10.06.2006

Grazia, Graziella e..

La porti

un bacione a Firenze (di quelli lunghi un fine settimana).

Se lo dice lui

"[Internet] ha abbattuto le barriere esistenti fra gente e informazione, democratizzando in effetti l'accesso alla conoscenza umana. Questo ci ha reso molto più potenti come individui".
Eric Schmidt, Presidente, Google

10.04.2006

Internet è un Bene Comune

Se ne parla a fine mese ad Atene.

I diritti d'autore e i suoi nemici (digitali e non)

Secondo i dati statistici del 2005, presentati in occasione degli Stati generali dell’Editoria del 21 e 22 settembre scorsi, il 47% degli italiani non ha letto per niente. I lettori amati dai librai, i cosiddetti lettori “forti”, leggono in media dieci libri l’anno, quota che viene considerata massima. Tra questi lettori pare che la maggioranza siano donne tra i 25 e i 44 anni, laureate, con reddito elevato residenti al centro nord. Pare anche che i giovanissimi comprino solo due volumi all’anno che però non leggono. Uno scenario piuttosto preoccupante.

Eppure, a sfogliare i quotidiani solo in queste ultime settimane, si legge che a Bologna il Festival del libro d’arte abbia avuto un notevole successo e che il Ministero per i Beni Culturali, insieme alle associazioni più rappresentative degli Enti locali, darà il via a una manifestazione intitolata “Ottobre, piovono libri” che avrà come epicentro 250 eventi in tutte le città italiane. A Pordenone, in questi giorni, una grande manifestazione coinvolge intellettuali provenienti da tutte le parti del mondo e il libro è ancora una volta protagonista.

Ascoltando le riflessioni degli editori, ci si accorge che nelle scuole italiane mancano le biblioteche e che la figura del bibliotecario è solo marginale, allo stesso tempo, ascoltando le associazioni dei consumatori, ci vien detto da un’inchiesta realizzata da un gruppo di giovani, che il 34% delle famiglie rinunciano alle vacanze per sostenere il caro-scuola e che tre famiglie su 10 riducono i consumi alimentari per affrontare lo stesso problema… A tutto questo vanno sommati i problemi più strettamente economici dell’industria editoriale italiana nelle graduatorie mondiali e la distribuzione dei lettori all’interno del nostro Paese se si considera il fatto che Milano da sola legge come otto regioni messe insieme. Il comprato tira, ma non troppo, gli utili sono sufficienti, ma non esaltanti.

Insomma una situazione generale complessa che potrebbe essere più rosea e che rischia però di oscurarsi ulteriormente in un mondo che si sta innovando tecnologicamente anche nell’editoria.

Infatti, se nel dominio del “reale” sono da auspicare razionalizzazioni di spesa che consentano l’ottimizzazione dei contributi pubblici per l’internazionalizzazione a la promozione dell’editoria nazionale, il suo aspetto “virtuale” può offrire nuove prospettive globali rivoluzionarie. Focus principale di questo cambiamento radicale dell’editoria diviene la tutela del diritto d’autore.

L’Italia corre ancora una volta il rischio di non cogliere fin dall’inizio le varie opportunità di sviluppo editoriale offerte dalla Rete e la mancanza di attenzione agli sviluppi tecnologici può produrre risposte legislative e politiche inadeguate a un fenomeno che ormai, anche economicamente parlando, sta assumendo dimensione sempre più rilevanti in tutto il mondo.

Secondo uno studio del
World Internet Stats, a giugno del 2006 la Rete sarebbe stata usata da 1,086,250,903 persone. Nel quinquennio 2000-2005 l'incremento di accessi a Internet in Asia e Medio Oriente avrebbe superato il 400% mentre in Europa e Nord America, le zone di maggior diffusione, il numero degli utenti sarebbe più che raddoppiato arrivando a costituire la metà degli accessi mondiali.

