12.15.2005

Amnistia: dalla vecchia guardia una lotta d'avanguardia

Ecco qui il parterre des rois del comitato promotore della marcia dell'amnistia. Il 12 dicembre Pannella aveva inviato la lettera qui sotto a Romano Prodi.

"Caro Romano, da decenni, ormai, ovunque il paese, e Roma in particolare, sono teatro di manifestazioni popolari di massa, oltre che di mobilitazioni di rivendicazione di settori sindacali, corporativi; e per celebrazioni di ogni tipo. Manifestazioni, mobilitazioni, celebrazioni “assicurate” da un sistema organizzato, che funziona in genere a sostegno di schieramenti politici e/o istituzionali.

Finora invano, da settimane ho sperato che, almeno questa volta, fosse possibile veder esprimersi in tal modo soggetti e/o oggetti delle grandi questioni sociali, democratiche, liberali, socialiste, laiche, nonviolente di classe e insieme di Riforma civile e di religiosità umanistica.

“Ieri” mai venne dato uno spazio, ed erano milioni, ai cosiddetti “fuorilegge del matrimonio” che per generazioni si sono visti vietati famiglia, amore e dignità sociale: costretti a vivere nella clandestinità obbligata e vergognosa di sé; mentre chi poteva, si faceva annullare il matrimonio a pagamento, dalla Sacra Rota. E non solo. Mai, venne promossa e tenuta manifestazione, quando, in pochissimi, si lottava e poi si ottenne la chiusura dei lager manicomiali, la fine di questa altra tragedia. O di quella dei milioni di donne massacrate, raschiate, distrutte dalla piaga degli aborti, moltiplicatisi del non-detto ufficiale e “sociale”.

Per risolvere problemi sociali “vecchi” di decenni prodotto e frutto della cultura, dell’ideologia, degli interessi delle classi politiche dominanti con il fascismo e il post-fascismo, bastarono cinque anni: cinque anni dalla presentazione del progetto di legge Fortuna-Baslini; poi tre anni dalla richiesta referendaria sull’aborto. Così l’Italia venne accolta e ri-conosciuta come società e Stato europei.

L’Italia, anche quella “ufficiale”, sembrò per un attimo comprendere e comprenderci: negli stessi tempi si dette gli obiettivi che proponevamo: per esempio il nuovo diritto di famiglia (che giaceva parlamentarmente e politicamente dimenticato dal 1971) vide la luce in quei giorni; o l’abolizione dei lager manicomiali, solo da noi radicali promossa e sostenuta con un referendum, mentre perfino Franco Basaglia la riteneva un’iniziativa immatura e prematura.

Vengo al dunque: oggi la maggiore, tremenda questione sociale italiana è costituita dall’Amministrazione della (si fa per dire) “Giustizia”. I fatti, mai come in questo caso, parlano, anzi: “gridano”:

a) Gli ultimi provvedimenti di amnistia e di indulto risalgono a quindici anni fa.

b) Sono trascorsi cinque anni dal Giubileo e dalla campagna per l'amnistia e l'indulto, per un "Piano Marshall" per le carceri e il reinserimento sociale dei detenuti.

c) Sono trascorsi tre anni da quando il Parlamento applaudì ripetutamente Giovanni Paolo II mentre invocava un provvedimento di clemenza e una riduzione delle pene.

d) A chiedere l'amnistia e l'indulto non sono solo i detenuti e le associazioni, ma anche gli operatori, la polizia penitenziaria, i medici e gli infermieri, gli educatori e gli assistenti sociali, i direttori, gli avvocati, i magistrati.

e) Attualmente sono 60.000 i detenuti in Italia: un vero e proprio record nella storia repubblicana. Altre 50.000 persone sono in misura alternativa alla detenzione. Altre 70-80.000 persone, già condannate a pene inferiori a tre anni (quattro in caso di tossicodipendenza), sono in attesa della decisione del giudice circa la possibilità di scontare la condanna in misura alterativa. In totale: 180-190.000 persone, che significa una crescita esponenziale di ben volte nel volgere di quindici anni.

f) In Italia un'amnistia di fatto esiste già. Un’amnistia clandestina e di classe. Basti pensare che, solo negli ultimi cinque anni, ben 865.073 persone hanno beneficiato della prescrizione dei reati penali per i quali erano state inquisite. Se crescono le carcerazioni, crescono ancora di più le prescrizioni: da 66.556 nel 1996 a 94.181 nel 2000 a 221.888 nel 2004.

