi.
Da notare poi come, facendo leva sulle potenzialità sterminate del mercato telematico, Pechino sia riuscita anche a imporre ai siti internet con potentissimi motori di ricerca come Google o Yahoo la censura preventiva di alcune pagine e il ridirezionamento su siti governativi ogni qual volta un utente intende fare ricerche considerate “dubbie” o pericolose. Inoltre, il settore News Asia di Google, uno tra i più visitati al mondo, spesso apre con notizie tratte dall'agenzia ufficiale cinese Xinhua o da altre pubblicazioni cinesi.
Le politiche da “grande fratello” della Cina sono in costante evoluzione e, recentemente, hanno subito un'ulteriore sofisticato raffinamento. Infatti dall'inizio del 2000, Pechino, anche per ricevere più agevolmente gli aiuti internazionali, ha dato il via alla creazione di decine di organizzazioni di volontariato e non-governative per affrontare tematiche economiche e sociali promuovendone l'affiliazione al Consiglio economico e sociale delle Nazioni unite. Non essendo consentita la libertà di associazione, le organizzazioni non-governative cinesi, o Ong, agiscono sotto lo stretto controllo delle autorità, donde il soprannome Gongo (dall'inglese Governmental Non-Governmental Organization) coniato dalle associazioni occidentali per i diritti umani. Le Gongo cinesi, che raramente hanno siti web e i cui rappresentanti viaggiano con passaporto di servizio, partecipano alle riunioni formali e informali che avvengono all'interno del sistema dell'Onu e fungono da potente ulteriore macchina propagandistica sia verso l'opinione pubblica occidentale che nei confronti di quella dei paesi in via di sviluppo.
Il controllo della disseminazione dell'informazione da una parte e la mistificazione delle malefatte interne dall'altra mirano, attraverso la magnificazione del progresso tecnologico e della crescente riduzione delle povertà, a proiettare un'immagine di un paese che si sta aprendo alla cosiddetta “società civile”, consentendo una partecipazione diretta dei cinesi alla costruzione del proprio paese. Allo stesso tempo queste Gongo girano il mondo per disarmare la dissidenza in esilio, screditare gli esperti non cinesi e attaccare frontalmente gruppi ritenuti insidiosi come i falungong in quanto rappresentanti del “male”.
Al momento le strategie comunicative di questa nuova public diplomacy cinese si basano sullo sviluppo di un linguaggio che include patriottismo, gergo onusiano e terzomondismo aggiornato e condito con un velato anti-americanismo. In futuro, una volta che il controllo della Rete sarà ancora più efficace – e purtroppo su stimolo dei Governi occidentali gli spazi di libertà nella rete stanno subendo limitazioni sistematiche – ci sarà da aspettarsi un'invasione di milioni di Tazebao elettronici che ci bombarderanno delle magnifiche sorti e progressive del rinato impero cinese.
Consentire che si continui a silenziare l'opposizione di un popolo che a seguito di politiche di selezione della razza è composto in maggioranza da maschi tra i 20 e 35 anni di età potrebbe portare a sollevazioni popolari di tipo e ripercussioni diametralmente opposte rispetto a quelle che hanno caratterizzato la Georgia e l'Ucraina o perfino il Venezuela. Infine, partecipare esternamente alla creazione di un'armata enorme e super attrezzata, al punto da poter arrivare a rivaleggiare con l'esercito statunitense, che è guidata da un Commander in Chief nominato dal Comitato centrale e quindi non sottoposto a nessun tipo di scrutinio politico trasparente, dovrebbe iniziare a preoccupare tanto il Pentagono quanto la NATO tutta intera.
L'esportazione di materiale e tecnologie sofisticate verso Pechino non solo ha contribuito alla crescita del complesso militare e industriale cinese, ma ha anche rappresentato una vera e propria manna per gli ingegneri cinesi che per anni hanno copiato a più non posso, duplicando tutto il duplicabile, senza quindi il minimo riconoscimento dei diritti di proprietà intellettuali degli inventori occidentali che invece viene esatto manu militari in mezzo mondo.