Nel tentativo di regolamentare questi nuovi scenari relativi al diritto d’autore bisogna tenere presenti le caratteristiche di condivisione creativa, compartecipazione nella scrittura, nonché di miscela di vecchi e nuovi contenuti che hanno ispirato alcuni degli architetti della rete. Nuove e più efficaci forme di "governo digitale" dei diritti d’autore dovrebbero tener presente le continue e costanti innovazioni tecnologiche che consento una distribuzione di contenuti "senza frontiere" nazionali o di sistemi operativi, nonché la necessità di regolamentare questi nuovi sviluppi cercando di elaborare norme che possano bilanciare gli interessi degli autori ed editori con le scelte ed esigenze dei clienti. Inoltre, per quanto riguarda la produzione di opere con danaro pubblico, o la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale nazionale – a tutt’oggi pressoché inesistente in Italia - vanno adottare leggi che ne promuovano gratuitamente la fruizione, ma anche la riutilizzazione, andando ad affermare anche in Italia il cosiddetto “
pubblico dominio”.
Come spesso accade a proposito di innovazioni, anche legislative, gli Stati uniti si son posti il problema per primi. Purtroppo, visti i crescenti interessi economici - ma anche le straordinarie potenzialità di influenza, creazione e manipolazione del consenso legati alla Rete - quello che avrebbe potuto divenire un dibattito politico culturale di portata epocale circa la circolazione delle idee, le potenzialità creative, comunicative ed educative di Internet sta invece evolvendosi in un vero e proprio scontro tra gli interessi forti e consolidati delle Major multinazionali della tele-comunicazione e le rivendicazioni al limite dell’ anarchia di alcuni tecno-filosofi cibernetici.
A partire dal
Digital Millennium Copyright Act del 1998, che per la prima volta ha previsto sanzioni penali per la violazione del diritto d'autore in ambito digitale, tanto a livello nazionale quanto internazionale sono state adottate leggi per normare quanto offerto in potenza da Internet. A detta di molti però queste leggi si son rivelate del tutto inadeguate perché sbilanciate a favore degli autori, editori ampliando, per analogia, molte delle norme relative alla grossa distribuzione tradizionale. Non è un caso se gli Stati uniti, ancorati a business model più adatti alla rivoluzione industriale che a quella digitale, nei vari trattati di "libero commercio" che stanno negoziando coi loro vicini dell'America centro meridionale fanno della lotta alla contraffazione e alla pirateria del virtuale uno dei cardini dei loro accordi bilaterali.
Sebbene sia sacrosanto adottare misure che tutelino il riconoscimento dell’autorialità e delle prerogative in merito alle “
proprietà del prodotto dell’intelletto” che garantiscano la remunerabilità del prodotto della creatività individuale, occorre allo stesso tempo tenere in considerazione anche la necessità di garantire una quanto più vasta gamma di possibilità di scelta per la domanda, nonché i diritti di chi acquista e/o fruisce dell’opera tanto a fini personali e privati quanto a fini di re-interpretazione per creazione artistica o duplicazione a fini di lucro o meramente ludici.
Pomo della discordia l’applicazione in ambito “digitale” delle normative relative al diritto d’autore, ma anche l'adozione di una serie di leggi molto restrittive inerenti ai diritti delle cosiddette proprietà intellettuali e ai brevetti sulle opere dell’ingegno individuale (libri, musica, film, ma anche programmi software, hardware ecc.). Secondo molti esperti e critici della normativa USA che ha funto da modello al resto del mondo, in un epoca caratterizzata dall'immediatezza degli scambi e dalla velocissima duplicazione dei contenuti, applicare le norme previste oggi per l'editoria cartacea o cine-televisiva potrebbe arrivare a limitare fortemente la circolazione dei prodotti e delle idee, e/o eventuali e conseguenti innovazioni, in esse contenute. Negli ultimi anni si è infine consolidata una normativa che mina alla radice il concetto e la tutela della proprietà privata in quanto qualsiasi tipo di prodotto tecnologicamente avanzato non diviene mai di totale proprietà dell'acquirente ma, in ossequio della tutela dei brevetti di alcuni software che ne gestiscono varie funzioni, esso resta utilizzabile in base a delle vere e proprie "
licenze d'uso".
Si tratta quindi di trovare un compromesso liberale che bilanci gli interessi della domanda e dell’offerta. Dagli Stati uniti arrivano esempi prammatici di ricerca di soluzioni possibili tra gli interessi della varie parti. Di particolare interesse quelli promossi dal think tank californiano
Creative Commons che, partendo dai “contratti atipici” in uso tra programmatori del cosiddetto free and open source software, ha sviluppato una serie di licenze che consentono di passare da un regime di "tutti i diritti riservati" a uno di "alcuni diritti riservati". Il loro successo commerciale è stato immediato sia tra artisti pop sia in alcune amministrazioni pubbliche tra le quali il Ministero della cultura del Brasile guidato dal cantante Gilberto Gil. L'enciclopedia gratuita on-line Wikipedia viene pubblicata grazie alla partecipazione di esperti, redattori e fotografi che rinunciano a godere dei proventi dei propri diritti d'autore a fronte del riconoscimento dell’autorialità, per fornire informazioni gratuitamente; stesso dicasi per la Public Library of Science uno dei siti scientifici open access di maggiore sviluppo e rilevanza degli ultimi anni.