g) Non è vero che aumentando le carcerazioni si riducono i reati. E se la mano pesante della giustizia si scarica per intero sugli esclusi, senza avvocato e senza difesa, soprattutto immigrati e tossicodipendenti, in totale sono 8.942.932 i processi pendenti, di cui 5.580.000 penali. Tra la data del delitto e quella della sentenza la durata media è di 35 mesi per il primo grado del processo e di 65 mesi per l'appello. Sono moltissimi i reati che non vengono nemmeno perseguiti: nella sua relazione di apertura dell’Anno Giudiziario, il primo presidente della Corte di Cassazione Francesco Favara stima che per ognuno dei sei milioni di processi penali pendenti, siano almeno cinque le persone coinvolte, mentre due sono quelle coinvolte nelle otre tre milioni di cause civili pendenti, la maggior parte in ragione delle loro funzioni pubbliche, ma i milioni e milioni per ragioni e cause personali; il presidente Favara ha inoltre documentato come le persone denunciate siano state ben 536.287 e i delitti denunciati per i quali è iniziata l'azione penale siano stati 2.890.629 (in crescita rispetto all'anno precedente), ma nell'80,8 per cento dei casi l'autore era ignoto.

h) Il problema della sicurezza e della legalità riguarda la società libera, ben più che il carcere. Le vittime del reato hanno interessi non dissimili da quelli delle vittime di un sistema della giustizia forte con i deboli e debole con i forti. Una giustizia che sia efficace ed efficiente ed equa è una necessità di tutti.

i) Il carcere è spesso un luogo illegale, dove le leggi non sono applicate. Come, ad esempio, il Regolamento penitenziario, varato nel 2000 e rimasto in buona parte lettera morta.

l) L'amnistia e l'indulto, da semplici provvedimenti umanitari e razionalizzanti, diventano l'unica risposta a quella che è divenuta una vera e propria emergenza sociale. Una questione che, direttamente e indirettamente, riguarda la vita e le condizioni di milioni di cittadini e di famiglie italiane. Per costruire una nuova giustizia, occorre rimuovere questo enorme "tappo" con un'amnistia. Attraverso l'indulto, invece, è possibile riportare il numero delle presenze a quello delle capienze, vale a dire ridurre di almeno 15.000 gli attuali detenuti.

m) Investire sul recupero e sulla prevenzione è la vera politica per la sicurezza, una politica meno costosa socialmente, umanamente ed economicamente. Tenere una persona in carcere, peraltro nelle attuali condizioni miserevoli, costa 63.875 euro l'anno, in gran parte per la struttura, mentre per il vitto di ogni recluso si spendono mediamente solo 1,58 euro al giorno. Tenere un tossicodipendente in carcere (e sono almeno 18.000) costa il quadruplo che assisterlo in una comunità o affidarlo a un servizio pubblico.

Ciò detto e premesso: da giorni, settimane, ufficialmente, chiedo ai massimi leader del centro-sinistra, del mondo sindacale e delle associazioni che operano nel “sociale” se non ritengano necessario, opportuno, urgente, e perfino utile a loro oltre che a tutti noi, su questa grande questione sociale del nostro tempo, assicurare quelle strutture e quei servizi che vengono normalmente assicurati per tenere a Roma le grandi manifestazioni di massa e, quindi, non solo aderire, come già in tanti in queste ore stanno facendo, ma anche concretamente consentire una presenza popolare e di massa alla grande Marcia di Natale per l’Amnistia, la Giustizia e la Libertà, il cui comitato promotore è presieduto da don Antonio Mazzi, e di cui fanno già parte i senatori a vita Giulio Andreotti, Emilio Colombo, Giorgio Napolitano, don Antonio Mazzi e Luigi Ciotti, decine di esponenti del mondo politico, sociale e culturale.

Da settimane, ufficialmente, abbiamo chiesto al sistema anonimo ma evidentissimo della “creazione” delle “grandi manifestazioni di popolo”, alle loro forze politiche e sociali di riferimento - in gran parte impegnate sullo stesso fronte di lotta elettorale al quale la Rosa nel Pugno concorre - di cessare di letteralmente impedire, con l’arma dell’ignoranza, dell’estraneità, dell’omissione di servizi e di soccorso, la manifestazione della massima realtà, della sofferenza, di rivolta umana, civile, SOCIALE, per consentire a questa questione che riguarda e tortura il vivere, il vissuto con la disperazione che dilaga, di manifestare, di manifestarsi. L’unica risposta è di ostilità psicologica, antropologica, quasi; di timore e di irrazionale paura con il riflesso catastrofico dello struzzo dinanzi al pericolo.

Chiedo con tutta la speranza e l’amore della nonviolenza e della virtù della prudenza, con questi modesti 3 giorni di sciopero della fame, che simbolizzano il mio e il nostro farvi fiducia e trasmettervi tutta la povera forza fisica mia, che il leader della opposizione, della quale io stesso e i miei compagni facciamo autonoma parte, recuperi il ritardo che sta per impedire la tenuta della Grande Marcia di Natale per l’Amnistia, la Giustizia e la Libertà, o continui a immergere e sommergere il presente e il futuro della nostra società e delle nostre coscienze."

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