Gli europei e gli americani, invece di porsi questioni di strategie politico/economiche realmente globali, stanno tentando di ingaggiare le autorità cinesi in una guerra alla contraffazione che, proprio come la guerra alla droga, andrà a colpire il piccolo “criminale” o l'innovatore disinteressato rafforzando lo stato di polizia e militarizzandone ancora di più i controlli civili, senza toccare lo strapotere delle mafie vincenti che gestiscono le varie contraffazioni. Il tutto in un contesto in cui si lascia impunentemente mano libera a un governo che non passa attraverso nessun tipo di scrutinio politico nazionale e che sfrutta qualsiasi richiesta di collaborazione internazionale per rafforzare la propria posizione dominante e i suoi crudeli abusi.
A tutto questo occorre porre immediato rimedio, specie perché, tra poco tempo, le università cinesi inizieranno a sfornare migliaia di matematici, ingegneri, scienziati e programmatori capaci non solo di produrre quanto oggi mantiene all'avanguardia gli USA, Giappone, Corea del sud e parte dell'Europa, ma anche di sviluppare invenzioni più avanzate e sofisticate in settori cruciali per il futuro dell'umanità come quelli della genetica, della clonazione umana, delle nano-tecnologie e, perché no, del bio-terrorismo e armi di distruzione di massa.
Innanzitutto occorre rinviare sine die la fine dell'embargo europeo sulla vendita di armi alla Cina – anche perché la storia insegna che lo sbocco naturale della corsa agli armamenti su vasta scala è sempre stato la guerra “mondiale”- allo stesso tempo è illusorio pensare che questa misura possa avere un qualche impatto effettivo se sarà destinata a restare un'eccezione alla regola delle politiche di temporanee convenienze economiche nei confronti della superpotenza cinese. In ultima analisi è da tenere sempre ben presente che la stragrande maggioranza delle decine di milioni di cinesi che popolano, legalmente o illegalmente, il mondo, non sono rifugiati politici, ma, forse, “semplici imprenditori” o possibili “funzionari” di un più oscuro, o sofisticato, silenzioso piano “cinquantacinquennale”.
Rielaborazione di un pezzo apparso su Ideazione di luglio-agosto 2005 a firma Daniele Capezzone, Marco Perduca
17 comments:
Il liberismo potrebbe veramente soffocare il regime comunista.
L'embargo sulle armi è però irremovibile, a differenza di quanto dicono Schroeder, Chirac e pure parte della nostra sinistra.
Sui diritti civili l'unica è la moral suasion: ma come potrebbe essere veramente efficace?
Questo è il grande interrogativo.
Ciao Marco!
concordo il liberismo e non il capitalismo, che al momento sta facando arricchire i gerarchi. io sulla moral suasion posso anche essere d'accordo purche venga fatta di concerto e si tengano presenti tutte le armi legali a disposizione di chi vuol far rispettare i diritti civili, politici ma anche economici sia a livello nazionale cinese, che internazionale. prova del 9 il modo con cui arriveremo alle olimpiadi del 2008.
bentornato nel perdukistan jinzo!
Grazie: Il perdukistan è un paese democratico e Jinzo è sempre ben disposto a frequentarlo.
Comunque:
l'idea di restrizioni economiche da usare per far rispettare i diritti civili mi sembra superata.
Tu che ne pensi?
piu' che superata non mi pare che sia mai stata messa in atto (a meno che tu non ti riferisca alle sanzioni o embarghi). se infatti i governi 'democratici' imponessero alle proprie compagnie che vogliono far affari all'estero di farlo a norma di legge (del paese dove investono) probabilmente si contriubirebbe a promuovere lo stato di diritto in contesti come la cina. infatti cola' esiste il diritto del lavoro, ma siccome i permessi per fare affari si ottengono dal comitato centrale e/o dell'esercito si ha a che fare con una struttura di tipo mafioso che viola la legge che dovrebbe far rispettare. anche se ormai siamo molto in la' con lo sviluppo dei rapporti economici e commerciali con la cina, un minimo di potere contrattuale delle imprese straniere resta ed esse dovrebbero fare tutto quanto la loro coscienza gli suggerisce (impone?) per non sfruttare il lavoro degli schiavi dell'ex della dittatura del proletariato
In sintesi: nulla di nuovo sotto il sol levante.