Questi nuovi approcci non devono essere visti come attacchi al diritto d’autore, bensì come un nuovo sviluppo possibile in ambito digitale di quanto fino a oggi aveva caratterizzato la realtà di un mercato di beni tangibili. Da tener presente anche le richieste di riduzione a 15 o 20 anni della validità dei diritti d'autore delle opere in distribuzione nella Rete come già sostenuto in campagna elettorale dalla
Rosa nel Pugno. Allo stesso tempo, come la coalizione di Governo ha sostenuto chiaramente anche prima delle elezioni, piuttosto che criminalizzare la tecnologia, com’è avvenuto in Italia con la Legge Urbani che mette fuori legge il peer to peer che consente di scambiare pacchetti di dati da computer a computer, occorrerebbe regolamentare e tutelare le varie reti nella Rete al fine di consentire la lecita condivisione di ciò che si produce o possiede o mette a disposizione di altri facendo fungere del proprio computer una centralina di rimbalzo della trasmissione. Inoltre andrebbe stabilito, su esempio del Governo USA, che tutto quanto viene prodotto con danaro pubblico sia fruibile, ma anche duplicabile e distribuibile, da chiunque senza nessun costo aggiuntivo per promuovere la nostra cultura e lingua nel mondo favorendo integrazioni tra pubblico e privato e rilanciare l’immagine virtuale dell’Italia (immagine che langue nel ciberspazio da una quindicina d’anni col sito istituzionale www.italia.it ancora in fase di realizzazione, il sito www.italia.com improvvisato e di pessima qualità, www.italia.org di proprietà di una fondazione texana, www.italia.net che non è stato registrato).
Per quanto riguarda la gestione dei diritti d’autore nella Rete, piuttosto che irreggimentare Internet in schemi Novecenteschi, occorrerebbe introdurre dei criteri di flessibilità nella riscossione dei diritti d'autore, nonché aggiornare e adeguare alla realtà digitale le organizzazioni che oggi gestiscono gli interessi di autori ed editori partendo da una radicale riforma del sistema della SIAE. Solo sinergie di questo tipo possono rappresentare un primo passo nella direzione giusta, una direzione che possa consentire a chiunque di sfruttare appieno le opportunità culturali, economiche e politiche della Rete senza recare danno agli altri internauti.

E' di questi giorni la ferale notizia che nella Finanziaria sia stato inserito un articolo relativo alla normativa sul diritto d'autore che aggiunge all'articolo 65 della legge 22 aprile 1941, n. 633, dopo il comma 1, il seguente paragrafo: "I soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni delle categorie interessate. Sono escluse dalla corresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29." Il perfetto contrario di quanto un Governo che sblocca dei soldi per la ricerca e lo sviluppo tecnologico possa fare. Sì al diritto d'autore, no alle gabelle.

