Si e' aperta il 28 novembre a Montreal la prima conferenza sul clima a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Tokyo. La conferenza rischia di concludersi come si e' aperta e cioe' con nessun compromesso in crescita a causa dell'annunciata decisione da parte di Harlan L. Watson, capo della delegazione USA, di non esser pronto a concedere nessun tipo di riduzione di emissione neanche attivando il meccanismo di compra-vendita delle quote.
Sebbene quindi non si prevedano passi in avanti nel negoziato, c'e' da sperare che le decisioni di quegli stati membri dell'ONU che continueranno a porre l'accento sulla necessita' di modificare le proprie abitudini in materia di emissioni riescano ad avere un positivo impatto in alcuni stati chiave degli USA a partire dalla California.
La opposizione degli americani sul Trattato di Tokyo e' puramente strumentale, se non ideologica, visto e considerato che a livello nazionale gli investimenti in fonti alternative di energia sono in crescita e il dibattito sta assumento connotazioni addirittura "geopolitiche". Ci potrebbe quindi essere da sperare che - proprio perche' i maggiori consumatori di energia ne stanno gia' discutendo a casa loro - l'occasione multilaterale possa almeno far ampliare il dibattito in merito alle fonti energetiche anche alla loro ottimizzazione e risparmi possibili, nonche' l'imprevedibile l'impatto sul clima in generale, inserendolo in un contesto che tanga di conto anche dell'innegabile ripercussione che questi cambiamenti radicali potrebbero avere in materia di risoluzioni dei conflitti e di promozione della democrazia.
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