Le stesse repressioni da Mao in poi. La stessa mafia dentro e fuori la Cina.
Gli stessi emigrati che neppure si immaginano di chiedere asilo politico perchè privi di coscienza politica obnubilata da decenni di lobotomizzazione totalitarista.
Repressioni contro popoli e religioni che sono in atto da oltre 50 anni (vedi Tibet).
Di tutto e di più di ciò che puntigliosamente tu e Capezzone avete raccontato e che riguarda la cancellazione con i metodi più diversi di violenza, della vita delle donne cinesi. Politica genocida che dura da secoli e che col “progressismo” comunista ha solo cambiato alibi e forme.
Ma di nuovo ci son proprio Google, Yahoo, Apple, Microsoft, che se da una parte appaiono complici dall’altra offrono sponde difficili ma non impossibili da raggiungere.
Quello che io temo sta non tanto nella durezza e impenetrabilità del regime ma l’assuefazione dell’individuo che sotto quella dittatura é cresciuto sviluppando una totale insensibilità e indifferenza ai suoi naturali desideri e all’altrui umanità e sofferenza.
I bambini portati ad assistere alle esecuzioni delle pene di morte educano anche a questo.
Ma la Cina si é comunque introdotta in casa il cavallo di Troia del mercato e col mercato entrano merci che non si vedono ma che possono corrodere la crosta dura e spessa di una dittatura.
Ciao, Marco.
Grazie per avermi segnalato questo bel post.
Perla
prego. il problema e' che a oggi, almeno che io possa ricordare, in nessun paese il mercato e' riuscito a fungere da cavallo di troia in un contesto che non ha mai conusciuto la liberta'.
post lunghissimo... roba che non ho mai letto cosi' tanto in tutta la mia vita.
Se vuoi leggere roba seria e non barzellette sulla cina, ti consiglio almeno questo:
http://www.rand.org/pubs/monographs/MG260-1/index.html
grazie del post (che dice le mie stesse cose ;). leggere fa bene, specie se si tratta di cose 'nuove'
leggere fa molto bene, specie le cose tanto interessanti che tu scrivi...
obrigado!
ti volevo prendere in giro perche' come tutti i radicali parli di roba poco seria per non dire irrilevante (diritti umani) e non parli di cio' che conta: armi, armamenti ed eserciti.
;P
secondo me se lo rileggi con calma...
caro perdukistan, grazie, articolo prezioso.
ho solo un dubbio sulla congettura finale, sul fatto "che la stragrande maggioranza delle decine di milioni di cinesi che popolano, legalmente o illegalmente, il mondo" possano essere possibili “funzionari” di un più oscuro, o sofisticato, silenzioso piano “cinquantacinquennale”... devo davvero tremare o è solo un'ipotesi preconcettuale?
secondo me bisogna tremare per correre ai ripari. il che non vuol dire che vanno cacciati o controllati, bensi' presi in considerazione come frutto di politiche scellerate nei confronti della loro madrepatria
ieri sera, influenzato dal tuo postino, ho chiacchierato un po' con una delle mie ristoratrici cinesi di fiducia... è qui da 11 anni, è tornata per la prima volta nel suo paese l'anno scorso e le è piaciuto così tanto che ha già triplicato la visita, dice che è molto molto molto cambiato, in meglio, che quando c'era mao... il contadino lento e il contadino veloce avevano diritto allo stesso trattamento mentre adesso che ogni contadino lavora per sé l'economia è decollata, tutti sono più ricchi, nessuno vuole più fare il contadino e tutti sono molto contenti. non ho osato parlare del tibet perché temevo che la risposta mi facesse passare l'appetito, ho azzardato un "peccato per le censure sul web... lei ha internet?" e mi ha risposto "no, non ho proprio tempo di pensare a queste cose".
spero che nel caso sia complice del piano "cinquantacinquennale" si ricordi almeno degli amici.
dagli amici...
psicoterrorista...
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