Interoperabilità nordica

Nokia lancia, Wibree definendola "la prima tecnologia 'aperta' che si occupa di stabilire connettività tra computer, cellulari e dispositivi button-cell powered, come giocattoli e orologi. Le attuali simili tecnologie richiedono infatti troppa energia per poter essere usate su dispositivi low-power. Wibree offrirà performance simili a Bluetooth, con una velocità massima di 1Mbps fino a 10 metri di distanza, e opererà sulla banda 2.4GHz. Wibree sarà implementato sia come chip stand-alone sia come chip dual-mode Bluetooth-Wibree. I chip singoli saranno sfruttati in dispositivi come orologi e sensori per lo sport, mentre la soluzione dual-mode andrà ad estendere la connettività dei dispositivi Bluetooth all'ampia gamma di prodotti di dimensioni più ridotte. La prima versione commerciale della nuova specifica è prevista nella primavera del prossimo anno, con i primi prodotti basati sullo standard attesi al debutto in estate 2007.

Da seguire...

Palliativi

Sul Riformista di oggi.

10.03.2006

Editoria in proprio

come sempre dagli USA.

Tubiamo?

Per questi tubi passa il foturo della televisione, non c'è da meravigliarsi se quindi la linea maginot dell'oligopolio si sta armando.

"State of Denial" or just distraction?

oppure hyper-ventilation? voterei per l'ultima. Nel frattempo dice, o fanno dire a, Bush "The United Nations can play an important role in helping us achieve our objective, which is to end human suffering and deprivation," [...] "In my view, the United Nations should not wait any longer.''. Certo che son crudeli questi consiglieri della Casa Bianca, dopo sei anni ancora non gli hanno spiegato a Bush che gli USA siedono al Consiglio di Sicurezza con tanto di potere di veto e che le Nazioni unite fanno quello che colà si decide... Se mi pagano un biglietto di sola andata ci vo io a dirglielo, l'inglese un po' lo parlo e so anche queste cosine utili per un Presidente...

Conferenza finita

ma non cercatemi nella foto di gruppo, non ci sono.

Un dialogo franco

ma non nel senso di Frattini. Mi ero perso questa lettera di Emma Bonino al Foglio in cui si affrontano le "critiche" da lei subite durante il viaggio in Cina della delegazione italiana. Speriamo che non sia come spiegare l'abbecedario alle formicole.

10.02.2006

il vilipendio del mash-up

L'ultimo virale avant-guard nella rete, che da underground è divenuto mainstream, è il "rap di Prodi". Le forze della conservazione, quattro parlamentari dell'Unione che paiono intenzionate a volerlo incriminare di vilipendio alle istituzioni non arrivano a comprendere come questo clip rappresenti un prodotto dell'intelletto ad alto valore culturale che tanto nel merito quanto nel metodo consacra il mash-up come strumento di analisi e denuncia politica. Questa maggioranza è tutta da ri-mixare.

Le dimensioni sono importanti

prima o poi anche questo doveva succedere...

Palabras de Evo Morales Antes las Naciones unidas

PALABRAS DEL PRESIDENTE DE LA REPUBLICA, EVO MORALES AYMA, EN SU DISCURSO ANTE LAS NACIONES UNIDAS

(Nueva York, 19 de septiembre de 2006)

Muchas gracias, Presidenta. Hermanos presidentes, hermanas presidentas, delegadas, delegados a la 61 Reunión Ordinaria de las Naciones Unidas.

Una enorme satisfacción estar acá presentes en representación de mi pueblo, de mi patria, Bolivia y, especialmente, del movimiento indígena.

Quiero decirles, después de 500 años de desprecio, de odio, en algunos tiempos considerados como salvajes, como animales, en algunas regiones condenados al exterminio. Gracias a esa conciencia y a ese levantamiento y por esa lucha por los derechos de los pueblos, llegué donde llegamos, para reparar un daño histórico. Para reparar los daños de 500 años.

Durante la república igualmente discriminados, marginados, jamás tomaron en cuenta esa lucha de los pueblos por la vida, por la humanidad, durante los 20 últimos años con la aplicación de un modelo económico, el neoliberalismo, que continuaba el saqueo a nuestros recursos naturales, la privatización a los servicios básicos.

Convencido y estamos convencidos, la forma de privatizar los servicios básicos es la mejor forma de violar los derechos humanos.

Y estas pequeñas consideraciones no obliga a me obliga a que decir acá la verdad sobre la vivencia de esas familias, vengo a expresar ese sentimiento por la humanidad de los pueblos, de mi pueblo, vengo a expresar el sufrimiento, producto de una marginación, de una exclusión, vengo a expresar sobre todo ese pensamiento anticolonial de los pueblos que luchan por la igualdad y por la justicia.

Quiero decirles delegados y delegadas, señora presidenta, que en mi país empezamos a buscar profundas transformaciones democráticas y pacíficas, estamos en la etapa de cómo refundar Bolivia, refundar Bolivia para unir a los bolivianos, refundar Bolivia para integrarnos mejor todavía, todos los sectores, regiones de mi país, refundar Bolivia no para vengarnos con nadie, aunque hemos sido sometidos a una discriminación, refundar Bolivia sobre todo para acabar con ese desprecio, odio a los pueblos.

Digo esto porque mi madre me comentaba, diciendo, que cuando iba a la ciudad no tenía derecho a caminar en las plazas principales de las ciudades de mi país, no tenía derecho a caminar por las aceras.

Pero felizmente hemos decidido pasar de esa lucha social, sindical, comunal, a una lucha electoral para ser nosotros los actores de resolver los problemas sociales, los problemas económicos, los problemas estructurales, y ahí estamos apostando por esta Asamblea Constituyente de refundacional, y quisiera que las Naciones Unidas participe en este proceso de cambio pacífico y democrático, que lo mejor que podemos hacer por esas familias abandonadas, marginadas.

Seguramente muchos países tienen el mismo problema de mi país, un país, una nación con tanta riqueza pero también con tanta pobreza, los recursos naturales históricamente robados, saqueados, subastados por los gobiernos neoliberales, entregadas a las transnacionales.

Ya llegó la hora, ahora a la cabeza de esa lucha de los pueblos por el poder y territorio, recuperar, recuperar esos recursos naturales para el Estado boliviano bajo el control de los pueblos.

Y cuando hablamos de recuperar nuestros recursos naturales, bajo esa campaña sucia de acusaciones nos dicen que el gobierno de Evo Morales no va a respetar la propiedad privada, quiero decirles, en mi gobierno se respetará la propiedad privada.

Es verdad que necesitamos inversión, necesitamos socios, no patrones, no dueños de nuestros recursos naturales, entendemos perfectamente que un país subdesarrollado necesita inversión, y quiero decirles para la aclaración de todo el mundo de algunas preocupaciones, de algunas falsas acusaciones, si el Estado ejercer el derecho de propiedad de un recurso natural como es el gas natural, los hidrocarburos, el petróleo, pues no expulsamos a nadie, no confiscamos a nadie.

Se respetará, pero se garantizará que recuperen su inversión y que tengan derecho a ganar pero no ganarán como antes, de los (grueso) para después no resolver los problemas sociales en mi país.

Quiero decirles dentro de ese marco, no vengo a decirles gobiernen así o amenazar a un país, o empezar con los condicionamientos a un país, solo quiero como organismos internacionales, como Estado con solidaridad como naciones, con principios de reciprocidad, de hermandad que participen en este proceso de cambio en democracia.

Tenemos muchas ganas, mucho interés que haya conciencia de esta clase de foros internacionales, reuniones internacionales como las Naciones Unidas de aportar, de apostar como cambiar pacíficamente.

Ustedes saben, especialmente acá en Norteamérica como también en Europa, hay mucha gente boliviana que se va en busca de trabajo, antes eran los europeos que invadían a Latinoamérica, especialmente a Bolivia, ahora parece que ha cambiado la situación, son los Latinoamericanos, o los bolivianos que están invadiendo a Europa como antes a Estados Unidos, ¿por qué?, porque en esta coyuntura, en este momento no se generan fuentes de trabajo.

Quiero decirles que queremos apostar de un comercio justo, un comercio de los pueblos para los pueblos, un comercio que resuelva el problema de fuentes de trabajo, que es importante el comercio seguramente de las empresas, pero es más importante el comercio, comercio para los micro y pequeños productores, para esas cooperativas, esas asociaciones, las empresas colectivas.

Quisiera, y es el deseo que tenemos, en vez de que mis hermanas y hermanos lleguen a Europa que mejor que lleguen productos y no seres humanos, y creo que tiene que ver con una conciencia en la comunidad internacional, si queremos resolver el tema de inmigración.

Tengo información que nuestras hermanas y hermanos no van allá a acapara miles de hectáreas como antes llegaron a Latinoamérica a acaparar miles de hectáreas, llegaron a adueñarse de nuestra riqueza, de nuestro recurso.

Creo que es importante dentro de ese marco del comercio, comercio , llamado libre comercio inclusive en mi país afectan y eliminan a los grandes productores, a los agroindustriales, imaginense el acuerdo firmado Colombia con Estados Unidos sobre el Tratado de Libre Comercio, ya quita mercado para los soyeros de los bolivianos, de los agroindustriales en Colombia

Yo estoy convencido que es importante importar lo que no producimos y exportar lo que producimos, y eso sí sería una solución al problema económico, al problema de empleo.

Quiero aprovechar esta oportunidad, señora presidenta, que también hay otra injusticia histórica, de penalizar a la hoja de coca, quiero decirle, esta es la hoja de coca verde, no es la blanca que es la cocaína, esta hoja de coca que representa la cultura andina, una hoja de coca que representa al medio ambiente y la esperanza de los pueblos.

No es posible que la hoja de coca sea legal para la Coca Cola y la hoja de coca sea ilegal para otros consumos medicinales en nuestro país, y en el mundo entero.

Queremos decirles, que las Naciones Unidas es importante que conozcan que científicamente con las universidades norteamericanas, con las universidades europeas, se ha demostrado que la hoja de coca no hace daño a la salud humana.

Lamento mucho por una costumbre o mala costumbre se desvía la hoja de coca a un problema ilegal, somos conscientes de eso, por eso dijimos como productores de la hoja de coca, no habrá libre cultivo de coca, pero tampoco habrá cero de coca.

Con las políticas anteriores implementadas, condicionadas hablaron cero de coca, cero de coca es como hablar de cero de quechuas, aymaras, mojeños, chiquitanos en mi país, eso terminó en nuestro gobierno, por más que seamos un país subdesarrollado, un país que tenemos problemas económicos, producto del saqueo de nuestros recursos naturales.

Y estamos ahora acá a dignificarnos y empezamos a dignificar a nuestro país, y dentro de esa dignificación quiero decirles, que el mejor aporte a la lucha contra el narcotráfico ha sido con una reducción voluntaria, concertada sin muertos ni heridos.

Felizmente he escuchado el informe de las Naciones Unidas, reconoce ese esfuerzo honesto, responsable en la lucha contra el narcotráfico, las incautaciones secuestra las drogas, aumentar con 300 por ciento de mayor efectividad.

Sin embargo, ayer escuché un informe del gobierno de Estados Unidos, dice, que no aceptan los cultivos de coca, y que nos ponen condiciones de modificar nuestras normas.

Quiero decir con mucho respeto al gobierno de Estados Unidos, no vamos a cambiar nada, no necesitamos chantajes ni amenazas, las llamadas certificación o descertificación de la lucha contra el narcotráfico simplemente es un instrumento de recolonización o colonización a los países andinos, eso no aceptamos, eso no permitimos.

Quiero decirles que tenemos, y necesitamos una alianza de lucha contra el narcotráfico pero real y efectiva, que la guerra a las drogas no puede ser un instrumento, un pretexto para que sometan a países de la región andina, así como inventaron guerras preventivas para intervenir a algunos países en el Medio Oriente.

Necesitamos de verdad lucha contra el narcotráfico, y convoca a las Naciones Unidas, invito al gobierno de Estados Unidos de hacer un acuerdo, una alianza efectiva de lucha contra el narcotráfico y no que se usa como pretexto la guerra a las drogas para dominarnos, o para humillarnos, o para tratar de sentar bases militares, en nuestro país su pretexto de lucha contra el narcotráfico.

Aprovecho también esta oportunidad, en este proceso de cambio, queremos justicia, y que haya justicia es importante para nuestros pueblos, pero siento que mediante la Asamblea Constituyente se va a descolonizar el derecho para nacionalizar la justicia, la verdadera justicia.

Que la gente implicada en la violación de los derechos humanos, pueblos amenazados con intervenciones militares, que ahí jamás habrá justicia, estamos obligados como presidentes, como Jefes de Estado a como dignificar a la humanidad acabando con la impunidad.

Y en los gobiernos anteriores de mi país, masacres a la gente que lucha por sus reivindicaciones económicas, por sus recursos naturales, y no es posible, genocidas, criminales corruptos, se escapen para vivir en Estados Unidos, a un país desarrollado como Estados Unidos.

Pido con mucho respeto, expulsar a esos genocidas, criminales, corruptos que vienen a vivir acá, si no tienen nada que ver, por qué no se defienden en la justicia boliviana.

Tengo la obligación, como presidente, de que estas autoridades sean juzgadas en la justicia boliviana, y creo que ningún país, ningún Jefe de Estado puede proteger, encubrir a los delincuentes, a los genocidas.

Ojalá con el apoyo del pueblo norteamericano, ojalá mediante los organismos internacionales se juzgue a la gente que ha hecho tanto daño económico, a los derechos humanos, pues jamás habrá respeto a los derechos humanos.

Tengo encargo del foro permanente de los pueblos indígenas ante los debates de los derechos de los pueblos indígenas, antes los debates de los derechos de los pueblos indígenas estaban en la subcomisión de los derechos de los pueblos indígenas en Ginebra de las Naciones Unidas, en la Organización de Estados Americanos, pero tengo información que este debate llegó a esta máxima instancia como las Naciones Unidas.

Quiero pedirles a nombre de los pueblos indígenas del mundo, especialmente de Abyalala ahora llamada América, que es urgente aprobar la declaración de los derechos de los pueblos indígenas del mundo, el derecho a la autodeterminación, el derecho a vivir en comunidad, en colectividad, el derecho a vivir en solidaridad, en reciprocidad, y fundamentalmente el derecho a vivir en hermandad.

Hay regiones en comunidades que no hay propiedad privada, hay propiedad colectiva, los pueblos indígenas solo queremos vivir bien, no mejor, vivir mejor es explotar, es saquear, es robar, pero vivir bien es vivir en hermandad, y por eso es importantísimo, presidenta, que las Naciones Unidas urgentemente después del decenio de los pueblos indígenas se apruebe esta declaración de los derechos de los pueblos indígenas, el derecho a los recursos naturales, el derecho a cuidar el medio ambiente.

Finalmente presidenta, los pueblos indígenas, los pobres especialmente somos de la cultura de la vida y no de la cultura de la guerra, y este milenio realmente sea para defender la vida y para salvar a la humanidad, y si queremos salvar a la humanidad tenemos la obligación de salvar al planeta tierra, los pueblos indígenas vivimos en armonía con la madre tierra, no solamente en reciprocidad, en solidaridad con el ser humano.

Sentimos muchísimo que las políticas, las competencias hegemonistas están destrozando al planeta tierra, siento que son importante todos los países, fuerzas sociales, organismos internacionales, empecemos a debatir de verdad para salvar al planeta tierra, para salvar a la humanidad.

Este nuevo milenio, el milenio en que nos encontramos debe ser un milenio de la vida y no de la guerra, un milenio del pueblo y no del imperio, un milenio de la justicia y de la igualdad, y cualquier política económica debe estar orientada a cómo terminar, o achicar por lo menos esas diferencias llamadas asimetrías de un país a otro país, esas desigualdades sociales.

Acá no se trata de implementar políticas que permita humillar económicamente, o saquear económicamente, y cuando no pueden saquear con normas, pues usan tropas.

Quiero pedir con mucho respeto, es importante retirar las tropas de Irak si queremos respetar los derechos humanos, es importante retirar políticas económicas que permita concentrar el capital en pocas manos.

Y por eso, siento presidenta, que estos eventos deben ser históricos para cambiar el mundo y para cambiar modelos económicos, políticas intervencionistas y sobre todo queremos que sean tiempos que permitan defender y salvar a la humanidad.

Muchísimas gracias